mariano cannio samuele gargiulo

VOLEVANO LINCIARLO (E DATEGLI TORTO) – TENSIONE NEL QUARTIERE SANITÀ, A NAPOLI, DOVE MARIANO CANNIO HA UCCISO IL PICCOLO SAMUELE LASCIANDOLO CADERE DAL BALCONE – DOPO L'OMICIDIO IL COLLABORATORE DOMESTICO HA CONFESSATO DI ESSERE ANDATO IN PIZZERIA: “AVEVO UNA FAME NERVOSA. SONO TORNATO A CASA, MI SONO STESO SUL LETTO E HO INIZIATO A PENSARE A QUELLO CHE ERA SUCCESSO. DOPO SONO SCESO E SONO ANDATO IN UN BAR E HO PRESO UN CAPPUCCINO E UN CORNETTO…”

1.«HO LASCIATO CADERE IO SAMUELE, POI SONO ANDATO A PRENDERE LA PIZZA»

Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”

 

MARIANO CANNIO

L'uomo che lascia squillare il campanello per almeno cinque minuti prima di aprire ha gli occhi sgranati di chi vorrebbe dormire ma non ci riesce. Per capire se fosse in casa, i poliziotti hanno infilato una bolletta della luce sotto la porta, e dopo un attimo l'hanno vista scivolare verso l'interno. Quindi è dentro, si sono detti, e hanno ricominciato a insistere con il campanello. Finché lui non ha aperto, e li ha guardati come se li stesse aspettando.

 

Un'ora più tardi sarà in questura, e farà un racconto che lascerà attoniti pure gli agenti: «Ho preso in braccio Samuele, sono uscito sul balcone, mi sono affacciato e l'ho lasciato cadere di sotto. Poi sono andato a mangiare una pizza». Venerdì sera, vico Giganti a Forcella, i vicoli alle spalle del Duomo, il cuore più popolare di Napoli, dove c'è l'ospedale con la ruota che accoglieva i bambini non voluti, dove le pizzerie hanno cent' anni e dove la camorra è stata prima potere assoluto su tutta la città e poi roba di ragazzini. Che hanno ucciso e sono morti, e che hanno consumato l'adolescenza per finire al massimo in carcere o in una serie tv.

samuele gargiulo

 

L'uomo che in vico Giganti non voleva aprire alla polizia è uno che ha sempre lavorato con l'umiltà di chi va a pulire le case e pure i gabinetti degli estranei per guadagnarsi di che vivere. Finché la mattina, di quattro giorni fa ha ucciso un bambino di nemmeno quattro anni. Forse per una fatalità, come dice lui, forse volontariamente, come è convinto il giudice. Probabilmente soprattutto perché la sua mente a volte segue percorsi tortuosi che lui non può controllare, e stavolta la strada dissestata dei suoi pensieri portava dritta alla morte di quel bimbo.

 

SAMUELE GARGIULO

Mariano Cannio venerdì mattina ha buttato dal balcone al terzo piano della casa dove stava lavorando Samuele, il figlio della coppia che lo aveva chiamato per pulire vetri e pavimenti. Racconta quei momenti come se non gli suscitassero nessuna emozione. E gli agenti che sono andati a cercarlo in vico Giganti e cominciano poi a interrogarlo scoprono di non avere davanti un testimone ma un assassino. «Stamattina verso le 9.15 mi sono recato a casa della famiglia (di Samuele, ndr ) dove di tanto in tanto faccio le pulizie. Mentre ero indaffarato, Samuele è venuto in cucina dove stavo pulendo. Con l'aiuto di una sedia è salito in prossimità di un mobile per prendere delle merendine. L'ho aiutato, poi ho iniziato a giocare con lui. A un tratto l'ho preso in braccio, sono uscito fuori al balcone, mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo». In un attimo cambia tutto.

 

LA MORTE DI SAMUELE GARGIULO

Altro che incidente, come sembrava: è stato un omicidio. I poliziotti devono fermarsi, bisogna chiamare il pubblico ministero e un avvocato. Ma Cannio ormai ha cominciato e va avanti: «Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato, consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo. Sono fuggito e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità (la zona dove abita la famiglia del bambino, ndr ). Poi ho fatto ritorno alla mia abitazione, mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era successo. Dopo sono sceso e sono andato a un bar e ho preso un cappuccino e un cornetto. Poi sono tornato a casa dove mi avete trovato».

