audi gialla big

1. «NON LI PRENDONO!» - «DELINQUENTI!» - «SONO LIBERI DI UCCIDERE!» - «NON S'ERA MAI VISTA UN'AUTO CHE SPADRONEGGIASSE COSÌ» - «GIALLA PER DI PIÙ!» - «SI STANNO PRENDENDO GIOCO DELLA POLIZIA» - «QUEI TRE PEZZENTI DELL'EST IN AMERICA SAREBBERO GIÀ MORTI» 2. TRE LADRI CHE HANNO MESSO A REPENTAGLIO LA VITA DI ALTRI AUTOMOBILISTI. TRE LADRI CHE ANCORA NESSUNO È RIUSCITO A FERMARE

1. VIDEO - FUGA BANDITI, AUDI GIALLA

 

2. LA GRANDE CACCIA ALL’AUDI FANTASMA

audi gialla 5audi gialla 5

Niccolò Zancan per “la Stampa”

 

In teoria e fino a prova contraria sarebbero tre ladri, quelli che una volta venivano definiti «topi d'appartamento». Ma i tre ladri che stanno scappando per le strade del Veneto a bordo di un'Audi Rs4 gialla, con motore Lamborghini e targa svizzera, nel giro di pochi giorni sono diventati qualcosa di molto diverso.


«Non li prendono!».
«Delinquenti!».

«Sono liberi di uccidere!».

banditi in fuga audi giallabanditi in fuga audi gialla

«Non s'era mai vista un'auto che spadroneggiasse così».

«Gialla per di più!».

«Si stanno prendendo gioco della polizia».

«Quei tre pezzenti dell'Est in America sarebbero già morti».

 

C'è il video di una telecamera di sorveglianza che li riprende in fuga ai 150 l'ora in contromano sulla tangenziale di Mestre. Tre ladri che hanno messo a repentaglio la vita di altri automobilisti. Tre ladri che ancora nessuno è riuscito a fermare, e proprio per questo sono diventati un simbolo.


Nel Nord Italia si è scatenata una gigantesca caccia collettiva ai banditi. Le segnalazioni arrivano su Twitter in tempo reale, mentre su Facebook è stata aperta una pagina dedicata al caso dell'Audi gialla. In continuazione si aggiungono nuovi commenti. È lì che si sfogano preoccupazioni e rabbia, lì dove si commettono anche errori notevoli, come pubblicare nome e indirizzo del proprietario dell' auto. «Ho controllato la targa», scrive Mirko B.

banditi in fuga audi gialla 7banditi in fuga audi gialla 7


«L' auto risulta appartenere ad un certo… Che sia uno dei tre? Perché non mi sembra un nome svizzero». Il cittadino svizzero in questione, per quanto titolare di un nome esotico, è quello che ha denunciato il furto. L' Audi gialla è sparita il 26 dicembre dal parcheggio dell' aeroporto di Milano Malpensa. È in quel momento che è incominciata questa storia, che sarebbe perfetta per un romanzo di Massimo Carlotto.


Una storia dal Nordest italiano.
Incomincia il 16 gennaio in un condominio di Abano Terme. Tre ladri giovani stanno scappando da una finestra.
Hanno capelli rasati alla moda, più corti sui lati. Hanno orecchini e orologi vistosi ai polsi. I carabinieri arrivano in tempo, mentre stanno finendo il lavoro. Sparano alcuni colpi in aria, intimando di fermarsi. Ma i tre non si fermano, salgono sull' Audi gialla e si dileguano sgommando via. Stessa scena cinque giorni dopo, al posto di blocco di Muggia e Duino in provincia di Treviso: ancora spari in aria. L' Audi giall a tira diritto. Sparisce.

banditi in fuga 1 audi giallabanditi in fuga 1 audi gialla


Il secondo furto va in scena il 21 gennaio, quando scende il buio a San Donà di Piave. Vengono prese di mira due villette in quel momento disabitate.
Portano via vestiti, oro, gioielli, l' intera cassaforte a muro.
Una delle vittime è il consigliere Diego Cancian del Partito del Nordest, ed ecco il suo sfogo con un giornalista della Nuova Venezia: «Se li avessi qui davanti, gli taglierei le dita.


