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L'ITALIA A SECCO - NELL'ULTIMO ANNO È ANDATO PERSO CIRCA UN TERZO DELL'ACQUA IMMESSA IN RETE PER COLPA DELLA SICCITÀ CHE HA COLPITO IL PAESE DA DIVERSI MESI - LA MANCANZA DI PIOGGIA NELLA PIANURA PADANA MINACCIA OLTRE IL 30% DELLA PRODUZIONE AGRICOLA NAZIONALE E NONOSTANTE GLI INVESTIMENTI SULLE STRUTTURE IDRICHE SIANO AUMENTATI NEGLI ULTIMI ANNI, SIAMO ANCORA LONTANI DALLA MEDIA EUROPEA - I LIVELLI DEL FIUME PO SONO ARRIVATI A QUELLI DI LUGLIO 2021 E IL LAGO DI BRACCIANO È IN FASE DI ALLERTA: A RISCHIO LE FORNITURE DI ACQUA NELLA CAPITALE…

1. L'ACQUA CHE MANCA

Elisabetta Fagnola per “la Stampa”

 

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Se volessimo trovare una chiave per capire le conseguenze del riscaldamento globale, si legge nell'ultimo rapporto del Wwf, se ancora avessimo bisogno di prove, quella chiave è proprio l'acqua. I livelli dei fiumi al minimo, la grande sete che affligge le campagne, la carenza di piogge, gli eventi meteorologici estremi.

 

«Si stima che circa 4 miliardi di persone su 7,8 miliardi sperimentino già una grave carenza d'acqua per almeno un mese all'anno» recita il dossier «L'ultima goccia», che il Wwf diffonde oggi nella Giornata mondiale dell'acqua sottolineando come «la popolazione globale esposta a siccità estrema ed eccezionale aumenterà dal 3% all'8% nel 21° secolo», ricordando l'impatto sull'agricoltura che solo in Italia assorbe il 60% della domanda d'acqua, sottolineando quanto sia determinante rispettare gli accordi di Parigi sul clima, invitando a rivedere il sistema di concessioni per garantire un uso sostenibile dell'acqua, progettando interventi con le autorità di bacino.

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E ancora, a ridurre gli sprechi che ieri ha tracciato anche il «Blue Book», il dossier sull'Italia dell'acqua stilato dalla Fondazione Utilitatis con Istat e Cassa depositi e prestiti: nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per ogni chilometro di condutture, il 36,2% dell'acqua immessa in rete, parlando di capoluoghi di provincia e città metropolitane. Nonostante «episodi di scarsità idrica sempre più frequenti - sottolinea l'Istat - oltre un terzo dell'acqua immessa nella rete di distribuzione, in Italia, va perso».

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Un dato lievemente inferiore a quello del 2018 (era il 37,3%) ma comunque indicativo della necessità di interventi sulle reti. Qui gli investimenti, rispetto al 2017, sono aumentati del 22% e di oltre il 47% rispetto al 2012, con una quota di 49 euro pro capite, che scende però a 35 al Sud. Un progresso, ma un dato ancora basso se si pensa che la media europea è di 100 euro pro capite. «C'è ancora da recuperare molta strada rispetto ai Paesi europei più avanzati, ma la presenza di operatori che si occupano del ciclo idrico integrato e il sostegno dal Pnrr consentono di avviare un percorso per colmare il divario» ha spiegato Stefano Pareglio, presidente della Fondazione Utilitatis, presentando il dossier.

 

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Nel Pnrr ci sono 4,4 miliardi per la tutela del territorio e delle risorse idriche, di cui 3,5 per le aziende del servizio idrico integrato. E sono già stati finanziati 75 progetti di manutenzione straordinaria per 2 miliardi e assegnati 300 milioni per ridurre le perdite di rete nel Sud Italia, dove si trovano anche gli undici comuni che, secondo il dossier, hanno dovuto adottare politiche di razionamento.

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Due miliardi e 700 milioni di euro, ha confermato il ministro per le Infrastrutture Enrico Giovannini, il pacchetto di fondi che si potranno spendere in futuro per le infrastrutture idriche sulla base dei progetti delle regioni, «è una delle grandi priorità dei prossimi anni. È evidente - ha spiegato - che alcune aree del Paese sono particolarmente a rischio, quelle nelle quali si è investito di meno e dove abbiamo problemi seri sia in termini di qualità degli acquedotti che della gestione in generale delle risorse».

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Resta il tema dei consumi, dove gli italiani sono tra i meno virtuosi in Europa: il consumo pro capite di potabile nelle città è di 236 litri contro la media di 125 nell'Ue, mentre l'Istat certifica che il 28,5% delle famiglie italiane dichiara di non fidarsi a bere l'acqua del rubinetto, con punte del 60% in Sicilia e del 50% in Sardegna. Ma il Wwf sottolinea anche che in Europa «almeno un terzo delle risorse idriche è destinato all'agricoltura», un dato che sale al 60% in Italia dove gli usi civili rappresentano solo il 15%.

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L'agricoltura che si prepara ad affrontare un'altra annata in salita: «La siccità nella Pianura Padana - lancia l'allarme Coldiretti - minaccia oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell'allevamento». Dopo cento giorni senza pioggia nel distretto del Po, i livelli del fiume nel primo giorno di primavera sono quelli di luglio 2021, ma a campagna irrigua ancora da iniziare.

