
“STO BENE” - FRANCIS FORD COPPOLA RASSICURA I FAN DOPO L’INTERVENTO AL CUORE AL POLICLINICO DI TOR VERGATA A ROMA: “SONO A ROMA PER FARE L’AGGIORNAMENTO DELLA PROCEDURA PER IL TRATTAMENTO DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE TRENTENNALE CON IL SUO INVENTORE, UN GRANDE MEDICO ITALIANO, IL DOTTOR ANDREA NATALE” - E IL CARDIOLOGO RACCONTA: “SI ERA AFFIDATO A ME GIÀ 30 ANNI FA, QUANDO LAVORAVO A SAN FRANCISCO, E NE È NATA UN’AMICIZIA. VOLEVA CHE ANDASSI NEGLI STATI UNITI, MA…”
1. FRANCIS FORD COPPOLA RICOVERATO A ROMA TRANQUILLIZZA I FAN: "STO BENE"
Estratto dell’articolo di www.tgcom24.mediaset.it
il post di francis ford coppola
Francis Ford Coppola rassicura tutti sulle sue condizioni di salute. Il leggendario regista 86enne si trova ricoverato al Policlinico di Tor Vergata, a Roma, per un intervento cardiaco programmato. A dare la notizia è stato lui stesso con un post pubblicato sui social. "Dada (come mi chiamano i miei figli) sta bene", ha scritto.
Poi ha aggiunto: "Approfittando di un'occasione sono a Roma per fare l’aggiornamento della procedura per il trattamento della fibrillazione atriale trentennale con il suo inventore, un grande medico italiano, il dottor Andrea Natale! Sto bene!".
francis ford coppola foto lapresse 2
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2. ANDREA NATALE, IL CARDIOLOGO DI FRANCIS COPPOLA: «È VENUTO A ROMA PER FARSI OPERARE DA ME. SIAMO AMICI DA TRENT’ANNI»
Estratto dell’articolo di Margherita De Bac per www.corriere.it
Professor Andrea Natale, come mai il regista Francis Ford Coppola si è fatto operare proprio da lei, al policlinico universitario di Tor Vergata, con tutti i cardiologi che sarebbero stati felici di averlo come paziente negli Stati Uniti?
«Si era affidato a me già 30 anni fa, quando lavoravo a San Francisco, per trattare con l’ablazione (vengono bruciate piccole porzioni di cuore responsabili dell’alterazione di battito) la fibrillazione atriale di cui soffriva. Ne è nato un rapporto di amicizia schietto, basato sulla reciproca stima. Da allora abbiamo continuato a sentirci di tanto in tanto, anche se stava bene. Non mancavamo mai di farci gli auguri per le festività. Una persona squisita», risponde un po’ controvoglia il cardiologo, 64 anni, nato a Siracusa, a Roma da quando ne aveva 4.
Quando l’ha cercata per l’intervento lei non gli ha detto «Francis, da te ci sono tanti colleghi bravi, non c’è bisogno che vieni fino a qui»?
«Certo che gliel’ho detto. Chiedeva che andassi da lui e quando gli ho risposto che non avrei potuto spostarmi, si è organizzato per raggiungermi a Roma cogliendo l’occasione di un viaggio di lavoro. Ha una villa in Basilicata e passaporto italiano».
francis ford coppola foto lapresse 8
Lei avrebbe preferito non parlare di questo ricovero eccellente. Dovrebbe prendersela con Coppola che ha annunciato sui social di stare bene e di aver approfittato della trasferta italiana per ripetere dopo 30 anni l’intervento di ablazione, con una tecnica inventata da un grande medico italiano.
«(Mugugna) Vorrei non commentare. Lo lascio dire agli altri. Ho una buona reputazione dovuta al passaparola dei pazienti. Mi occupo da anni di elettrofisiologia, l’ho insegnata a tanti colleghi stranieri».
Per 36 anni è rimasto lontano dall’Italia, ultima destinazione Austin, Texas, prima di tornare a Tor Vergata come primario cardiologo. Perché questa scelta?
«Sono andato via per lo stesso motivo che spinge all’estero tanti medici, il sistema che non va. Mi sono laureato a Firenze, specializzato al policlinico Gemelli, poi ho deciso di lasciare, visto l’andazzo».
Però è rientrato in questo sistema.
«Circa quattro anni fa mi hanno cercato da Tor Vergata, proponendomi di assumere l’incarico universitario, col meccanismo della chiara fama. Il processo di trasferimento è stato lungo, ho preso servizio nel novembre del 2024. Una parte dell’ateneo non mi voleva».
Pentito?
«All’inizio sì. Pensavo che durante la mia assenza le logiche fossero cambiate. È stato traumatico sperimentare il contrario. Ad Austin mi trovavo benissimo».
Non poteva restare lì?
«L’ho presa come una sfida. Ora va molto meglio, i giovani del mio team sono contenti e questo mi spinge a continuare. È importante per loro sperare che le cose cambino e che i progressi di carriera possano essere basati solo sui risultati, sulla meritocrazia. […]».