1- ‘’MONTY PHYTON’’ È SICURAMENTE IL SOPRANNOME MIGLIORE AFFIBBIATO A TONTI DEI MONTI 2- “FULL MONTI” HA DOVUTO ACCETTARE IL RITO ROMANO COMPRESA LA MESSA DOMENICALE 3- ‘GHE PENSI MÌ’ DI BERLUSCONA MEMORIA A ROMA NON FUNZIONA. ‘’MONTY PHYTON’’ PENSAVA DI VARARE IL GOVERNO IN POCHE ORE. SE TUTTO VA BENE SI ARRIVA A MERCOLEDÌ CON FIDUCIA DELLE CAMERE IN SETTIMANA (L'AUTOCANDIDATURA DI EMMA BONINO) 4- MONTI CHI? NEL 1989, A SOLI 46 ANNI, MARIO MONTI SEDEVA GIÀ NEL CDA DI TRE PILASTRI DEL CAPITALISMO NAZIONALE COME LA FIAT, LA BANCA COMMERCIALE (COMIT) E LE GENERALI 5- L'ITALIA SARÀ IL PRIMO PAESE AL MONDO AD AVERE UN PREMIER CHE FA PARTE SIA DELLA TRILATERAL E DEL BILDERBERG GROUP, LE DUE SUPERLOBBY GLOBALI PIÙ INFLUENTI 6- AMICO DI AGNELLI E DEL BERLUSCONE ERMOLLI, UN NOME CHE DÀ LUSTRO A CDA, ASSOCIAZIONI, CENTRI DI RICERCA. CHI S'AZZARDA A NON DIRNE PIÙ CHE BENE?

1- DAGOREPORT

- MONTY PHYTON
Monty Phyton è sicuramente il soprannome migliore affibbiato a Tonti dei Monti. In questo momento non c'è nessun meglio di lui come interprete di questa politica demenziale in salsa italiana. Il futuro del Professor Bocconcino è assicurato. Sarà il settimo Monty Phyton.

- GALAN INCAZZATO
Chi è l'ex ministro più incazzato di tutti? Giancarlo Galan perchè non è parlamentare, né consigliere regionale.

- GUERRA PER BANDE AL CORRIERE
Piazza Venezia contro via Solferino, redazione romana contro redazione milanese. Al Corriere della Sera è guerra per bande per chi dovrà essere il portavoce di Tonti dei Monti.

- IL RITO ROMANO VINCE ANCORA
Tonti dei Monti ha dovuto accettare il rito romano compresa la messa domenicale con telecamere al seguito. ‘Ghe pensi mì' di berlusconiana memoria a Roma non funziona. Il Professor Bocconcino pensava di varare il governo in poche ore. Se tutto va bene si arriva a mercoledì con fiducia delle Camere in settimana. Ghe pensan li altri

- L'AUTOCANDIDATURA DI EMMA BONINO LA VESTALE
Emma Bonino si concede alle telecamere di Sky, Telekabul del Terzo Millennio, annunciando che nel governo di Tonti dei Monti i politici ci devono mettere la faccia. Lei ci mette la faccia e la lingua. La presa di posizione della Vestale di Pannella in vestaglia suona infatti come un'autocandidatura per il ministero delle Politiche Comunitarie.

- IL NUOVO IDOLO DELLA SALUZZI È TONTI DEI MONTI
Paola la Rossatinta di Sky dopo Roberto Zaccaria e Gianfranco Fini ha un nuovo idolo: è Monti Phyton. Nel suo camera con bagno pomeridiana in onda nel pomeriggio sulla rete italiana dello Squalo sdentato, Saluzzi ogni tre parole tesse le lodi di Tonti dei Monti, battendo tutti i colleghi nell'operazione lecca-lecca. Il suo contratto è in scadenza?

