
LA CROCEROSSINA IN GIALLO – AGATHA CHRISTIE ERA UN’ESPERTA DI VELENI. DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE, LA SCRITTRICE SI OFFRÌ VOLONTARIA COME ALL’OSPEDALE DI TORQUAY, E LÌ DIVENNE ASSISTENTE FARMACISTA: SVILUPPÒ UNA PROFONDA CONOSCENZA DI MEDICINE E VELENI – I SUOI ROMANZI E GLI SCHEMI ELABORATI USATI DAGLI ASSASSINI NASCONO PROPRIO DA QUESTA ESPERIENZA. NON A CASO, MOLTE DELLE SOSTANZE LETALI PRESENTI NELLE OPERE AVEVANO ALL’EPOCA UN USO MEDICO...
Estratto dell’articolo di Giuliano Aluffi per www.repubblica.it
agatha christie in divisa da crocerossina durante la prima guerra mondiale
[…] Agatha Christie […] oltre ad essere la scrittrice fenomenale che tutti amiamo, era un’esperta di veleni, come racconta il saggio V is for Venom (V come Veleno, Bloomsbury) della saggista e chimica inglese Kathryn Harkup, […] che […] esplora sostanze atipiche e armi biologiche, come i batteri.
«Durante la Prima guerra mondiale, Agatha si offrì volontaria come crocerossina all’ospedale di Torquay, e lì divenne assistente farmacista: fu allora che sviluppò una profonda conoscenza di medicine e veleni», racconta Harkup.
«Molte delle sostanze presenti nei suoi romanzi avevano all’epoca un uso medico. Lo dimostra anche il fatto che in alcuni casi cita direttamente i testi che stava studiando per l’esame da dispensatrice farmaceutica, che superò nel 1917. Nel suo primo romanzo, Poirot a Styles Court, cita direttamente dal manuale The Art of Dispensing».
v come veleno di kathryn harkup
ZOLLETTE PERICOLOSE
Ma non fu solo la teoria a darle spunti preziosi: «Un farmacista di Torquay, che lei indica come Mr. P nella sua autobiografia, le diede molti consigli pratici. Era un tipo strano: portava nel taschino una zolletta di curaro perché, diceva, gli dava un senso di potenza» spiega Harkup.
Nell’autobiografia Mr. P è descritto così: “Mi dava l’idea che, nonostante il suo aspetto da cherubino, potesse essere un uomo pericoloso. E mi rimase così impresso che l’avevo ancora in mente dopo quasi 50 anni, quando scrissi Un cavallo per la strega”. Manco a dirlo, in quel giallo c’è un farmacista avvelenatore.
Fu proprio durante il tirocinio con Mr. P che Christie venne a conoscenza della strofantina, una sostanza usata anticamente per avvelenare le frecce da caccia in Africa.
Ai tempi di Agatha, la strofantina era un farmaco cardiaco poco noto in Inghilterra. «Lo utilizza per uccidere tre donne in racconti pubblicati tra il 1937 e il 1958», nota Harkup. «La sottile differenza tra dose terapeutica e dose letale la rendeva perfetta per un giallo».
ALCALOIDI NELLA MARMELLATA
Anche il tempo d’azione del veleno è un elemento cruciale per un giallo. Lo vediamo nel romanzo Polvere negli occhi, dove l’uomo d’affari Rex Fortescue muore dopo aver bevuto una tazza di tè preparato dalla segretaria.
«Veleno nel tè? No, troppo banale. Un medico spiega che i sintomi sono incompatibili con i veleni a effetto rapido, come il cianuro. Ipotizza invece l’uso della tassina, un alcaloide tossico del tasso, le cui bacche provocano sintomi simili a quelli osservati nel paziente», spiega la scrittrice.
«Così l’ora dell’avvelenamento è spostata, la polizia capisce che il veleno è stato somministrato a colazione ed era nella marmellata, che ne ha mascherato il gusto amaro (così amaro da essere insostenibile in un tè)».
Anche in romanzi meno riusciti, come Poirot e i quattro, Christie dimostra precisione tossicologica. Lì, il ricco Mr. Paynter muore avvelenato dopo aver scarabocchiato sul giornale “gelsomino giallo”. Sembrerebbe un delirio pre-morte sulla pianta rampicante che adorna la residenza del defunto. «Ma Poirot intuisce che Paynter voleva rivelare la causa della morte», dice Harkup.
«Il gelsomino invernale che decorava la villa era infatti innocuo. Le convulsioni dell’uomo indicavano un avvelenamento da gelsemina possibile solo con tre varietà tossiche di Gelsemium che non sopravvivono al clima inglese: qualcuno doveva averle usate con intento omicida».[…]
[…]PECCATO PER GLI ANTIBIOTICI
Se da un lato la conoscenza farmacologica aiutò quindi la scrittrice a escogitare trame avvincenti – dal punto di vista di un giallista il veleno è un’arma ideale, perché permette di uccidere a distanza e quindi di confondere le acque – in almeno un caso si è rivelata anche un limite:
«Agatha fu tra i pochi scrittori a usare i batteri come un’arma, ad esempio in Carte in tavola (1936), dove un pennello da barba è contaminato intenzionalmente col batterio dell’antrace: la Christie si ispirò a un incidente mortale accaduto nel 1915 con una partita di pennelli da barba importati dalla Cina», dice Harkup.
«Ma dopo la diffusione di massa degli antibiotici negli anni 40, i batteri spariscono anche dai gialli di Agatha, perché da quel punto in poi le vittime designate avrebbero potuto facilmente essere salvate da un’iniezione».
E Agatha, che nel 1914 all’ospedale di Torquay faceva iniezioni per salvare persone in carne ed ossa, nella sua micidiale fantasia preferiva decisamente iniettare inchiostro, brandendo la penna a mo’ di siringa, per uccidere persone di carta.
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agatha christie
AGATHA CHRISTIE