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PATTI SMITH MEMORIES - SALE SUL TRENO DELLA MENTE E PUBBLICA "M TRAIN", LA SECONDA PARTE DELLA SUA AUTOBIOGRAFIA - “HO PERSO MIO MARITO E MIO FRATELLO MA NON PUOI ARRENDERTI AL DOLORE QUANDO HAI 2 BAMBINI IN CASA E UN CONTO IN BANCA CHE LANGUE. HO DOVUTO METTERMI L’ELMETTO E TORNARE IN GUERRA”

PATTI SMITHPATTI SMITH

Giuseppe Videtti per “la Repubblica”

 

Nel 1979, dopo quattro album monumentali e un singolo prepotentemente entrato nell' albo d' oro del pop (Because the Night), Patti Smith scompare per dieci anni dalle scene. La poetessa punk - cult singer in America, eroina in Europa, musa di artisti come Bono e Michael Stipe - si dilegua nel Michigan a far la casalinga: moglie di un vate protopunk (Fred "Sonic" Smith degli MC5), madre di due figli.

 

Quando riappare, precocemente vedova, è un' artista libera, poetessa, scrittrice e rockeuse senza confini. M Train, ora in uscita anche in Italia, è il libro di memorie che fa seguito all' acclamato Just kids (2010), in cui raccontava l' iniziazione artistica nella New York dei primi anni Settanta e la straordinaria complicità sentimentale e artistica con il fotografo Robert Mapplethorpe.

PATTI SMITH COVERPATTI SMITH COVER

 

Compirà settant' anni a dicembre, un' età ingombrante per il rock' n'roll. Non per lei.

«Non ho mai ragionato in termini di carriera. Ho pensato alla vita e al lavoro. Meglio, ho cercato di conciliare vita e lavoro. Ora sono serena, i miei figli sono cresciuti e ho ancora parecchi progetti in cantiere, un libro appena uscito e uno che sto scrivendo. A questa età sei costretta a fare delle scelte. E ci mancherebbe altro che la carriera sia una priorità».

 

Scrittrice e poetessa: ha cominciato a farlo fin dagli esordi. Considera il successo di "Just Kids" e di "M Train" il coronamento di un sogno che la musica non è riuscita a realizzare?

«Sì, perché è quel che volevo essere da bambina. Per questo, a costo di sacrificare la musica, per tutta la vita ho continuato a scrivere, a studiare, a leggere. Le mie canzoni nascono dalle parole, dalle prime poesie. La scrittura è stata una disciplina quotidiana».

PATTI SMITH MARITO FREDPATTI SMITH MARITO FRED

 

La prima volta che c' incontrammo, nel 1977, raccontò delle visioni che aveva da adolescente, quando era affetta da quelle terribili febbri reumatiche e l' immagine di Rimbaud le galleggiava davanti agli occhi insieme al fiume di parole in parte finite nell' album "Horses", uno dei più influenti della storia del rock. Fu quello il suo esordio letterario?

 

«All' epoca non ero un granché come poetessa. Non sono stata né la prima né l' ultima a scrivere poesiole a quell' età. La verità è che non saprei indicare una data d' inizio, scrivevo e scrivevo, come oggi scrivo e scrivo: i miei sogni, il quotidiano, anche quando non è straordinario, anche quando ha il tono di un tedioso diario».

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Era consapevole, quando arrivò a New York, che stava per iniziare un percorso che l' avrebbe catapultata nel mondo dell' arte?

«Sì, anche se arrivai in città per motivi molto più pratici: sbarcare il lunario. Sapevo però che volevo dedicarmi a quel che stavo studiando, per questo scelsi Manhattan e un' area precisa, il Village, dov' era in atto una rivoluzione culturale.

