ARMI CHIMICHE! - E OBAMA SI PREPARA ALL’INVASIONE DELLA SIRIA? CHE FANNO PUTIN E IRAN?

Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"

Un altro passo. Importante, pur frenato da qualche distinguo. Gli americani hanno riconosciuto che Bashar Assad ha usato armi chimiche in Siria. Due volte, ha detto il segretario di Stato Kerry. Su «piccola scala», si è affrettato a precisare il responsabile della Difesa Chuck Hagel consapevole delle implicazioni.

La Casa Bianca, che ha già informato il Congresso, ha più volte affermato che l'uso dei gas avrebbe aperto una risposta dura: un intervento militare nel conflitto. «Tutte le opzioni sono sul tavolo», è stata la frase di rito dei funzionari Usa. In caso di conferme «saranno decisi passi in coordinamento con gli alleati».

Hagel ha rivelato che l'intelligence ha raccolto dati interessanti che vanno esplorati, elementi recuperati sul terreno e nel sangue delle persone colpite dai gas. I test iniziali hanno rilevato la presenza del sarin, sostanza tossica che agisce sul sistema nervoso. Il capo del Pentagono, però, ha aggiunto che «servono altre prove». Gli Stati Uniti vogliono capire come le persone siano state «esposte» alle armi chimiche e lo hanno anche indicato nella comunicazione al Congresso.

Un modo per guadagnare tempo e, contemporaneamente, evitare gli errori commessi in Iraq con le armi di distruzione di massa. In teoria - molta teoria - le vittime potrebbero essere state contaminate durante un assalto ad un deposito militare e non per un bombardamento diretto da parte del regime. Scenario a cui nessuno crede che però va eliminato con sicurezza.

Nelle prossime ore e giorni toccherà agli 007 fornire il «certificato». Si era pensato anche ad un coinvolgimento dell'Onu che ha, da tempo, un team di esperti parcheggiato a Cipro e pronto a condurre un'indagine autonoma in Siria, ma Damasco non ci pensa proprio. Chi ha pochi dubbi sono gli oppositori. In base alle loro informazioni, Assad avrebbe sferrato attacchi con le armi proibite in almeno tre località. Homs, Aleppo e una zona vicino alla capitale. Azioni che sono costate la vita, almeno in un'occasione, a 22 persone.

Le dichiarazioni di Hagel non rappresentano una sorpresa e appaiono come l'ultimo passo su un sentiero aperto da altri. Gran Bretagna e Francia hanno affermato per prime di essere in possesso di prove. «Limitate ma convincenti», ha ribadito Londra. Poi è toccato all'intelligence israeliana che, pubblicamente, ha accusato Assad in modo diretto. Nel mezzo, una significativa attività statunitense.

Il Pentagono ha annunciato, pochi giorni fa, l'invio di 200 soldati in Giordania, un'avanguardia di quello che potrebbe diventare - se arriverà un ordine - un contingente molto più robusto. Si è parlato di circa 20 mila uomini, con le basi giordane a fare da trampolino.

Proprio il regno hashemita ha un ruolo chiave. Intanto perché ha favorito l'attività semi-clandestina della Cia, insieme a servizi alleati, in sostegno di formazioni armate siriane «moderate». Centinaia di guerriglieri, addestrati, armati grazie al denaro dei Paesi del Golfo, poi rispediti a battersi contro l'esercito di Assad. Un intervento con doppia chiave: aiutare la resistenza e contenere la componente qaedista sempre più forte. Voci, peraltro smentite, hanno parlato anche dell'autorizzazione giordana a voli di ricognizione da parte dei droni israeliani impegnati nel tenere sotto sorveglianza la Siria.


E a proposito di droni, l'aviazione israeliana ha annunciato di aver abbattuto un velivolo senza pilota degli Hezbollah. Un «fatto grave» ha commentato il premier Netanyahu, smentita totale invece dal movimento sciita.
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Secondo fonti militari di Gerusalemme due caccia lo hanno intercettato, sul mare, al largo di Haifa. Forse il movimento guerrigliero libanese, impegnato al fianco di Assad con uomini e risorse, ha voluto creare un diversivo. Molti dei suoi combattenti sono caduti nelle ultime ore durante una battaglia feroce a Qusayr contro i ribelli siriani.

 

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