1- OBAMA TERRORIZZATO DALLA POSSIBILE FUGA DEI RISPARMIATORI DALLE BANCHE EUROPEE 2- A WASHINGTON IL MINISTRO DEL TESORO USA, TIM GEITHNER, LANCIA L’ALLARME “BANK RUN” AGLI EUROPEI: “DOVETE MOLTIPLICARE LE RISORSE DELL'EFSF, IL FONDO “SALVA STATI”. DOVETE TOGLIERE DAL TAVOLO LA MINACCIA DI "DEFAULT" A CASCATA, DOVETE SCONGIURARE UNA FUGA DALLE BANCHE. UNA MINACCIA PER L’ECONOMIA MONDIALE” 3- TUTTI D’ACCORDO ECCETTO WOLFGANG SCHAUBLE, IL POTENTISSIMO MINISTRO DELLE FINANZE TEDESCO, CHE TIRA DRITTO PER LA SUA STRADA: BISOGNA EVITARE UNA CRISI BANCARIA EUROPEA, MA SENZA FARE ALTRI DEBITI PER TENERE INSIEME IL SISTEMA: “IL FUOCO NON SI COMBATTE COL FUOCO, UN ALCOLIZZATO NON VA CURATO CON L'ALCOL” 4- DUE SINTOMI FANNO CAPIRE LA GRAVITÀ DELLA SITUAZIONE. PRIMO, LA SIEMENS HA RITIRATO 500 MILIONI DI EURO DALLE BANCHE FRANCESI PER I TIMORI SULLA LORO SOLVIBILITÀ E LI HA DEPOSITATI DIRETTAMENTE PRESSO LA BCE. SECONDO, IN SPAGNA SOLIDE BANCHE STRANIERE STANNO RICEVENDO IMPROVVISI, ANOMALI AFFLUSSI DI DEPOSITI

1- I MILLE BANCHIERI DALL'ORACOLO SCHAUBLE: «SALVERETE LA GRECIA? UN ALCOLIZZATO NON SI CURA CON L'ALCOL»
Massimo Gaggi per il Corriere della Sera

«Per arginare una crisi europea del debito altrimenti destinata a costare molto cara all'economia mondiale e al sistema bancario, serve una forte volontà politica dei Paesi più esposti. L'Irlanda e il Portogallo ce l'hanno. Anche la Spagna ha dimostrato di averla. La Grecia no. E l'Italia? Non lo so. Non so rispondere. Lo chiedo a voi». Dalla platea, mille banchieri arrivati da tutti i continenti, si leva una risata.

E' l'unico momento di ilarità al «forum» dell'Institute of International Finance, la «lobby» mondiale del credito che riunisce i suoi «Stati generali» a Washington in coincidenza con l'assemblea del Fondo monetario. Sul palco si susseguono le presentazioni di analisi allarmate sulla possibilità di contenere la crisi, come questa del capo dei dipartimento europeo dell'Iif, Jeffrey Anderson.

Un clima reso ancor più tetro dalle notizie che rimbalzano dall'esterno. Per Peter Fisher, direttore generale di BlackRock, il gigante dei fondi d'investimento con un patrimonio di 3.660 miliardi di dollari, la crisi esplosa nel 2008 ha prodotto una contrazione delle attività finanziarie talmente forte da richiedere lo smantellamento di un quarto di un sistema creditizio mondiale ormai sovradimensionato.

Ma, oltre a dover recuperare i relitti di tempeste già avvenute, i banchieri sono adesso alle prese con le nuove incognite di una crisi europea che non si ferma e potrebbe sfociare in una seconda «gelata» del credito. Evangelos Venizelos, il vicepremier e ministro delle Finanze greco che oggi parlerà ai banchieri, smentisce di aver ipotizzato un «default» nel quale il governo di Atene rimborserebbe alle banche solo il 50% del valore dei titoli ellenici che hanno in portafoglio: molto più dello «sconto» del 21% accettato dagli istituti con l'accordo di luglio. Ma nessuno, qui, crede alla smentita e ci si prepara al peggio.

