FISCHIA IL VENDOLA DELLA SCONFITTA - ALTRA REGOLA DEL TAFAZZISMO DE’ SINISTRA: PARLARE SEMPRE AL NEGATIVO - MENTRE IL BANANA LANCIA SOLDI (FINTI) DALL’ELICOTTERO, VENDOLA GRIDA A BERSANI: “COSÌ RISCHIAMO DI PERDERE!” - PER NON FARSI SCAVALCARE DA INGROIA, DEVE ATTACCARE MONTI, IL “GRILLO CON IL LODEN”, MENTRE IL PD OGNI GIORNO PREPARA L’ACCORDO POST-ELEZIONI - OGGI TOCCA ANCORA A D’ALEMA: “UNIREMO MONTI E SEL” (CIAO CORE)…

1- LA RABBIA DI VENDOLA: COSÌ RISCHIAMO DI PERDERE
Alessandro Trocino per www.corriere.it

«Così ci fa perdere le elezioni. Se il giochino è quello di annacquarci glielo faremo saltare». Il soggetto è ovviamente Pier Luigi Bersani e il «ci» si riferisce a Sel ma anche al centrosinistra. Nichi Vendola non ha preso affatto bene l'uscita berlinese del segretario del Pd. La ragione ufficiale è l'incompatibilità dichiarata e reiterata con il programma di Mario Monti e dei centristi.

Ma il timore vero è che l'entrata del centrosinistra nel raggio d'azione del professore «idrovora», come lo chiama, finisca per togliere credibilità al suo partito, minando il puntello di sinistra della coalizione. Con il risultato di avvantaggiare Antonio Ingroia e la sua Rivoluzione Civile e di togliere appeal alla proposta di Sel, già tacciata di contiguità con i centristi: «Sarebbe un suicidio per il centrosinistra, non solo per noi».

Dunque la partita vera si gioca ora, in campagna elettorale, e non riguarda tanto le alleanze del post. Perché è evidente che nel caso di una «vittoria mutilata» della coalizione, l'unico modo per non tornare alle urne sarebbe una forma di intesa con le truppe centriste. La speranza di Vendola è quella di sventare il pericolo, cercando di convincere gli elettori di sinistra che l'unico modo per non cedere a compromessi con il centro è quello di ottenere un successo pieno.

La sortita di Bersani, in realtà, non è nuova e negli ambienti vendoliani si tende a non sopravvalutarla, al di là delle dichiarazioni ufficiali. Del resto quelle parole il segretario le ha ripetuto spesso e rientrano nel gioco delle parti. Si fa notare anche che gli inviati a Berlino delle agenzie, non seguendo regolarmente Bersani, avrebbero enfatizzato le sue parole, considerandole come una novità.

Quello che è certo è che Vendola è costretto ad alzare il tiro contro Monti per poter uscire dall'angolo. Lo ha capito già da qualche giorno. E così sono partiti gli attacchi al Professore che aspira ad essere «la badante di Bersani», alla sua «Agendina», alla «sciatteria dei tecnici». Monti diventa così il Nemico, «un Grillo con il loden»: tentativo da un lato di rassicurare gli elettori di sinistra, dall'altro di esorcizzare la possibilità di un'alleanza postelettorale, rendendo irreversibile la spirale delle incompatibilità.

Tutto dipenderà dalle percentuali, ma intanto Vendola spara contro i centristi, provando a indebolirli. Ieri ha preso di mira tre simboli del centro: Paola Binetti, icona antigay; Pier Ferdinando Casini, sempre pronto ad accusarlo di «marxismo-leninismo»; e Pietro Ichino, simbolo di un riformismo sul lavoro visto come il fumo negli occhi.

A sinistra, Ingroia lo incita: «Convinciamo insieme Bersani ad abbandonare il tecnocrate». Vendola - che dietro la sua affabulazione retorica è persona pragmatica - non è affatto convinto che possa nascere un governo puro di sinistra. Ma non ha intenzione di sparare contro Ingroia per recuperare voti. E così lancia messaggi di pace: «La sinistra ha la pessima abitudine di insultarsi quando si divide. Io invece faccio gli auguri a Ingroia e a tutti i suoi alleati».


2- VENDOLA COSTRETTO A CONDURRE UNA BATTAGLIA ANCHE CONTRO GLI AMICI
Riccardo Barenghi per "la Stampa"

Quando uno scommette tutto quel che ha e perde, perde appunto tutto. E' questa la situazione, potremmo anche dire lo stato d'animo, in cui si trova oggi Nichi Vendola. Cinque anni fa venne sconfitto al congresso di Rifondazione comunista proprio perché lui voleva a una sinistra sì radicale ma di governo, mentre il suo avversario, Paolo Ferrero, la voleva solo radicale.

Con Vendola, all'epoca, e per diversi anni a seguire, c'era anche Bertinotti. Che però adesso si è dissociato proprio perché non condivide il progetto. Pensa, l'ex presidente della Camera, che in questa situazione politica, economica e internazionale andare al governo significa non poter far nulla se non obbedire agli ordini della Merkel e, in Italia, dei cosiddetti poteri finanziari incarnati da Monti. E così, Fausto ha detto addio al suo ex pupillo.

Ma Vendola non si è scoraggiato, crede ancora nel suo progetto al quale ha dato le gambe di un partito nato dal nulla, Sel. Ha insistito fino alla morte sulle primarie e alla fine le ha ottenute. Si è sostanzialmente immolato in quella competizione sapendo che sarebbe arrivato terzo solo perché altrimenti Bersani avrebbe rischiato di perdere contro Renzi.

