i balconi del coronavirus

FUORI COME UN BALCONE/1 - VIDEO E ARTICOLI PER CHI SI COMMUOVE E ADORA L'IDEA DI CANTARE, BALLARE, SUONARE, SPADELLARE DALLA FINESTRA PER LE STRADE D'ITALIA. LA MACARENA SUI TERRAZZINI DI TORINO, I TENORES PER LE VIE DI CAGLIARI, UN TIZIO CHE SUONA LA TARANTA A BENEVENTO, I FLASHMOB VIRTUALI, LA VOCE DI RINO GAETANO CHE INVADE IL REPARTO PEDIATRIA NELL' OSPEDALE DELLA SUA CROTONE, LE CANZONI IN ROMANESCO IN UNA TRASTEVERE DESERTA. IL PASSO SUCCESSIVO? LA BANDIERA

 

 

 

 

Ma a vincere il premio del giorno è lui. Monteverde Roma. ??????

Pubblicato da Giuseppe Careri su Venerdì 13 marzo 2020

 

 

 

 

 

Luca Bottura per ''La Repubblica''

 

C' è qualcosa di nuovo nell' aria.

Anzi, di antico. E non è, non solo, il virus.

quartieri spagnoli a napoli

È una specie di esorcismo collettivo che ha del meraviglioso, e ci frammenta - unendole - in svariate comunità. Quelli che si danno appuntamento per suonare dalla finestra alle 16, quelli che cantano in balcone alle 18, il neomelodico che si esibisce per i vicini a Napoli, i canti goliardici a Siena, la macarena di gruppo sui terrazzini di Torino, i tenores sparati a tutto volume per le vie di Cagliari, lo studente di Bologna che improvvisa ballate sul davanzale, il tizio che intona Ancora di Eduardo De Crescenzo da un attico della Capitale, un altro che suona la taranta a Benevento, i flashmob virtuali, la voce di Rino Gaetano che invade il reparto pediatria nell' ospedale della sua Crotone, le canzoni in romanesco in una Trastevere deserta, Giuliano dei Negramaro che gorgheggia per strada, una banda che allieta una strada del Messinese senza uscire di casa, mia figlia che va in cortile suonando il violino ma solo 3' perché si vergogna, l' ex ministra Fedeli che si mette al piano e twitta, l' inno di Mameli modello Blues Brothers sparato ad Agropoli da un' auto dei vigili urbani "Fratelli d' Italia", ognuno dal suo balcone, ma insieme.

 

laura baldassari canta a milano

Tutte evenienze che solo due o tre giorni fa, specie la ministra Fedeli, avremmo affrontato chiedendo di indire una riunione di condominio straordinaria per far zittire i rumori molesti. Invece Invece oggi, con la rotonda eccezione delle solite ninja turtles fasciste, che hanno impestato l' aria della Capitale con "Faccetta Nera", questa specie di coro dissonante, sorta di Berio popolare, trasversale, ci inchioda alla mitezza.

 

Quasi tutti. Persino chi fino a due giorni fa impugnava la tastiera ad alzo zero. Certo: l' odiatore, il rancoroso, il misantropo attivo, ancora abitano le bacheche. E pure qualche strada, dacché chi strepita per le regole (altrui) di solito è il primo a violarle. Ma lentamente il clangore si spegne e lascia il posto a una specie di unità nazionale incidentale e dunque ancora più preziosa.

inno nazionale col flauto

 

Qualche giorno fa scrivevo che ci sarebbe servito un dopoguerra a guerra ancora in corso. Di essere popolo, non populisti. E, sembra incredibile, siamo lì. Come se uscire dalle auto dove, come nei social, crediamo di vedere senza essere visti come se il bagno di realtà di chi vede le cose con più nitore perché sta nell' occhio del ciclone come se quell' emergenza che molti di noi non hanno mai conosciuto, risparmiati dalla percezione della morte persino nel rituale annuale del 2 novembre, ormai sostituito da bambini che invitano - legittimamente - ad optare tra dolcetti e scherzetti, avesse creato un collante che ci rende, di nuovo, umani.

 

federico sirianni e federica magliano

Manca solo un simbolo. Ma come si diceva per le figurine: celo. Anzi: ce l' abbiamo. Addirittura due. Il primo contiene il secondo: "Noi fummo da sempre calpesti e derisi perché non siam popolo, perché siam divisi. Raccolgaci un' unica bandiera, una speme, di fonderci insieme già l' ora suonò". È la seconda strofa del Canto degli italiani, quella che non insegue i miti dell' antica Roma, né le vittorie che cedono la chioma all' italico guerriero, ma affronta il nostro problema di sempre. Di chi è in coro solo quando dice di esserne fuori.

federica magliano arpa a torino

E poi c' è la bandiera. Lo so, lo so.

 

Da quando il rettangolo tricolore e la marcetta di Mameli sono diventati preda dei sovranisti, abbiamo riscoperto la fatica dei nostri avi, per cui verde, bianco e rosso si apparentavano non a Cavour, ma a Mussolini. E per qualcuno è rimasto tutto così, se è vero (e lo è) che su Amazon si trovano a pochi euro cenci della Repubblica Sociale. Da appendere, non senza lo sguardo divertito della Storia.

 

Però, proprio per questo, non sarebbe ora di riprendercela? Anzi: non sarebbe ora di esporla, di condividerla? Carlo Azeglio Ciampi e i festeggiamenti per i 150 anni di questo curioso Paese, sembravano averci regalato un' appartenenza non aggressiva. Avevano quantomeno smussato quella memoria a due facce che ci separa dal nostro unico mito fondante: la Resistenza. Che servì a ristabilire la Democrazia. Non il Soviet. In Italia.

Non nell' Unione Sovietica.

 

a roma con le padelle

Poi, sono arrivati quelli che con il Tricolore volevano pulirsi le pudenda a spiegarci che gli anti-italiani saremmo noi. Ma stavolta è diverso. Persino l' inno che inonda le strade è meno stentoreo. È un canto, appunto. E per non sentirsi famigli di Casa Pound, che occupa memoria e palazzi alla stessa maniera, basta abbondare. Ci sta benissimo la bandiera europea, accanto. Per me è persino più rappresentativa. Perché pure quella è una speranza e una necessità, ora che stiamo scoprendo come i porti - e le frontiere - possano chiuderli a noi. Ma va bene quella della pace, del gay pride. Va bene Springsteen ma va bene anche Nek. Va bene un qualunque drappo rappresenti una passione quasi infantile, quando ancora non eravamo finiti sotto la polvere del cattivismo. E sapevamo risollevarci dalle macerie.

chitarra al balcone

 

In questi giorni continuo ad avere in testa L' anno che verrà , di Lucio Dalla. Parla di un conflitto che finisce, mediato dalla speranza.

Quando la buriana sarà trascorsa, mi piace pensare che la nostra bandiera, che stava pure sui fazzoletti di chi ci liberò dai nazifascisti, e per le strade, il 25 aprile del '45, possa prendere il posto dei bandierini che normalmente cercano la dittatura cromatica su Twitter. Sognando di passare ai fatti.

bandiere italiane

Sarebbe pur sempre una guarigione.

#mostralabandiera

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....