Hanno rubato anche le medaglie di mio padre, li cercherò fosse l' ultima cosa che faccio nella mia vita. Adesso credo proprio che mi farò il porto d' armi. Non abbiamo scelta per difenderci da queste persone spietate. Dobbiamo armarci». È quella stessa notte che i tre ladri finiscono con l' incarnare il simbolo del nemico pubblico. Perché verso l' una, mentre stanno scappando con la refurtiva a bordo, la tangenziale di Mestre è bloccata per un incidente.

 

audi gialla big audi gialla big

Capiscono che le forze dell' ordine stanno per arrivare proprio dove si sta formando la coda. Così, improvvisamente, fanno inversione a U, accelerando all' impazzata. Usciranno sfondando la barriera del casello di Spinea, ma prima di arrivarci vengono ripresi in galleria da una telecamera di sorveglianza. In quel momento incrociano una donna al volante, che si schianterà 2 chilometri dopo contro la stessa coda che loro avevano evitato. La donna perde la vita.

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Da quel momento i ladri vengono chiamati assassini.
«Credo sia assurdo non riuscire a fermare tre esaltati con una macchina così… Basterebbe mettere posti di blocco con strisce chiodate. Italia Paese di babbuini!». Qualcuno arriva a scrivere: «In Veneto girano tre sporcaccioni di una razza schifosa che ne combinano di tutti i colori…». Questo, invece, è il commento delle 8 di sera: «Ragazzi, ci organizziamo o abbiamo intenzione di restare dietro ad una tastiera convinti che possiamo proteggere il nostro Paese e i nostri figli con il click di un mouse?


Questi tre, oltre ad insultare il nostro sistema di difesa, insultano anche noi…». Forse è la prima volta che i social network sono impegnati in diretta su un caso di cronaca nera. Qualcuno richiama all' ordine: «Si avvisano i cittadini che questo gruppo su Facebook ha al suo interno persone appartenenti alle forze di polizia ed impegnate, a vario titolo, nella caccia. Si invita quindi a pubblicare notizi e o spunti utili alle indagini».

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Ci sono stati altri avvistamenti, altre segnalazioni. Altre fughe. Elicotteri in volo, ma niente. Ancora niente. Nessuna traccia dei ladri sull' Audi gialla. Il questore di Treviso, Tommaso Cacciapaglia, dice: «Tutte le forze di polizia disponibili sono impegnate nelle ricerche». Il capo di gabinetto della questura di Vicenza: «Ci auguriamo che la questione si possa risolvere senza incidenti». Sul web gira una foto che riprenderebbe i tre ladri, anche se non ci sono conferme ufficiali. Sono in una stazione ferroviaria. Sembrano in posa, le braccia conserte e gli occhi tristi. Guardano dritto in faccia chiunque stia scattando quella foto.
(ha collaborato Andrea De Polo)

audi gialla 8@lastampaaudi gialla 8@lastampa

 

3. L’ADRENALINA DA DUEL A CHRISTINE

Mario Baudini per “La Stampa”

 

Al principio fu Spielberg. «Duel», il film del '71 che sancì il duraturo successo del regista americano rendeva plastica, visibile, incombente come un incubo un' idea geniale. Moby Dick si era reincarnata in un' enorme autocisterna che insegue senza motivo un tranquillo viaggiatore: il Male su quattro (forse otto) ruote, inspiegabile e assurdo; uno degli strumenti più quotidiani della vita, una presenza famigliare e sostanzialmente benefica, che viene posseduta dalla volontà di uccidere.

audi gialla 4@lastampaaudi gialla 4@lastampa


Sull' autocarro di «Duel» c' era un autista in carne e ossa, ma non era l' essenziale. Tendeva a sparire, diventava una estensione secondaria della macchina in rivolta, il nuovo orco di un mondo che da tempo aveva cominciato a diffidare delle macchine, a provarne un oscuro timore. L' automobile (o l' autocarro, che essendo molto più grande può essere più spaventoso) ne rappresentava, e lo fa ancora, l' emblema. Come tutti gli oggetti che pervadono la nostra vita quotidiana, le automobili hanno nell' immaginazione una vita a se stante, sono «umanizzate» (si pensi alle pubblicità, che attribuiscono loro comportamenti e sentimenti autonomi, anche se del tuto benevoli) e come tali posseggono, prepotente, un lato oscuro. Cinema e letteratura lo hanno esaltato.

