OTTANTA NOSTALGIA - DA SANREMO A MATTARELLA: GLI ANNI ‘80 NON SE NE VOGLIONO ANDARE - SI RIVEDONO AL BANO E ROMINA E GLI SPANDAU BALLET. I TENORINI DE “IL VOLO” SEMBRANO I NONNI DI DOMINGO, PAVAROTTI E CARRERAS. E ADESSO TORNA ANCHE COSTANZO...

Michele Masneri per “Il Foglio”

 

AL BANO E ROMINAAL BANO E ROMINA

Aiuto, sono tornati gli anni Ottanta. Non c’è stato solo il festival di Sanremo con il suo effetto-nostalgia molto Dc. “Si parla di un festival democristiano? Ma la Democrazia cristiana non è mai morta, io stesso mi sento ancora di farne parte”, ha detto Pippo Baudo, un’autorità.

 

E nelle pagelle sul Corriere della Sera, Al Bano e Romina Power erano definiti i “Fanfani di Sanremo”; e cosa c’è di più democristiano della parabola yankee-pugliese dei Carrisi, una “Pastorale americana” uguale a quella del romanzo di Philip Roth, con la ricreazione di un universo agreste con trattori e mucche, e poi una figlia disgraziata che porta la guerra in casa; però a Cellino San Marco, con taranta e pizzica.

 

Molto distante dal New Jersey ma a solo sessanta chilometri da Maglie, feudo di Raffaele Fitto, oggi aspirante antagonista del Cav. e figlio di Salvatore, già presidente democristianissimo della regione Puglia dal 1985 al 1988. Insomma, come al solito gli anni Ottanta non se ne vogliono andare.

bacio non dato tra al bano e romina powerbacio non dato tra al bano e romina power

 

E i tre tenorini vincitori sono nipotini di Domingo, Pavarotti, Carreras, che chiudevano il decennio più pop dell’autobiografia della nazione con uno storico concerto a Caracalla a Roma per Italia Novanta, e però sembrano tre notabili Dc, giovani vecchi con una canzone alla Claudio Villa (dodici occorrenze per la parola Amore), in grado di sedurre nonne agricole più che millennial urbane. Però, ancora, eterni ritorni: la famiglia con prole numerosa, scavalcando al centro anche il Santo Padre e Vasco Rossi, “credi che basti avere un figlio, per essere un uomo e non un coniglio?”.

 

E sono lontani i tempi dei gemelli Giannini, quelli della pubblicità del Dixan Fustone del 1984, in cui Enza Sampò andava a magnificare le doti della polvere detergente a casa della madre pluripara (oggi i sei gemelli hanno compiuto i trentacinque anni da una decina di giorni).

 

al bano e romina poweral bano e romina power

Per la cronaca, il pubblicitario immaginifico degli spot Dixan (“Niente lava meglio”) era poi Marco Mignani, lo stesso che inventava la “Milano da bere” per un amaro meneghino poi diventato metafora e simbolo delle boogie nights meneghine, quando si mangiava il risotto foglia-oro di Gualtiero Marchesi e la città era popolata di bocconiani “r-r-rampanti”, ancorché calabresi, come nello sketch da “Drive In” di Sergio Vastano (e “l’unico programma per cui vale la pena di avere la tv” ebbe a dire non proprio un passante, Federico Fellini).

 

Il pubblicitario della Milano da bere era poi lo stesso che nel 1987 per la Dc inventò la campagna “Forza Italia”, come racconta Marco Damilano nel suo “Democristiani immaginari. Tutto quello che c’è da sapere sulla Balena bianca”. Un tentativo sciagurato e forse iettatorio di ravvivare l’immagine del partito, tutta giocata sui temi dell’azzurro, e la fabbricazione dello slogan che poi la estinguerà, un grande regalo poi a Berlusconi che sette anni dopo riprese in proprio quell’immaginario celeste facendo fuori proprio il capodoglio scudocrociato.

 

tony hadley spandau ballettony hadley spandau ballet

Tra Dc e Psi, un anno prima, era il 1993, ad “Avanzi”, su Rai 3, Sabina Guzzanti, quando ancora faceva molto ridere, interpretava una cantante stralunata con accento da Magna Grecia e molto sponsorizzata dalla politica, si chiamava Grazia De Michelis, e veniva imposta dall’alto mettendo subito in chiaro che lei delle sue raccomandazioni era orgogliosa senza se e senza ma, e che il curriculum non era certo prioritario: “Il primo giorno al conservatorio mi hanno detto: la musica è matematica. Mi sono ritirata subito”.