 

2. BRACCIANO LAGO A SECCO «ROMA SENZA PIOGGIA NON HA SCORTE D'ACQUA»

Mirko Polisano Chiara Rai per “il Messaggero”

 

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Poca pioggia nei primi tre mesi di questo 2022 e dopo il nord Italia anche il Lazio è a rischio siccità. Il lago di Bracciano, la riserva idrica di Roma, è in sofferenza e le sue acque rischiano di perdere anche le caratteristiche qualità di trasparenza e purezza. Il livello delle acque del lago è monitorato con attenzione: una «fase di allerta» per i geologi che vedono con preoccupazione questi oltre cento giorni di assenza di piogge, considerato che in estate il lago si conserva.

 

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L'allarme siccità è dato dai numeri: appena una settimana fa, la quota del livello dell'acqua è arrivata sotto i 104 centimetri. Il dato è calcolato sullo zero idrometrico fissato a 163,04 metri sul livello del mare che è il limite per lo sversamento naturale del lago nel fiume Arrone. I rilievi sono stati effettuati in piazza del Molo ad Anguillara Sabazia dal geologo Alessandro Mecali, consulente del Parco regionale di Bracciano - Martignano.

 

«Il livello è basso dice Mecali - nonostante le captazioni siano bloccate, l'allerta è alta e se fino a giugno le piogge saranno scarse la situazione potrebbe peggiorare. Saranno, dunque, decisivi i prossimi mesi. Questo significa che lo stato della flora e la fauna potrebbe compromettersi oltremodo, ad esempio le alghe fondamentali per la loro funzione di autodepurazione».

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LE CONSEGUENZE

Ma Bracciano rappresenta soprattutto la riserva di acqua potabile di Roma, essendo un lago di falda ha un rapporto diretto con le piogge e con le sorgenti sotterranee. Se non piove il livello non cresce. Se nei prossimi mesi il bacino dovesse abbassarsi di altri 10 centimetri (condizione purtroppo possibile con l'arrivo della stagione estiva), si toccherebbero i 161,90 metri sul livello del mare, ciò significa che si andrebbe abbondantemente sotto lo zero idrometrico e quindi ancora sotto il limite fissato per le captazioni (161,90 metri).

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Si teme il ritorno all'anno più nero, il 2017, quando il livello del lago ha raggiunto valori record avvicinandosi ai 2 metri al di sotto del valore dello zero idrometrico: «Negli ultimi cento anni si è registrata rarissime volte la diminuzione di un metro e mezzo. Ma prendiamo ad esempio i valori da gennaio dello scorso anno a gennaio 2022 e vediamo che il bilancio idrologico è uguale a zero, questo significa che il livello del lago non è cresciuto anziché aumentare di almeno 20 centimetri l'anno per raggiungere uno stato di salute. Insomma il lago di Bracciano continua ad essere in sofferenza».

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IL CONFRONTO

 C'è anche un altro dato ancora che fa capire la situazione sul lago di Bracciano: a marzo del 2017, il lago si trovava sotto i 112 centimetri mentre oggi è al di sotto dei 104, poco meglio dell'anno più buio per il bacino. L'anomalia è palese. «Le captazioni dal lago sono interrotte dal 2017 ma il lago che segue naturalmente il classico andamento con picchi massimi e minimi, sale di livello in inverno e scende dalla primavera all'estate, mantiene un saldo pari a zero - conclude il geologo - Di questo passo quindi la curva della crescita è piatta. Se il livello si mantiene stabile con il segno meno, il suo processo di guarigione potrebbe diventare un miraggio». Nel frattempo Roma continua a intervenire in maniera incisiva sulle dispersioni idriche, oggi intorno al 28 per cento rispetto al 40 di qualche tempo fa.

 

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LA ROAD MAP

Non solo il lago. Anche i fiumi, a Roma e in tutta la regione, sono in sofferenza. «Nel Lazio - dice Angelo Ruggeri, meteorologo Ampro - i fiumi sono in crisi gravissima di risorsa. Il Tevere, ad esempio, mostra una situazione in linea con gli inverni più siccitosi, ed anche i suoi affluenti presentano un livello basso per il periodo». Nella Capitale, l'allarme siccità preoccupa gli agricoltori, già da metà febbraio, tanto da spingere i Consorzi di Bonifica dell'agro romano ad anticipare l'apertura degli impianti di irrigazione nei campi.

 

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«I tempi ormai vengono sistematicamente anticipati - rivela Andrea Renna, direttore del Consorzio - Si è passati, nell'area romana e del litorale, dal primo aprile al primo marzo e, come quest' anno, a fine febbraio. D'altronde le disponibilità idriche in un inverno finora avaro di piogge significative, indispensabili per riempire i bacini necessari a soddisfare le esigenze irrigue del periodo primaverile-estivo, non poteva non prevedere questa decisione». Gli impianti del Consorzio garantiscono la fornitura di acqua per 26.500 ettari dall'area romana di Maccarese e Fiumicino alla piana di Tarquinia.

 

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La siccità spaventa anche l'agro pontino e il viterbese: un solo giorno di pioggia a febbraio, cinque dall'inizio dell'anno. «Un'anomalia responsabile della quale è il cambiamento climatico ha spiegato Giuseppe Nascetti, professore ordinario di Ecologia del Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche dell'Università della Tuscia -. Eventi del genere non sono nuovi ma è cambiata la frequenza con la quale si verificano».

 

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