
TOTO CUTUGNO ERA MIO PADRE! IL FIGLIO NIKO RACCONTA LE DUE FAMIGLIE DEL CANTANTE: “LUI ERA GIÀ SPOSATO E CONOBBE MAMMA IN AEREO NEL 1989. PER TUTTA LA VITA NON HA RINUNCIATO NÉ A SUA MOGLIE NÉ A ME E A MIA MADRE. VENIVA E SE NE ANDAVA, DICEVA DI ESSERE UN INGEGNERE COSTRETTO A TRASCORRERE LUNGHI PERIODI LONTANO DA CASA. HO SCOPERTO DI ESSERE SUO FIGLIO CON LA SETTIMANA ENIGMISTICA IN UN POMERIGGIO DEL 1996. MIO NONNO MATERNO NON RESISTETTE PIÙ, LO INDICÒ E MI DISSE: 'QUELLO È TUO PADRE'..." – “UN ARTISTA DEVE PENSARE SE’ STESSO IN GRANDE E QUINDI CONVINCERSI DI POSSEDERE IL DIRITTO AD AVERE TUTTO. ANCHE DUE FAMIGLIE” – IL LIBRO
Estratti da open.online
Niko Cutugno è figlio di Toto Cutugno. Lo ha scoperto a 7 anni. Il cantautore e la madre si erano conosciuti in aereo nel 1989. «Lui era già sposato. Per tutta la vita non rinuncerà né a sua moglie né a me e a mia madre. Coltivò due famiglie». Ha scoperto di essere suo figlio con La Settimana Enigmistica in un pomeriggio del 1996: «Sulla copertina della rivista c’era la sua foto.
Mio nonno materno non resistette più, lo indicò e mi disse: “Quello è tuo padre”». Lui lo visitava regolarmente a Roma: «Diceva di essere un ingegnere costretto a trascorrere lunghi periodi lontano da casa. Veniva e se ne andava, io ero piccolo, non avevo idea che fosse così famoso», dice a Roberta Scorranese sul Corriere della Sera.
Niko racconta che una volta mentre era in auto con il padre la radio passò una sua canzone: «Mi sembrò una voce familiare, ma non feci domande. Lui guidava. Divenne muto e serio all’improvviso, era teso». La storia venne fuori con un servizio fotografico: «Sì, pubblicarono delle foto che lo ritraevano assieme a mia madre. Ammise di aver avuto un figlio fuori dal matrimonio, poi nel 1997 volle riconoscermi ufficialmente».
Oggi ha scritto un’autobiografia: Fino all’ultimo respiro. «Non fu facile all’inizio. I miei compagni di scuola mi prendevano in giro, facevano battute sulle auto di lusso che qualche volta mi portavano a scuola, sugli autisti. Una volta mi portò a Disneyland e l’autista ci lasciò proprio sotto alle Montagne Russe che io volevo provare. Ero sbalordito».
Quando lui veniva a trovarlo, «era come aspettare Babbo Natale: pieno di doni ma poi destinato a scomparire per un po’. Da bambino non percepivo una vera presenza, con i suoi lati buoni e cattivi, ma una festa che si rinnovava e che, puntualmente, poi finiva. Lunghe assenze, grandi regali, inevitabili addii». Ma secondo lui «un artista deve pensare se stesso in grande e quindi convincersi di possedere il diritto ad avere tutto. Anche due famiglie, se necessario».
Anche se aveva delle sfuriate: «La prima volta che andai in concerto con lui, nel 1997: in Calabria, piazza piena, pubblico in delirio. Cominciò a cantare, poi si accorse che stavano facendo esplodere dei petardi. Si fermò e minacciò di abbandonare il palco. Riprese solo quando cessarono i botti».
Oggi, spiega Niko, «ho trentasei anni, faccio un lavoro che amo (ha fondato Breathwork Coach, un progetto di crescita personale attraverso il respiro, ndr), ho una compagna che amo. Tante cose le ho risolte. Ma ho capito che qualche volta a mancarti di più è chi nella tua vita c’è stato di meno. Non è giusto, ma sono onesto».
(...) Cutugno ha voluto essere cremato. «Portai io stesso le ceneri a casa di sua moglie».
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