 

 

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Volevo entrare in contatto con quel mondo, non importa se per riuscirci dovevo fare la cameriera o la commessa in un negozio di libri, dove di nascosto dormivo perché non potevo permettermi una camera in affitto. Neanche mi sfiorava l' idea del successo, volevo consegnarmi al mondo dell' arte. Non era difficile nella New York dell' epoca, una città povera, sull' orlo della bancarotta, tutt' altro che costosa, smisuratamente stimolante e creativa».

 

L’euforia di quegli anni, magistralmente raccontata in "Just kids", ha trasformato, fatto insolito, un' autobiografia in un caso letterario. Più romanzo che memoir.

«Questo è il mio obiettivo, raccontarmi come in una fiction, non riuscirei a descrivere scientificamente le mie esperienze.

 

È il più grande complimento che abbia ricevuto: un' autobiografia all' altezza di un libro di fiabe o di un romanzo russo - il mio modo di trascinare il lettore dentro la storia, evitando la fredda cronologia degli eventi. Alla fine è una storia d' amore e d' amicizia strettamente connessa col mondo dell' arte. Ci sono sentimenti senza tempo in Just kids ».

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Che emozioni voleva suscitare scrivendo "M Train", che nelle prime pagine definisce "uno scritto sul nulla"?

« Just kids, una promessa fatta a Robert (Mapplethorpe) prima della morte, è stato un libro che ha richiesto uno sforzo enorme, emotivo e di memoria. Questa volta volevo scrivere una storia meno impegnativa, qualcosa che nasce una mattina per caso senza pensare a uno sviluppo, tantomeno a un finale. Per questo l' ho chiamato M Train, che sta per Mind' s Train, un treno della mente che corre sulle rotaie della memoria senza una direzione precisa».

 

Come cambiò la sua vita quando incontrò e sposò Fred "Sonic" Smith?

«Avevo trent' anni vissuti intensamente. Gli anni del rock&roll erano stati meravigliosi ma anche logoranti e oltretutto non mi sentivo pienamente realizzata come artista. Non c' era più tempo per la solitudine, per la scrittura, per la poesia. Tantomeno per l' amore. Quando incontrai Fred l' intesa fu così forte e perfetta che eclissò d' un colpo tutto il resto. Volevo progredire, fare di più, fare cose diverse.

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Quando ami qualcuno smetti di sentirti al centro dell' universo, poi diventano i figli la tua priorità. Anche un artista deve diventare più disciplinato e responsabile. In pochi anni mi sono innamorata, sono diventata madre, infine vedova. Come non cambiare e crescere dopo tre eventi del genere?».

 

"M Train" è un libro distensivo, ma anche carico di lutto e solitudine. Sembra quasi un miracolo che sia riuscita a scriverne una buona parte in isolamento nel bar sotto casa e in altri caffè in giro per il mondo, considerando la sua popolarità.

«Non ho mai vissuto come una celebrity, non ho mai avuto il tenore di vita di una rockstar, vivo in semplicità e ho un' età che incute rispetto. Mi piace parlare con la gente, ma se devo lavorare divento scostante ».

 

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Quanto hanno contribuito quegli anni lontana dal palcoscenico a formare l' abile scrittrice che è diventata?

«Decisi di ritirarmi dopo i due megaconcerti di Firenze e Bologna. La vita con Fred fu il paradiso che sognavo. Nonostante gli impegni domestici riuscivo a ricavarmi del tempo per scrivere, senza pensare alla pubblicazione o a eventuali editori. Non ci sarebbe stato Just kids se non avessi migliorato le mie qualità narrative in quegli anni a Detroit».

 

Ha perso suo marito e suo fratello in rapida successione, come ha elaborato il lutto?

«Non puoi permetterti di arrenderti al dolore quando hai due bambini in casa, una di sei uno di dodici anni, e un conto in banca che langue. Ero devastata, ma ho dovuto mettermi l' elmetto e tornare in guerra. Quel che ho fatto è lavorare per garantire loro una vita stabile e a me la libertà di agire da adulta in estrema libertà».

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Rimpianti?

«Uno solo. Non essere mai stata in Europa con Fred».

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