Intanto il ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner, che da giorni «lavora ai fianchi», dietro le quinte, i colleghi europei per spingerli a un'azione molto più decisa per evitare il collasso delle loro banche, decide di uscire allo scoperto con le parole più pesanti da lui mai pronunciate: «Va eretto subito un "firewall" per impedire un effetto contagio della crisi europea che oggi è la principale minaccia per l'economia mondiale». L'idea di Geithner è che l'Europa dovrebbe moltiplicare le risorse dell'Efsf, il fondo «salva Stati» che ha avuto una dotazione di 440 miliardi di euro, sfruttando l'«effetto leva» che può essere attivato mobilitando anche le risorse della Banca centrale europea.

Il ministro delle Finanze francese François Baroin e il commissario Ue Olli Rehn aprono all'ipotesi di usare questo tipo di «leverage», ma i tedeschi restano contrari. Per il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, consentire all'Efsf di funzionare come una banca sarebbe come «monetizzare» una parte del debito pubblico europeo. I banchieri sperano che il clima di allarme estremo - con l'economista Nouriel Roubini che parla addirittura di possibile crollo entro 90 giorni di Italia e Spagna, con conseguente depressione economica, se non verrà quadruplicata la «potenza di fuoco» del fondo «salva Stati» - spinga il loro ospite d'onore, Wolfgang Schauble, a correggere il tiro.

Il ministro delle Finanze tedesco, però, tira dritto per la sua strada: bisogna evitare una crisi bancaria europea, ma senza fare altri debiti per tenere insieme il sistema perché «il fuoco non si combatte col fuoco, un alcolizzato non va curato con l'alcol». E niente eurobond che annullerebbero l'unico meccanismo che oggi consente di premiare i Paesi virtuosi e punire gli inadempienti.

Con stoccata finale per Geithner: «L'esperienza americana ci dice che sostenere l'occupazione col debito non funziona». Meglio la Germania che col taglio dei deficit «ha dato più fiducia alla gente» che è tornata a consumare. Gli americani scuotono la testa: pensano che Berlino, spaventata dai rovesci elettorali del cancelliere, stia facendo un gioco molto pericoloso. Barack Obama continua a premere su Angela Merkel con quella che è diventata la nuova «linea rossa»: decine di telefonate nelle ultime settimane tra i due leader.

E Geithner alza ancora di più la voce con gli europei: «Dovete togliere dal tavolo la minaccia di "default" a cascata, dovete scongiurare una fuga dalle banche, rischi catastrofici. Non potete aspettare che la crisi diventi più grave: verrebbero vanificati tutti gli sforzi di recupero fin qui fatti non solo dall'Europa ma anche dal resto del mondo».

«Bank run», fuga dai risparmiatori dagli istituti di credito. I banchieri del mondo non avrebbero mai pensato di sentire parole simili sulle labbra del ministro del Tesoro Usa. E si scambiano sguardi disorientati. Torneranno a non fidarsi più uno dell'altro, a non prestarsi più soldi, nemmeno per poche ore, come avvenne tre anni fa?

2- DIRE LA VERITÀ SUI CONTI DELLE BANCHE
Mario Pagano, Professore di politica economica all'Università di Napoli Federico II e presidente dell'Istituto Einaudi, per il Corriere della Sera

Lunedì 19 settembre l'agenzia Standard & Poor's ha abbassato il rating sul debito pubblico dell'Italia portandolo da A+ ad A; martedì ha declassato sette banche italiane,
tra cui Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Questa rapida successione di eventi ha una ragione immediata: le banche posseggono molto debito pubblico italiano, e man mano che questo perde valore la loro posizione finanziaria peggiora.

