TOGHE ROTTE – DAVIGO LASCIA MAGISTRATURA INDIPENDENTE CONTRO LA “SUDDITANZA DALLA POLITICA” E IL RUOLO-OMBRA DI COSIMO FERRI – PRONTA UNA SCISSIONE NELLA CORRENTE MODERATA DEI MAGISTRATI
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Con un po’ di enfasi, qualcuno aveva sostenuto che l’eventuale elezione di Piercamillo Davigo alla presidenza di Magistratura indipendente sarebbe stato come issare la «bandiera della legalità» sul pennone della corrente moderata dei giudici. Quella considerata più a destra, e ora all’opposizione, all’interno dell’Associazione nazionale magistrati. Ebbene, quella bandiera è rimasta ammainata fino ad essere ripiegata e portata via dallo stesso Davigo, il quale ha prima ritirato la propria candidatura e poi annunciato l’abbandono della corrente. Al quale probabilmente seguiranno altri addii e la nascita di una nuova corrente.
Al posto dell’ex pubblico ministero divenuto vent’anni fa uno dei simboli di Mani Pulite, l’assemblea di Mi ha scelto Giovanna Napoletano, presidente di Corte d’assise a Santa Maria Capua Vetere che rivendica la propria figura di «giudice di tutti i giorni lontana dai riflettori», pronta a rappresentare, «con la tenacia e la caparbietà tipica delle donne, tutti quei magistrati dalla schiena dritta pronti a farsi sventolare come vessilli di legalità».
Polemiche sulle bandiere a parte, nell’anima più conservatrice dell’Anm s’è consumato lo strappo avviatosi con le lacerazioni di due anni fa, quando il leader Cosimo Ferri passò dalla guida del gruppo al ministero della Giustizia, sottosegretario del governo Letta in quota Berlusconi; poi Forza Italia uscì dalla maggioranza ma Ferri rimase nel governo, anche con Renzi. Lo scorso anno, senza curarsi granché della confusione tra i ruoli, fece propaganda per due suoi amici candidati al Consiglio superiore della magistratura (poi risultati tra i più votati), Renzi definì la vicenda «indifendibile» ma dimenticò tutto in fretta, lasciandolo al suo posto.
Il fatto che Ferri continuasse a esercitare il doppio incarico di sottosegretario e capocorrente ha alimentato la polemica interna, esasperando le divisioni che ora hanno portato alla frattura definitiva.
«Il problema, per me, non fu la scelta di Ferri, bensì le congratulazioni e gli applausi che ricevette tra gli aderenti», spiega Davigo che intendeva dare un significato unitario alla propria candidatura, sostenendo la «necessaria differenziazione tra magistratura e politica, che devono dialogare senza sudditanza, mentre in questa fase io registro una certa sudditanza». Altra questione: «Se ci si deve adeguare alle direttive del segretario come fossimo in un soviet supremo, non c’è possibilità di confronto, io non posso più restare».
Nel frattempo il blog di Beppe Grillo annuncia l’adesione del magistrato alla prossima «Notte dell’onestà»: «In condizioni normali queste manifestazioni sarebbero superflue ma in una realtà come quella italiana dov’è stato stracciato il velo dell’ipocrisia, sono indispensabili».
Sull’altro fronte, i vittoriosi si rammaricano per l’addio di Davigo, ma considerano l’atteggiamento suo e dei suoi sostenitori «intollerabile nel metodo e nei contenuti», come affermano la neopresidente Napoletano e il neosegretario Antonello Racanelli. Quest’ultimo non aveva rivali, è passato dal Csm alla segreteria, facendo il percorso inverso di Lorenzo Pontecorvo, ex segretario eletto al Csm (era uno dei due sponsorizzati da Ferri).
Proprio Pontecorvo s’è scagliato con veemenza contro Davigo e i suoi sostenitori: «Ci avete scomunicato accusandoci di essere eterodiretti, e ora chiedete i nostri voti; protagonismi e individualismi non sono ammissibili, ci vuole disciplina interna».
Il nuovo leader Racanelli rivendica il legame con Ferri ma definisce «semplicemente falsa» ogni ipotesi di collateralismo col governo Renzi: «Siamo e rimaniamo i più severi critici di certe iniziative, a cominciare dal taglio delle ferie. Allo stesso tempo però rimaniamo critici contro l’attuale dirigenza dell’Anm, e non vogliamo fare da stampella a una gestione sbagliata e in grave crisi».
A favore di Davigo s’erano schierati altri nomi noti della magistratura, dal procuratore generale di Torino Maddalena al procuratore dell’Aquila Cardella, dall’ex presidente del gruppo Schirò all’ex componente del Csm Pepe, passando per uno dei quattro rappresentanti nell’attuale organo di autogoverno: Aldo Morgigni, che oggi comunicherà l’uscita dal gruppo. Preludio alla scissione e alla formazione di una nuova corrente che si chiamerà «Autonomia e indipendenza». E probabilmente di nuovi equilibri interni al Csm e di future alleanze; è un particolare per nulla irrilevante alla vigilia di centinaia di nomine ai vertici degli uffici giudiziari in tutta Italia.