Ha creduto in un accordo di legislatura con il Pd e - per ora - l'ha ottenuto. Ha giocato la carta del suo buon governo pugliese per dimostrare che lui non è un estremista e garantisce la stabilità. E in questa corsa estenuante verso un voto anticipato arrivato molto tardi rispetto alle sue aspettative, la sua immagine si è un po' sbiadita e i suoi consensi sono calati. Tuttavia non intende mollare la presa.

Ma la maniglia che deve tirare ogni giorno, ogni ora, è sempre più viscida, come se venisse continuamente cosparsa d'olio da quelli che additano Vendola come il Problema, l'Inaffidabile, colui che se andasse al governo provocherebbe un cataclisma sui mercati e nei rapporti con l'Europa. Sono i suoi avversari, ovviamente, da Berlusconi a Monti, a Casini. Ma sono anche i suoi alleati, o almeno alcuni di loro, che nell'ombra spingono Bersani a mollare dolcemente Nichi al suo destino per voltarsi dalla parte di Monti.

E' l'accordo di Bersani con il Centro che sta monopolizzando l'attenzione della campagna elettorale, accordo che Vendola vede ovviamente come fumo negli occhi. Lui considera Monti un avversario, non certo un possibile alleato del futuro, pensa che sia un uomo di destra, una destra diversa da quella berlusconiana ma pur sempre destra. E' stato contro il governo del Professore e tutti i suoi provvedimenti, dalle pensioni al lavoro. Immaginarsi al governo insieme a lui è il suo incubo.

Incubo che purtroppo gli viene alimentato anche dal suo partner Bersani, che non perde occasione per lanciare segnali distensivi proprio a Monti in vista di una futura collaborazione al governo. Anche nel caso in cui il centrosinistra ottenesse la maggioranza al Senato, il famoso discorso del 51% che dovrebbe comportarsi come il 49. E non è certo consolante per lui che dopo aver tirato il sasso Bersani nasconda la mano, dichiarando che «Vendola non si tocca». Peccato che ormai venga toccato ogni giorno.

Il leader di Sel può sperare di svegliarsi da quest'incubo solo grazie al responso delle urne, a condizione che molti più elettori di quanti risultino dai sondaggi di questi giorni scelgano il centrosinistra(il Pd ma soprattutto Sel, i rapporti di forza tra i due partiti conterebbero non poco), scongiurando così il pericolo del pareggio in Senato. E dunque l'inevitabile alleanza con Monti e il probabile passaggio di Vendola all'opposizione.

Se andasse così, e al momento nulla fa pensare che così andrà, Vendola avrà vinto la sua scommessa. Solo la prima però. La seconda sarà ancora più difficile e si chiama governo del Paese. Bertinotti nel 2006 vinse la prima ma perse la seconda.


3- ELEZIONI: D'ALEMA, SI' A MONTI MA SEL IRRINUNCIABILE
(ANSA) - "L'unica maggioranza in grado di dare una prospettiva al Paese e di rappresentare con forza l'Italia nello scenario internazionale è una maggioranza ampia, rappresentativa e guidata dal Pd. Ma - fattore decisivo di cui Monti ancora fatica a prendere consapevolezza - deve essere una maggioranza che comprenda anche la sinistra perché deve assolutamente fare anche cose di sinistra".

L'ex premier Massimo D'Alema, intervistato dal Messaggero, auspica un rapporto tra progressisti e moderati ma non a scapito dell' alleanza con Sel, perché la maggioranza post voto "dovrà avere come bussola l'equità sociale". "La prospettiva di governo che offriamo al vaglio degli elettori non si fonda sulla sommatoria di un pulviscolo di sigle bensì è imperniata su un grande partito, il nostro. La vera scommessa delle elezioni sta qui, nella possibilità del Pd di affermarsi come elemento di garanzia della stabilità e anche della possibilità di realizzare una maggioranza ampia", afferma D'Alema, secondo cui "non c'é alternativa", perché "l'altra strada vedrebbe prevalere la frammentazione che esporrebbe il Paese a rischi drammatici. Non a caso - sottolinea - è la prospettiva sulla quale punta Berlusconi".

"Se prende corpo uno scenario in cui il voto si disperde nei vari rivoli della protesta, ci ritroveremmo Berlusconi e la Lega che con il 28% dei voti si accaparrano il premio di maggioranza", evidenzia D'Alema. "Sarebbe il crollo del Paese. E' necessario richiamare tutti alle proprie responsabilità". Per l'ex premier "sbaglia chi indica in Sel e nella Cgil il vero pericolo per l'Italia". Nella Puglia di Nichi Vendola "c'é un governo fortemente innovativo", e "non è immaginabile che chi è forte del 12% di consenso nel Paese decida di governare contro un sindacato che ha più iscritti dei voti che quello schieramento può prendere".

Nell'intervista D'Alema evidenzia le criticità della campagna elettorale, dove "il Pd è entrato troppo convinto di aver già vinto le elezioni. Bersani c'é, fa la sua parte, è credibile e affidabile, ma l'ho visto un po' troppo solo", dice. "Serve uno scatto, che non può che essere nella direzione della ripresa di contatto con i cittadini".

 

vendola bersani vignetta BERSANI-MONTI-VENDOLA BY VINCINONICHI VENDOLA E PIERLUIGI BERSANI VENDOLA BERSANI berlusconi bersani INGROIA jpegANTONIO INGROIA CON IL SIMBOLO DELLA SUA LISTA MARIO MONTI CON IL SIMBOLO MARIO MONTI AL TRUCCO BEPPE GRILLO DURANTE UN COMIZIOBEPPE GRILLO AD UN COMIZIO logo cinque stelle

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