la mostra diva al victoria and albert museum di londra

VIVA LA DIVA! - IL VICTORIA AND ALBERT MUSEM DI LONDRA PRESENTA LA MOSTRA "DIVA", IN CUI SI CELEBRA LO STILE DELLE GRANDI PROTAGONISTE DI OPERA, CINEMA E MUSICA - TRA I 250 OGGETTI ESPOSTI, ALCUNI DEI LOOK CHE HANNO SEGNATO LA STORIA DELL'INTRATTENIMENTO, DA MARIA CALLAS A MARILYN MONROE, PASSANDO PER TINA TURNER, CHER, GRACE JONES, WHITNEY HOUSTON E PERSINO LIZZO...

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Estratto dell'articolo di Valeria Arnaldi per “il Messaggero”

 

[…]. Piccoli vezzi, a volte capricci, e molte regole di stile: c'è anche il guardaroba tra i segreti delle dive. Studiato a favore di telecamera, concepito per sedurre oltre lo schermo, ideato per valorizzare la silhouette ma, soprattutto, indossato per mostrare personalità, temperamento, anche ambizioni.

 

A raccontare la magia dell'abito da star è la grande mostra Diva, la prima dedicata al tema, che si aprirà il 24 giugno al Victoria and Albert Museum, a Londra, dove sarà visitabile fino al 7 aprile del prossimo anno. Oltre duecentocinquanta gli oggetti esposti, provenienti dal patrimonio del museo e da collezioni nel mondo, che spaziano tra moda, fotografia, design, costumi ben sessanta - anche spartiti e registrazioni, in un viaggio che dalle grandi voci dell'Opera passa alle icone del cinema, a partire dal muto, fino ad arrivare alla musica, tra rock e pop.

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LA VISIONE

 «Oggi la parola diva racchiude una miriade di significati. Al centro di questa mostra c'è una storia di artisti iconici che con creatività, coraggio e ambizione hanno sfidato lo status quo e hanno usato la loro voce e la loro arte per ridefinire e rivendicare la diva», dice la curatrice Kate Bailey.

 

 In un percorso nel tempo e nei look, che è anche indagine dei cambiamenti sociali e del "potere" delle dive di influenzarli si spazia dalla prima couture parigina della soprano Adelina Patti, mai esposta finora, al costume in perline indossato da Theda Bara per il film perduto Cleopatra, girato nel 1917, dall'unico vestito rimasto di Clara Bow fu l'immagine dell'attrice a ispirare, nel 1930, il personaggio animato di Betty Boop dalle linee inusitatamente sexy all'abito da sera di Margot Channing in Eva contro Eva, nel 1950, disegnato da Edit Head e indossato da Bette Davis, nonché il costume di Norma per Maria Callas, nella produzione della Covent Garden Opera Company due anni dopo. E molto ancora, come l'indimenticabile abito nero con frange di Marilyn Monroe, in A Qualcuno piace caldo, nel 1959.

 

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[…] Fu Bob Mackie a disegnare il "flame dress" di Tina Turner - l'unica regola per Mackie era «non coprire nulla» per valorizzare la sua fisicità, le gambe e l'energia. […] Nell'iter anche lo stile secondo Cher, Grace Jones, Whitney Houston, il completo di Shirley Bassey a Glastonbury -[…]E tanti ancora.

 

LO STILE

L'abito non fa il monaco, è storia nota, ma di certo aiuta la star, in scena e nella vita, perché, di fatto, una vera diva dal palco non scende mai, consapevole del "sogno" che ha contribuito a creare. «È la diva a fare l'abito, non l'abito a fare la diva», commenta Gabriele Mayer, maestro dell'arte del costume, che ha vestito star italiane e straniere, realizzando creazioni divenute cult.

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«Vestire una diva significa rappresentarne personalità e carattere. Penso all'abito di Anita Ekberg nella scena di Fontana di Trevi o quello plissettato di Marilyn Monroe e altri. Indossati da altre donne non avrebbero fatto lo stesso effetto. Oggi, su Instagram si vedono creazioni preziose, riccamente ricamate, pensate come capi da star, ma indossate da modelle. E da lì a diventare una diva, di strada ce ne vuole. E molta. Bisogna portare il proprio temperamento nel vestito e dipende anche da come viene adoperato, dal modo in cui ci si muove e molto altro».

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Ma oggi, le "dive" ci sono ancora? «Tutto ormai è omologato. Si vedono abiti bellissimi nei red carpet e via dicendo, ma per fare una diva deve esserci altro», afferma Mayer. «[…]Adesso ci sono tante attrici, ma poche star. Le dive sono altro, senti qualcosa di diverso quando le vedi, una speciale empatia, fanno venire la pelle d'oca. Oggi non ci sono più». Valeria Arnaldi

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