 

Mentre trent’anni dopo, testi molto “su”, e autoriali di gender (“ma questo qui è il mio corpo benché cangiante e strano / di donna dentro un uomo eppure essere umano / Sfogliando le parole di questa età corriva / Divento moralismo e fantasia lasciva / Crisalide perenne costretta in mezzo al guado”) con una Grazia Di Michele vera e orgogliosamente refrattaria al lifting, che però oggi assomiglia tantissimo a un’altra icona anni Ottanta, Maurizia Paradiso, già star della trasmissione “Colpo grosso”, che nessuno osa rifare in remake o sequel.

 

mattarella renzimattarella renzi

Umberto Smaila ha infatti diversificato da tempo, con una decina di locali col brand “Smaila’s”, primo fra tutti quello a Poltu Quatu, in Costa Smeralda. Un altro topos vacanziero che ritorna, ossessivamente: immortalata in “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto”, di Lina Wertmuller, con Giancarlo Giannini disintermediatore che diceva a Mariangela Melato “Sciacquetta, brutta bottana industriale e socialdemocratica”.

 

E l’ultimo aggettivo vintage tornava adesso nelle ultime quirinarie, con uno dei più entusiasti mattarellisti della prima ora, il ministro già di dicasteri vintage come quello della Marina mercantile, Carlo Vizzini, già segretario del Psdi, ad aggirarsi entusiasta nel Transatlantico sponsorizzando coi suoi gessati e le sue cravatte di Hermès d’epoca la candidatura dell’amico Sergio.

 

SMAILA colpo grosso SMAILA colpo grosso

Ma in Costa Smeralda, ecco la crisi Meridiana, con la compagnia dell’Aga Khan, capo degli ismailiti, tribù molto placida e aeronautica tra quelle islamiche, alle prese con esuberi, ricapitalizzazioni, manifestazioni. Forse cannibalizzate da una nuova linea aerea, la Billion Air, che coprirà la rotta Linate-Olbia con un Boeing 737 modificato, solo posti di prima classe e solo 52 poltrone, idea naturalmente dell’imprenditore più anni Ottanta che ci sia, il nostro Donald Trump, cioè in definitiva Flavio Briatore.

 

Idea non nuova, era poi l’Mgm-Grand, la gloriosa linea aerea che negli anni Ottanta collegava con soli due voli giornalieri New York a Los Angeles e poi in definitiva a Hollywood, con soli 33 posti e suite da grand hotel; la prese Truman Capote nel suo ultimo viaggio per andare a morire in California, nel 1984, la prendono sempre tutti i personaggi di Bret Easton Ellis. Invece, voli molto low cost per la prima uscita “in esterna” di Sergio Mattarella, su un Airbus 320 Alitalia, a confermare la preferenza per velivoli poco sibaritici da parte dei potenti Dc.

 

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Ma già un altro presidente dc siciliano (non della Repubblica ma del Consiglio), aveva fatto la sua prima trasvolata a Palermo. Era il 1954, e anche lì subito dopo Sanremo: era Mario Scelba, e se sull’Ariston aveva trionfato “Tutte le mamme” (Son tutte belle le mamme del mondo / quando un bambino si stringono al cuor. Son le bellezze di un bene profondo / fatto di sogni, rinunce ed amor) e il presidente era sceso in Trinacria proprio per omaggiare mammà.

 

Ma il cattolico si distingue sempre per il mezzo di trasporto. Se si ricorda il caso del (laico) presidente del Senato più chic della Repubblica, Carlo Scognamiglio, che fece reintrodurre nel 1994 il treno di stato per una scappata al Forte dei Marmi, una leggenda bresciana voleva invece che Mino Martinazzoli, giansenista dc molto proto-mattarelliano, scendesse col Rapido a Roma; e però a Bologna ferrovieri discreti pare che aggiungessero un vagone misterioso pieno di promesse femminili.

