censura film cinema cina

NUOVO CINEMA PECHINESE - PUR DI NON PERDERSI UNA FETTA DEL RICCHISSIMO BOTTEGHINO CINESE, GLI STUDI DI HOLLYWOOD SI "CENSURANO" E SI ADATTANO AI DETTAMI DI PECHINO - NELLA VERSIONE NUOVA DI "TOP GUN" È STATO RIMOSSO LO STEMMA DELLA BANDIERA TAIWANESE, IN "DOCTOR STRANGE", IL PERSONAGGIO INTERPRETATO DA TILDA SWINTON, ORIGINARIAMENTE TIBETANO, È DIVENTATO "CELTICO", MENTRE NEL POSTER "STAR WARS: IL RISVEGLIO DELLA FORZA"... - VIDEO

 

Dedo Tortona per “il Venerdì di Repubblica”

 

star wars personaggio di colore nascosto nel poster cinese

Cosa non si fa per guadagnare. Anche mettere mano precipitosamente alla trama di un film e cambiarla. È quello che sta accadendo a Hollywood che, in questi anni, si è mostrata prontissima a rinunciare a qualsiasi principio, creativo o ideologico, pur di sbancare il ricchissimo botteghino cinese.

 

Soprattutto da quando Pechino ha allentato i vincoli sul numero di film stranieri ammessi nelle proprie sale. La sfida tra Hollywood e il Dragone viene ora analizzata nel saggio Red Carpet da Erich Schwartzel, reporter del Wall Street Journal.

top gun censurata la bandiera di taiwan

 

INCASSI STELLARI

Tutto inizia nel 2008: mentre in America le vendite di biglietti del cinema iniziano a ristagnare, in Cina crescono rapidamente, con percentuali a doppia cifra anno su anno. «Con la pandemia, poi, il fatto che i cinema cinesi abbiano ripreso l'attività prima di quelli americani ha fatto sì che nel 2020 Pechino diventasse il box office numero uno al mondo, con film che incassano quasi un miliardo di dollari» spiega Schwartzel al Venerdì.

top gun

 

«Oggi non è raro che un film di successo in Cina incassi dai 500 ai 700 milioni di dollari, cifre stellari per gli Stati Uniti». E così il richiamo dell'appetitoso mercato orientale ha portato Hollywood a repentine giravolte pur di non fare innervosire il governo cinese, proverbialmente suscettibile riguardo alle proprie prerogative geopolitiche. «Un ottimo esempio è il sequel di uno dei film in cui l'America ha più celebrato il suo patriottismo: Top Gun» spiega Schwartzel.

 

top gun

«Nel film originale, girato negli anni Ottanta, Tom Cruise sulla sua giacca ha diversi stemmi nazionali, tra cui quello di Taiwan. Ma la bandiera taiwanese implica che Taiwan sia una nazione, cosa che dà parecchio fastidio a Pechino. Così Hollywood, nel sequel che esce quest' anno, ha deciso di rimuovere quello stemma dalla giacca di Cruise». Altro film, altra correzione.

 

alba rossa bandiere cinesi diventano nordcoreane

Nel 2012 esce il remake di un altro dei film patriottici statunitensi: Alba rossa. «Nella pellicola del 1984 girato da John Milius, l'Urss invadeva gli Stati Uniti. Per il remake del 2012, non essendo più l'Urss una minaccia credibile, si scelse di avere come invasore la Cina. E il film fu girato, appunto, come invasione di soldati cinesi, con relativi stemmi e bandiere ben visibili» spiega l'autore.

 

alba rossa

«A riprese finite, e prima dell'uscita nelle sale, arrivarono le proteste di Pechino, offesa da un film in cui si si mostra la Cina come Paese aggressore. Hollywood fece una marcia indietro clamorosa. Si decise, a giochi ormai fatti, che l'invasore del film non sarebbe stato la Cina, ma la Corea del Nord, Paese altrettanto ostile ideologicamente all'America, ma privo di un mercato cinematografico prezioso come quello cinese».

 

kundun

Una ditta di effetti speciali rimpiazzò gli stendardi cinesi con quelli nordcoreani. «La cosa che colpisce è che il remake di Alba rossa non era nemmeno previsto per il mercato cinese, ma per la Metro-Goldwyn-Mayer la minaccia di un blocco annuale per gli altri suoi film in Cina - così come era avvenuto nel 1997 per la Disney e per la Sony per i due film sul Dalai Lama, ovvero Kundun di Martin Scorsese e Sette anni in Tibet di Jean-Jacques Annaud - fu così convincente da portare Mgm a fare ammenda con quel grottesco escamotage».

 

transformers 4

UN BANCOMAT IN TEXAS

Ma il lifting deideologizzante ai film non è l'unico stratagemma hollywoodiano per attirare i cinesi nelle sale. L'altro trucco è riempire i film di ammiccamenti al gusto cinese. E non solo arricchendo il cast con attori popolari in Oriente, «ma anche con un product placement che spesso può sembrare incongruo» spiega Schwartzel.

 

transformers 4

«Ad esempio, nel film Transformers 4 - L'era dell'estinzione del 2014 c'è una scena in cui Mark Wahlberg usa una confezione cinese di proteine in polvere, e in un'altra scena usa il bancomat della China Construction Bank, curiosamente dislocato nel bel mezzo del Texas. I produttori vennero incontro anche a una richiesta delle autorità cinesi: nel film si mostra una battaglia tra robot giganti a Hong Kong, e i cinesi ottennero che i primi jet militari ad arrivare sul posto fossero non quelli americani - come previsto dalla sceneggiatura originaria - ma quelli cinesi, così che la Cina potesse mostrarsi come la benevola protettrice di Hong Kong».

 

doctor strange il personaggio di tilda swinton diventa celtico

La strategia complessiva funzionò: se negli Stati Uniti il film si assestò sui 245 milioni di dollari di incasso, risultato inferiore a film come Guardiani della galassia, Captain America: The winter soldier e Lego Movie, nei cinema cinesi, Transformers 4 - L'era dell'estinzione incassò ben 92 milioni di dollari nel primo weekend e poi 301 milioni in totale, più che negli Usa e più di ogni altro film di Hollywood proiettato in Cina fino ad allora.

censura fight club cina

 

BANDIERE AL VENTO

Per dare un'idea di quanto sono cambiate le cose negli anni, basta pensare che i cinema cinesi, fino al 1994, sono rimasti largamente chiusi ai film occidentali. «Da quell'anno si consentì a Hollywood di esportare in Cina un massimo di dieci film all'anno, e gli incassi record del periodo, per gli americani, erano irrisori rispetto a oggi: toccavano al più i 3 milioni di dollari».

cina censura

 

Come in altri settori industriali, la Cina ha imparato presto la ricetta del successo occidentale: nel 2017 il record di incassi - 854 milioni di dollari - fu quello di un film autoctono, Wolf Warrior 2, che mescola abilmente la spettacolarità estrema dei blockbuster hollywoodiani alla propaganda geopolitica: nel film, infatti, un manipolo di eroi cinesi, in Africa, agisce - con bandiera rossa in bella vista - difendendo le popolazioni africane da loschi mercenari occidentali. In barba a Hollywood.

censura cina

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?