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TU CHIAMALE, SE VUOI, EVASIONI - SEGANO LE SBARRE E SI CALANO DALLA FINESTRE DELLA CELLA: LA GRANDE FUGA DA REBIBBIA DI DUE ROMENI - NEL 2014 UN’EVASIONE FOTOCOPIA - I SINDACATI: “È L’ENNESIMA BEFFA. IN QUELLA SEZIONE SOLO DUE AGENTI PER 150 DETENUTI”

Federica Angeli per “la Repubblica”

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Si sono calati dalla cella della sezione G1 legando le lenzuola alla finestra. Sono entrati nel magazzino, dove lavoravano dal giorno della detenzione e hanno segato le sbarre. Infine hanno scavalcato prima la rete dell’unità cinofila all’interno del carcere e poi il muro di cinta. Così due romeni alle 19 di ieri sono evasi dal carcere romano di Rebibbia.

 

Un’evasione fotocopia a quella avvenuta due anni fa (era il 12 febbraio) proprio da quella casa circondariale dove dal 5 novembre scorso, nell’aula bunker, si sta celebrando il maxi processo Mafia Capitale.

 

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Si chiamano Catalin Coibanu, 32 anni, e Flomin Mihai Diaconescu, di 28, i due romeni che ieri sono riusciti a bypassare la vigilanza interna al carcere e a prendere un pullman diretto a Tivoli alla fermata lungo via Tiburtina. In carcere erano finiti per reati piuttosto gravi. Il primo per sequestro di persona e omicidio.

 

Fu arrestato dalla squadra mobile romana nel 2014, sei mesi dopo l’assassinio di un commerciante egiziano trovato cadavere in un bosco a Fidene (periferia romana) col volto tumefatto e i polsi legati dietro la schiena, sequestrato sotto casa sua alla Balduina.

 

Diaconescu invece era a Rebibbia perché riconosciuto colpevole di una serie di rapine in villa fatte nel reatino insieme a una banda di connazionali ai danni di famiglie benestanti avvenute nel 2008.

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Condannato in primo grado a 4 anni e 4 mesi per rapina e ricettazione, il ventottenne aveva un cumulo pena per reati specifici che lo avrebbero fatto tornare libero nel 2023.

 

I due, compagni di cella, hanno quindi pianificato il colpo nei dettagli, non è escluso che le sbarre del magazzino da cui sono usciti, siano state segate giorni fa, grazie alla loro frequentazione di quel locale per i lavori cui i detenuti vengono assegnati. A dare l’allarme dell’evasione a carabinieri e polizia sono stati gli stessi agenti della penitenziaria che si sono accorti di quei due uomini sul muro verso la libertà soltanto quando mancava il salto finale.

 

«È l’ennesima evasione beffa — ha dichiarato Donato Capece, segretario generale del sindacato della penitenziaria Sappe — purtroppo causata dalla carenza di organico. Se nella sezione detentiva invece dei due agenti per 150 detenuti ce ne fossero stati 4 l’evasione forse non sarebbe avvenuta.

 

Al ministro della Giustizia avevamo chiesto 800 unità in più da assumere con la Finanziaria: ci hanno bocciato la proposta. Ora chiediamo più vicinanza da parte del governo». I due romeni sono attualmente ricercati in tutta Roma e il Lazio da poliziotti e carabinieri.

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È l’ultima evasione di una lunga serie per il carcere alla periferia nord est della capitale. Il precedente più recente risale al Ferragosto scorso quando un giovane scappò da Rebibbia mentre stava per essere sottoposto ad alcuni accertamenti sanitari all’ospedale Pertini.

 

Una fuga durata due giorni e finita con l’arresto nella stazione di Milano. Il 12 febbraio del 2014 invece, quasi due anni esatti fa, furono in due a calarsi con le lenzuola dalle loro celle e a scappare dalla cosiddetta “terza casa” di Rebibbia, l’area in cui sono reclusi i tossicodipendenti. Un caso su cui la procura di Roma aveva aperto un’inchiesta oltre all’indagine interna avviata dal penitenziario per le modalità beffa della fuga.

 

E ancora: al 14 aprile del 2010 risale la fuga di altri due ergastolani, condannati per omicidio, mai rientrati dal permesso premio di dieci giorni concesso loro per Pasqua dal Tribunale di sorveglianza di Roma. Clamorosa, nel novembre del 1986, l’evasione in elicottero. Il franco-tunisino André Bellaiche e l’estremista nero Gianluigi Esposito, appesi ai pattini di un elicottero della Croce rossa fuggirono senza lasciare tracce.

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