2- MARI & MONTI, DALLE LOGGE FINANZIARIE ALL'OSSERVANZA CATTOLICA, DALLA FIAT ALLE COMMISSIONI MINISTERIALI
Vittorio Malagutti per "il Fatto Quotidiano"

Nel 1989, a soli 46 anni, un'età da ragazzino per la gerontocrazia italiana, Mario Monti sedeva già nel consiglio di amministrazione di tre pilastri del capitalismo nazionale come la Fiat, la Banca Commerciale (Comit) e le Assicurazioni Generali. Se poi davvero questo professore dal sorriso mite e il curriculum sterminato riceverà il via libera del Parlamento, l'Italia sarà il primo Paese al mondo ad avere un capo del governo che fa parte allo stesso tempo del comitato esecutivo della Trilateral e del Bilderberg group, considerati come due superlobby globali più influenti di stretta osservanza liberista.

Detto questo, pare quasi banale affermare che il successore di Silvio Berlusconi è da sempre ospite gradito nei salotti della grande finanza. In realtà, il nuovo premier non si è mai ridotto a fare da semplice stampella dei cosiddetti poteri forti tanto evocati, spesso a sproposito, nelle ultime settimane. Troppo abile per farsi coinvolgere. Troppo prudente per entrare in conflitto con qualcuno. Va da sé che il rettore della Bocconi (1989-1994) e poi presidente del consiglio di amministrazione della più prestigiosa università economica del Paese, diventa una specie di icona intoccabile.

Un nome che dà lustro a consigli di amministrazione, associazioni, centri di ricerca. E allora chi s'azzarda a non dirne più che bene? Scontato. Monti però ha fatto di meglio. E di più. Smussare gli angoli. Attutire contrasti e polemiche. Queste le regole auree di una brillantissima carriera prima da economista e poi anche da tecnocrate al servizio dell'Unione europea dove è stato commissario tra il 1994 e il 2004. E così adesso riesce difficile collocare Monti in un'ideale mappa dei poteri forti del capitalismo.

Come responsabile della concorrenza della commissione Ue, non esitò a portare alla sbarra il governo di Berlino con l'accusa di aver elargito aiuti pubblici illegali per miliardi di euro alle casse di risparmio tedesche. Vinse la partita, ma si attirò i sospetti di chi lo accusava di tutelare più del dovuto gli interessi della City di Londra ai danni del blocco finanziario renano.

Ironia della sorte, adesso c'è chi va raccontando che lo sponsor principale del nuovo capo del governo di Roma sarebbe proprio la Germania di Angela Merkel. A dire il vero, nel recente passato gli applausi sono arrivati soprattutto da Londra. Non per niente il britannico Financial Times, sempre così severo con Romano Prodi ai tempi della sua presidenza della Ue, ha invece usato i guanti bianchi con l'altro commissario italiano.

Il fatto è che in quarant'anni di carriera all'ombra di santuari del capitalismo, l'ex rettore della Bocconi è stato bene attento a non farsi cucire addosso una targa di appartenenza. Con Carlo De Benedetti, editore del gruppo L'Espresso-Repubblica, nonché tessera numero uno del Pd, in passato non c'è mai stata grande affinità, nonostante le reciproche attestazioni di stima. D'altra parte l'uomo che ha preso il posto del Cavaliere rappresenta quanto di più lontano si possa immaginare dal berlusconismo.

Temperamento e cultura lo rendono di fatto un alieno rispetto al mondo Fininvest. Porte sbarrate? Macché. Le comuni origini varesine legano Monti a Bruno Ermolli, uno dei più ascoltati consulenti di Berlusconi. E con ogni probabilità proprio Ermolli, nei giorni concitati che hanno preceduto la caduta del governo, ha giocato un ruolo importante per convincere il presidente a lasciare campo libero al nuovo esecutivo tecnico.

Adesso, da presidente del Consiglio, il cattolico Monti ha buone carte da giocare anche con il Vaticano. In passato, però, l'ex commissario europeo non ha mai fatto un passo verso la finanza bianca, lo schieramento idealmente guidato dal presidente di Intesa, Giovanni Bazoli. Anzi. La sua carriera si è in gran parte svolta all'ombra dei Palazzi della borghesia laica milanese, un triangolo che comprende Comit, Bocconi, Corriere della Sera, il quotidiano di cui è editorialista da oltre 25 anni.