Ma c'è anche una ragione meno immediata: lo Stato è il «garante di ultima istanza» del sistema bancario nazionale, sia attraverso l'assicurazione dei depositi sia con il possibile salvataggio di banche in crisi. Quindi, se aumentano i timori per la solvibilità dello Stato, è logico che crescano anche quelli per la solvibilità delle banche. È quanto è successo in misura macroscopica in Grecia, dove la gravissima crisi dei conti pubblici ha messo in ginocchio gli istituti di credito.

Ma la causalità va anche nella direzione opposta: se aumenta il rischio di insolvenza delle banche di un Paese, il mercato diventa più pessimista anche sul rispettivo governo, perché si aspetta che le perdite prima o poi siano addossate al bilancio pubblico. È quello che è accaduto soprattutto in Irlanda, dove la decisione di ripianare le massicce perdite delle banche ha aperto un'enorme falla nei conti pubblici.

È ciò che rischia di verificarsi in Spagna, dove le banche (specie le Cajas) hanno concesso prestiti al settore immobiliare pari al 30% del Pil e in buona parte inesigibili, perché le società debitrici non riescono a vendere gli immobili che hanno costruito. Se lo Stato spagnolo cercasse di salvare queste banche, il suo debito pubblico aumenterebbe di molto, e così il suo rischio di insolvenza.

In poche parole, in Italia e in Europa siamo di fronte a una spirale perversa: il rischio di insolvenza degli Stati contagia le banche e il rischio di insolvenza delle banche contagia gli Stati. E questo contagio opera anche tra Paesi diversi: non a caso le cattive notizie sul debito pubblico greco, italiano e spagnolo si riverberano immediatamente sulle quotazioni di Borsa delle banche francesi e perfino tedesche.

Questa spirale sta assottigliando anche il vitale flusso di prestiti in dollari a breve termine che le banche europee ottengono da fondi monetari e banche statunitensi. Al punto che, per calmare i mercati, le maggiori banche centrali hanno annunciato finanziamenti illimitati in dollari alle banche in possesso di adeguate garanzie.

Altri due sintomi fanno capire la gravità della situazione. Primo, la Siemens ha ritirato 500 milioni di euro dalle banche francesi per i timori sulla loro solvibilità e li ha depositati direttamente presso la Bce. Secondo, in Spagna solide banche straniere stanno ricevendo improvvisi, anomali afflussi di depositi.

Come uscire dalla spirale perversa tra «rischio sovrano» e rischio bancario, nonché dal contagio internazionale attualmente in corso? Primo, occorre fare chiarezza sui bilanci delle banche: la scarsa trasparenza attuale sui titoli nei loro portafogli e sulle perdite subite non fa che aumentare i timori del mercato e ridurre la liquidità a cui esse hanno accesso. I titoli del debito pubblico greco non possono essere valutati agli stessi prezzi di quello tedesco ai fini della loro patrimonializzazione.

Questa «operazione verità» farà inevitabilmente emergere perdite nei loro bilanci, e porrà subito il problema della loro ricapitalizzazione. Questa dovrà avvenire innanzitutto attraverso aumenti di capitale sui mercati, come alcune banche italiane hanno già iniziato a fare. Nolenti o volenti, i soci controllanti delle banche dovranno rassegnarsi a vedere diluite le proprie quote, in cambio di capitali freschi che ne ristabiliscano pienamente la solvibilità.

Le banche che non possono essere ricapitalizzate dovranno essere ristrutturate o liquidate. Qui esiste un ruolo residuale per un'agenzia europea che proceda alle operazioni di ristrutturazione e liquidazione delle banche insolventi. È un argomento che merita una trattazione a parte.

Secondo, nel corso di questa operazione, che dovrà avvenire contestualmente in tutta Europa, tutti avranno bisogno della Bce perché fornisca ampia liquidità alle banche che emergano come solvibili. Un aspetto cruciale: senza questo impegno, anche gli Stati e le banche che hanno le migliori intenzioni di interrompere la spirale perversa del rischio non potranno esser certi che la rete di sicurezza fornita dalla liquidità sarà lì a sostenere i loro sforzi.

 

 

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