duel di steven spielberg duel di steven spielberg


Spielberg si era ispirato a un racconto di Richard Matheson (pubblicato quell' anno stesso su Playboy e raccolto dopo in un' antologia di storie del terrore prefata da Ray Bradbury - in Italia esiste una traduzione dell' editore Fanucci); sceneggiatore di successo, era un tipico rappresentante del filone horror-fantascientifico che fra tutti i generi letterari è quello dove più emerge come un tema ricorrente il terrore delle macchine. Pochi anni dopo un altro film di qualità non paragonabile, «La macchina nera» (diretto da Elliot Silverstein) sancì la popolarità di questo tema.

 

Anche qui c' è un' automobile assassina, che si muove autonomamente, senza un guidatore. Vetri oscurati, presenza umana assente o dubbia, volontà malvagia: decine di film commerciali, dagli Anni Settanta in poi, hanno fatto di questi elementi il cuore del plot, e la potentissima Audi che sta terrorizzando il Veneto è parte della famiglia, l' ultima in ordine di tempo comparsa sulla scena della realtà.

aston MARTIN DB5 di james bondaston MARTIN DB5 di james bond


Cinema e motori a scoppio sono nati a un dipresso negli stessi anni, e da sempre l' uno sembra non poter fare a meno dell' altro. L' Aston Martin di James Bond era uno strumento potentissimo e «buono» per combattere il male, la vecchia Ford Thunderbird di Thelma & Luise un simbolo della disperata ricerca di libertà (nonostante rapine, sequestri e esplosioni), lo spider Sunbeam Alpine di Grace Kelly nel film «Caccia al ladro», con Gary Grant sulle strade della costa azzurra, ha incantato qualche generazione nel segno della felicità, della bellezza, della giovinezza (e della fifa di Grant per la guida spericolata della futura principessa).
 

A rimettere le cose a posto, nel senso della paura, provvide il grande Stephen King con «Christine la macchina infernale», diventato un film di grande successo, ribadendo ancora una volta l' aspetto mostruoso di un' auto senza conducente, autonoma, con un' intelligenza maligna e invincibile. Ce n' è abbastanza per giustificare il nostro terrore - anche a grande distanza - davanti alla misteriosi Audi gialla: è un terrore che ci abita da tempo, e che la realtà, di tanto in tanto, risveglia.


Sulle strade del Veneto corre Moby Dick. E non è la prima volta. Pino Cacucci dedicò un suo romanzo («In ogni caso nessun rimorso», Feltrinelli) a Jules Bonnot, il primo rapinatore in auto che terrorizzò Parigi - un anarchico che era stato anche autista di sir Conan Doyle, padre di Sherlock Holmes.

thelma e louise ieri e oggithelma e louise ieri e oggi


Carlo Lucarelli, in «Falange armata», anticipò inconsapevolmente le conclusioni cui sarebbero arrivate le indagini sui cosiddetti «delitti della Uno bianca», commessi a Bologna da una banda di poliziotti a bordo di questo tipo di vettura: che fu, tra Anni Ottanta e Novanta, anch' essa il simbolo della macchina maledetta, una presenza fantasma e autonoma, al di là dei criminali senza volto che trasportava.


Le automobili hanno molte facce, e a volte una simbologia etica. Proprio in quell' epoca Michele Serra provocò una rovente polemica, chiedendosi «come mai quei sinistri equipaggi ventenni cerebrolesi con occhiali neri, pettinatura da marine e house music e volume lancinante sono quasi sempre a bordo di una Golf, simbolo della violenza maschile?». Era un modello di grande successo, la più desiderata fra le auto allora in commercio. Pensare che i tempi dei software truccati erano ancora sideralmente lontani.

 

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