 

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Ma la Dc, specialmente di sinistra, ha sempre avuto una passione per il locomotore, come quello che prende ancora ogni giorno Giovanni Bazoli per il suo tragitto Brescia-Milano, rigorosamente in seconda classe, alzandosi per far sedere viaggiatrici lusingate. Nostalgie di riti sobri dorotei e morotei, ma soprattutto della “Base” dc, quella mattarelliana.

 

Pietro Citati sulla Repubblica nel giugno 1996 si chiedeva che fine avessero fatto i democristiani, “con quel loro profumo di tisane, sonno, sudore, borotalco e marmellata di prugne che intride gli ambienti ecclesiastici” e ci si immagina forse così l’afrore della foresteria della Corte costituzionale ove il non ancora presidente della Repubblica conduceva la sua vita spartana prima di ascendere al Colle.

 

platinette grazia di micheleplatinette grazia di michele

E mentre ci si chiede se la figlia Laura vorrà o non vorrà assurgere a first daughter, ecco in questi giorni memorie dal sottosuolo di altre figlie presidenziali, con il rinvio a giudizio per stalking di un assiduo tormentatore di Marianna Scalfaro, figlia di quello che si sarebbe creduto l’ultimo presidente della Repubblica dc.

 

E’ di qualche giorno fa infatti la chiusura delle indagini da parte della procura di Roma per tale Umberto Bernardini, reo di corteggiamento forse feticistico; episodi risalenti al 2013 quando “la signorina di ferro”, com’era chiamata negli anni del Colle, si è trovata una volta il citofono incendiato, una volta un’immaginetta sacra nella cassetta delle lettere, una volta un pacchetto di sigarette nella medesima cassetta delle lettere.

 

E poi, in un’escalation un po’ “Cinquanta sfumature di Quirinale”, lui le ruba anche i fiori dal pianerottolo, e le lascia i suoi pantaloni, andandosene, prevedibilmente, in mutande. Insomma, stalking d’epoca, romantici, in fondo. Niente a che vedere con i lanci di acidi e le abrasioni più recenti delle cronache contemporanee.

grazia di michelegrazia di michele

 

Così anche al nuovo Quirinale, sebbene “aperto”, si immaginano atmosfere da “Venga a prendere il caffè da noi”, film di Alberto Lattuada su tre sorelle molto mattarelliane che poi conoscono la douceur de vivre grazie a un emissario dell’Agenzia delle entrate (Ugo Tognazzi), il quale teorizza la ricetta dell’uomo felice nelle tre C, “caldo, carezze, comodo”; di massima corrispondenti alle tre B riassunte nel biopic sul meglio pittore ottocentesco inglese Turner, “brodo, balsamo, branda”.

 

Insomma, siamo in una gigantesca cover anni Ottanta, con sfumature dc. E grande successo ha avuto Nek, a Sanremo, classificato secondo ma soprattutto campione di una versione-nostalgia di “Se telefonando”.

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E se si ricorda che già nel 2011 lo stesso Nek aveva presentato a Sassuolo importanti campagne antidroga insieme a Carlo Giovanardi, democristianissimo e assai pop allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, viene soprattutto in mente che il geniale inno pre-WhatsApp “Se telefonando” è opera di Maurizio Costanzo. E lì, altri ritorni, se è vero, come annunciato, che da aprile ritornerà il talk show che vanta innumerevoli tentativi di imitazione.

 

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Trasmesso in 4.391 puntate, per ventisette anni consecutivi dal 1982 al 2009, dunque con un’egemonia superiore a quella democristiana, con personaggi che hanno plasmato gli immaginari successivi più del notabilato dc (il professore di estetica esteticamente svantaggiato Stefano Zecchi, la svampita sexy Sonia Cassiani, il Generale e la moglie).

 

Tornerà tutto questo? Di sicuro si sa che ci sarà un’orchestrina, sarà trasmesso da uno studio televisivo vero e non “dal Teatro Parioli in Roma”, con quel voice over che ci faceva sentire tutti, anche nelle province più sperdute, al centro del paese. Tornerà tutto questo, o forse non se n’è mai andato: in fondo, Costanzo non è mai scomparso, ma negli ultimi anni si è inventato “S’è fatta notte”, un mini talk show da camera, ambientato in un finto bar di un finto paese, con ospiti crepuscolari e Enrico Vaime. In fondo siamo sempre tutti fermi al nostro Cellino San Marco interiore.

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