miami anni 90

“MIAMI BEACH? SARA’ COME VENEZIA” - LA SPIAGGIA PIÙ TRENDY D’AMERICA FESTEGGIA I 100 ANNI MA RISCHIA DI SPARIRE - IL LIVELLO DEL MARE SI È ALZATO, L'ALLARME DEI GEOLOGI - MA IL GOVERNATORE DELLA FLORIDA SMENTISCE

Mimmo Candito per “La Stampa”

 

miami beachmiami beach

Sì, i film e i selfie cliccati agli amici non mentono. Sono appena 7 miglia distese pigramente sull’oceano, ma non c’è al mondo lingua di sabbia più bianca, più dolce, più suggestiva, più affascinante, più affollata di palme spettinate dal vento dell’Atlantico. ??E di modelle mozzafiato, di belloni «tuttolio» e «tuttomuscoli», di yacht e Ferrari come fossero utilitarie rugginose.??E anche di vecchi pensionati d’oro che aspettano la morte aggrappati alla vita come sanguisughe assatanate di sole e di cieli blu.

 

E quanto a quelli di «Miami Vice» che hanno la pistola facile e la droga la smerciano e la consumano fin dal primo breakfast, ci sono anch’essi, altroché, ma stanno nell’ombra e spuntano fuori la notte quando l’aria si riempie dello «tzump tzump» delle discoteche e ballare è come respirare e la polizia pattuglia le strade con le saette della luce blu e rossa.???

 

Vacanze e povertà?

Ma se poi tutta vogliamo dirla, e vogliamo guardare anche dietro la cartolina di pixel dei selfie estasiati, allora qui ci stanno anche fantasmi di carne che non sono comparse di Vanzina o di Hollywood, i neri soffocati nelle vecchie case degli slums di Hialieah e di Little Haiti, i barboni sdraiati con la bottiglia vuota sul verde di Ocean Drive, i messicani e nicaraguensi senza documenti che arrangiano la giornata, e la folla anonima e senza storia che lavora duro a tirare avanti in downtown (il centro) illudendosi di vivere comunque il meglio del «sogno americano».?

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Perché, Miami Beach è il sogno americano, irresistibile nelle sue fantasie di felicità dovuta, ma destinato anche a misurarsi con una realtà assai più indifferente del marketing che pompa milioni facili e facciate di vetro e cemento senza nulla dietro. E questa realtà sta tutta nella minaccia che ecologisti, studiosi di geologia, docenti dell’Università della Florida, ambientalisti d’ogni specie, raccontano quando di futuro di Miami si parla. ?

 

Il cambiamento del clima?

È l’innalzamento del livello del mare, una lenta, inesorabile, inarrestabile, inondazione, che ruba terra alla terra, silenziosa, continua, millimetro dopo millimetro, granello dopo granello. «Miami Beach sarà come Venezia», dice il professor Malles. «Forse, ma io non ne sono convinto», ribatte Scott, il governatore della Florida, che ha dedicato 30 minuti della sua intensa giornata a un comitato scientifico che voleva raccontargli di questa minaccia, «e però 10 li ha dedicati a parlare della sua visione del problema e altri 20 a rispondere a telefonate e messaggi». ?

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Le polemiche aprono i problemi, non è detto che li risolvano. Scott non vuole che nei documenti ufficiali si osi parlare di «cambio climatico», di «sostenibilità», e di «livello delle acque». Il solo livello al quale lui pensa è quello del fiume di denaro che ogni minuto, ogni giorno, s’insinua facile e attracca a questo porto d’ogni desiderio, dall’America, nord e sud ovviamente, dall’Europa, anche dall’Asia ormai.?

 

Si parla spagnolo e italiano?

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La redditività degli investimenti immobiliari è altissima, finito lo sboom di due anni fa le gru si sono di nuovo arrampicate verso il cielo, e sebbene il 27 per cento dei proprietari di case sia «underwater», che il mutuo non gli copre il valore di dove vivono, gli agenti immobiliari fanno fatica a star dietro alle richieste, specialmente quelle degli italiani, che piombano qui con barcate di euro ad arraffare tutto il possibile: un imprenditore di Roma ha appena comprato case e appartamenti per 46 milioni di dollari, e chissà se il fisco ne è stato informato.?

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A Miami Beach si parla italiano e spagnolo quanto, e forse più ancora che, inglese, e nel baretto «Pinocchio», sull’Ottava strada, pare d’essere a Fregene. È l’Eldorado del turismo di massa, a Ocean Drive la folla clicca giorno e notte sull’affascinante Déco del suo museo all’aperto, i ristoranti allineati sui marciapiedi non hanno orari, le auto marciano più lente degli skateboard che le sfiorano, e a Lincoln Road ciabatta il mezzomondo di Dagospia, compresi calciatori in ritiro, modelli con il corpo tatuato che pare carta da parati, e curiosi di riconoscere Luca Giurato o l’ultimo divetto delle tv locali. Renzo Arbore, che se n’è stancato, ha venduto casa e via.?

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Cent’anni fa, questa era una palude grigiastra affollata da coccodrilli e moscerini, tenuta insieme da una giungla di mangrovie. In questo suo secolo di vita si è trasformata in uno dei più ricchi investimenti speculativi del pianeta finanziario, più di 460 miliardi di valori immobiliari e non è finita.

 

Anzi, a celebrarne la festa, giusto cent’anni d’anagrafe, tra un paio di giorni la spiaggia bianca di Ocean Drive farà musica ininterrotta per 100 ore, in un megaconcerto che riempirà cielo e terra con Bocelli e Gloria Estefan a fare la prima fila. Si suonerà e si ballerà fino a stancarsene, un po’ com’era sul «Titanic».

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