EGALITÈ, FRATERNITÈ MA NON MI TOCCARE I DANÈ - A ‘’REPUBBLICA’’ I GIORNALISTI PREFERISCONO PREPENSIONARE I COLLEGHI PIUTTOSTO CHE RIDURSI LO STIPENDIO

Andrea Valle per "Libero"

I giornalisti di Repubblica preferiscono prepensionare i colleghi piuttosto che tagliarsi lo stipendio. È questo l'esito di un referendum promosso dal consiglio di redazione della testata svoltosi ieri. Sul tavolo, due opzioni: 59 prepensionamenti da un lato, contratti di solidarietà (lavorare meno ore con uno stipendio ridotto) dall'altro.

Il punto di partenza: un esubero inizialmente dichiarato dall'azienda di 81 giornalisti ex articolo 1 del contratto di lavoro giornalistico per la gestione non traumatica degli stessi: tale esubero si sarebbe tradotto nel ricorso al contratto di solidarietà per un numero convenzionale di esuberi pari a 67 giornalisti.

Secondo quanto riferiva ieri l'agenzia Agi, i favorevoli all'ipotesi della solidarietà, sono stati 182, mentre quelli favorevoli ai prepensionamenti secchi, sono stati 219. Le schede nulle sono state 4, le bianche 10; votanti 415. Tutto ha inizio il 25 settembre scorso, quando l'azienda avvia la procedura di consultazione sindacale per la richiesta dello stato di crisi.

In seguito le parti si sono incontrate più volte per un approfondimento e un confronto sul piano di riorganizzazione proposto dall'azienda, nel quale, come detto, era individuato un esubero di 81 giornalisti. Alla fine sono emerse due ipotesi di accordo alternative che azienda, direzione e Cdr hanno condiviso dopo un «lungo e leale» negoziato (così si legge in un documento ufficiale) e che rappresentano «per ognuna delle tre parti e d'intesa tra loro, gli unici e non modificabili percorsi per addivenire a un accordo definitivo relativamente agli strumenti e alle modalità di gestione degli esuberi».

E quindi, su un piatto i contratti di solidarietà sull'altro i prepensionamenti secchi: 59 giornalisti rispetto agli 81 in origine fissati dall'azienda. Nel caso dei contratti di solidarietà, la percentuale di riduzione dell'orario di lavoro era indicata nella misura del 15%, con riduzione riguardante tutti i giornalisti della testata e da effettuare in forma verticale, con durata di 24 mesi con decorrenza (indicativa) dal primo gennaio 2014.

Nel secondo caso, durata del piano di riorganizzazione fissata in 24 mesi e con data di avvio da definire. I giornalisti da prepensionare sarebbero individuati in base al criterio anagrafico fra tutti coloro che nella vigenza del piano avranno compiuto i 60 anni di età.

L'ipotesi disegnata diceva inoltre che «successivamente alle uscite dei giornalisti» prepensionati, l'azienda «si rende disponibile, nel rispetto delle procedure di legge e di contratto, ad assumere 14 giovani giornalisti qualificati individuati dalla direzione, il cui ingresso sarà progressivamente distribuito nel tempo sulla base di un programma definito tra le parti».

E nel caso di ulteriori uscite di giornalisti rispetto alnumerodi 59, l'azienda siimpegna ad effettuare ulteriori assunzioni rispetto a quelle indicate, secondo un rapporto di 1 ingresso ogni 3 uscite. A quanto pare, però, il Cdr della testata non avrebbe avuto unità di vedute ed intenti su come procedere, affidando quindi a una consultazione referendaria interna la scelta dell'una o dell'altra ipotesi, ed ha vinto quella che vuole i prepensionamenti secchi. Ora bisognerà procedere a un accordo definitivo tra azienda e rappresentanza sindacale, ovvero il Cdr dovrà ricorrere a un nuovo referendum.

 

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