Non solo Milano, però. Amico personale di Giovanni Agnelli, nel 1988 Monti venne chiamato nel consiglio di amministrazione della Fiat. Anni durissimi, quelli, per la multinazionale dell'auto, scossa dalla battaglia tra Umberto Agnelli, fratello dell'avvocato, e l'amministratore delegato Romiti. Peggio: i bilanci grondavano debiti e perdite. Le irregolarità nei bilanci di quegli anni portarono, in piena Tangentopoli, a un processo conclusosi nel 1997 con la condanna di Romiti, poi revocata nel 2009. Monti, che era anche nel comitato esecutivo dell'azienda, lasciò l'incarico nel 1993.

Fu solo una parentesi, perché la grande passione, anche accademica, del professore bocconiano sono sempre state le banche. Già nel 1982, da presidente di una commissione di nomina governativa (ministro Nino Andreatta) formulò una proposta di riforma del sistema creditizio. In quel periodo Monti era già approdato come consulente all'ufficio studi della Comit dove stringe un sodalizio con il banchiere Sergio Siglienti, il cugino di Enrico Berlinguer, pupillo del padre padrone dell'istituto Enrico Mattioli, erede della tradizione laico-azionista che per decenni ha dettato legge nella banca di piazza Scala.

Siglienti farà carriera fino a diventare presidente, ma se ne va nel 1994 in polemica con l'allora numero uno dell'Iri Romano Prodi che con una privatizzazione mal gestita aveva di fatto consegnato la banca nelle mani della Mediobanca di Enrico Cuccia. Anche Monti, che era semplice consigliere d'amministrazione, dopo essere stato vicepresidente tra il 1988 e il 1990, preferì fare le valigie. Di lì a poco il rettore della Bocconi spiccò il volo verso Bruxelles, su nomina del primo governo Berlusconi, e non entrò mai più nel consiglio di amministrazione di una società italiana. Non si sono mai interrotti, invece, i suoi editoriali sul Corriere della Sera. Tutti pacati, prudenti, equilibrati. Manco a dirlo.

 

MARIO MONTI PIERGAETANO MARCHETTI GIANCARLO GALAN PAOLA SALUZZI EMMA BONINO club bilderbergANGELA MERKELCARLO DE BENEDETTITREMONTI MENO DUE MONTI GIANNELLI SMONTI MONTI REVOLUTION MARIO MONTI PRESEPE

Ultimi Dagoreport

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO

carlotta vagnoli flavia carlini

COME SIAMO POTUTI PASSARE DA ELSA MORANTE E MATILDE SERAO A CARLOTTA VAGNOLI? È POSSIBILE CHE SI SIA FATTO PASSARE PER INTELLETTUALI DELLE FEMMINISTE INVASATE CHE VERGAVANO LISTE DI PROSCRIZIONE ED EVOCAVANO METODI VIOLENTI E LA GOGNA PUBBLICA DIGITALE PER “FARE GIUSTIZIA” DEI PROPRI NEMICI? LA CHIAMATA IN CORREITÀ DEL SISTEMA EDITORIALE CHE HA UTILIZZATO QUESTE “VEDETTE” LETTERARIE SOCIAL DA MILIONI DI FOLLOWER PER VENDERE QUALCHE COPIA IN PIÙ – VAGNOLI PUBBLICA PER EINAUDI, FLAVIA CARLINI HA VERGATO UN ROMANZO INCHIESTA SULL’ITALIA DEL GOLPE INFINITO PER SEM (FELTRINELLI) . MA SULLA BASE DI COSA? BASTA AVERE UN MINIMO SEGUITO SOCIAL PER ESSERE ACCREDITATI COME SCRITTORI O DIVULGATORI?

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DISGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…