 

Ecco, per lui è come una liberazione. Ha detto tutto e non ha difficoltà a ripeterlo al magistrato quando comincia l'interrogatorio formale e si riparte daccapo. Aggiunge pure qualcosa: «Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da giù. A questo punto ho lasciato cadere il bambino di sotto. L'ho fatto perché in quel momento ho avuto un capogiro». Fino a un attimo prima avevano chiacchierato e giocato, il bimbo e il suo omicida: «Mi sono trattenuto con Samuele per circa 15 minuti. Lui mi ha detto che dopo sarebbe andato a giocare a calcio e io gli ho raccomandato di fare gol». Invece lo ha ucciso. E dopo «non mi sono nemmeno affacciato perché ho avuto paura. Mi sentivo in colpa e sono scappato».

SAMUELE GARGIULO

 

Ma non si è mai visto uno che comincia la latitanza dalla pizzeria più vicina al luogo del delitto. Stavolta invece sì, perché «avevo una fame nervosa scaturita dalla paura». Niente di tutto questo ha ripetuto Cannio ieri mattina davanti al gip durante l'udienza di convalida del fermo. Si è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha parlato nemmeno del suo stato di salute psichica, come aveva fatto nell'interrogatorio di venerdì notte: «Sono in cura presso un centro di igiene mentale, il dottore mi ha riferito che sono affetto da schizofrenia. Ma questo non lo avevo mai detto alla famiglia di Samuele».

 

Il suo avvocato ha depositato documenti che attestano la patologia, ma il giudice ha comunque confermato la detenzione e l'imputazione di omicidio volontario, pur ritenendo «necessario un accertamento di carattere tecnico». Nel frattempo ha disposto che Cannio venga recluso nella «sezione speciale per infermi e minorati psichici» del carcere di Poggioreale.

SAMUELE GARGIULO

 

2.TENSIONE NEL QUARTIERE «AVREMMO VOLUTO PRENDERLO NOI»

Fabio Bufi per il “Corriere della Sera”

 

La casa dove viveva Samuele con la sua famiglia è in via Piazzi, una strada del Rione Sanità. A lungo Mariano Cannio ha abitato a pochi palazzi di distanza: il bimbo e i suoi genitori al civico 3, l'uomo al 24. Poi ha dovuto lasciare per questioni economiche e se n'è tornato a Forcella, dove è cresciuto con i genitori, che adesso non ci sono più. Ma alla Sanità tutti lo conoscono e il clima che si respira in questa zona da sabato è profondamente diverso da quello che si respirava venerdì dopo la tragedia.

 

SAMUELE GARGIULO

Nelle prime ore sembrava un dolorosissimo incidente, ma da quando si è capito che la morte di Samuele non è stata una tragica fatalità si percepisce una voglia di giustizia sommaria. Nessuno va a dirlo ai giornalisti, che in più occasioni sono stati allontanati non solo a maleparole ma anche a spintoni se non peggio. Ma se si ha qualche amico che vive nella zona non è difficile sapere che il rimorso di più d'uno è che la responsabilità di Cannio sia emersa quando già la polizia lo aveva preso in consegna. «E non ci fa affatto piacere che il giudice oggi lo abbia tenuto in galera. Sarebbe stato meglio se fosse uscito», dice qualcuno che non appartiene alla famiglia del bambino. Ma non sono parole che esprimono posizioni innocentiste, tutt'altro.

 

samuele gargiulo

«Sarebbe stato meglio se fosse uscito perché così qualcuno sarebbe potuto andare a cercarlo. Tanto dove poteva nascondersi? Lo conosciamo tutti troppo bene, sappiamo dove abitava qui e dove abitava a Forcella. Che ci voleva a rintracciarlo?». C'è un bruttissimo clima, che rischia di avvolgere nella tensione anche il giorno del funerale, che per ora è ancora da stabilire in attesa dell'autopsia. Fortuna che alla Sanità, come a Forcella, ci sono parroci di grande capacità e personalità. Sicuramente capaci di parlare d'amore e non di odio anche in questa tragedia.

la morte di samuele gargiulo

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