IL VERO MIRACOLO - RIUSCIRA’ PAPA FRANCESCO A RIFORMARE QUELLA “LAVATRICE DI DENARO SPORCO” CHIAMATA IOR?

Barbara Ciolli per "Lettera43.it"

Negli Usa l'hanno ribattezzato International offshore rule (Ior): Regime internazionale offshore. In realtà Ior è Istituto per le opere di religione, la banca del Vaticano, e tra le grandi missioni incompiute che Benedetto XVI ha tramandato a Francesco c'è il suo spinoso risanamento.
Durante il suo pontificato, Joseph Ratzinger aveva avviato un'operazione trasparenza, miseramente fallita con la cacciata dell'ex presidente Ettore Gotti Tedeschi e del cardinale Attilio Nicora dalla Commissione di vigilanza della banca di San Pietro.

«Chi tocca lo Ior muore», è la regola che - più o meno metaforicamente - domina il Torrione Niccolò V, sede dell'istituto, dalla sua apertura nel 1942.
Ufficialmente, la banca dei prelati serve a far fruttare il più possibile i beni per le opere di carità nel mondo. Nella realtà, per la sua opacità e impenetrabilità, lo Ior è diventato la centrale di riciclaggio e il veicolo dei maggiori illeciti finanziari della storia.

PERIODO OSCURO
Il periodo più oscuro dell'Istituto risale al ventennio della gestione a dire poco discussa del cardinale statunitense Paul Casimir Marcinkus (dal 1971 al 1989), che ebbe il suo apice nello scandalo della loggia P2 e nel crac del Banco Ambrosiano del 1982.
Ma, nel 2012, sul caveau blindato dello Ior si è di nuovo allungata l'ombra sinistra della mafia, con la scoperta del memoriale segreto di Gotti Tedeschi. Mentre la procura di Trapani indagava sui presunti conti cifrati del boss dei boss Matteo Messina Denaro nella banca vaticana, l'ex presidente confessava infatti di «temere per la propria vita».

Ci si aspetta che papa Francesco decapiti le «strutture del peccato» denunciate da Benedetto XVI. Ma nel caso dello Ior volere non significa potere. Neanche per i pontefici che, durante il loro ministero, ricevono da Dio il dono dell'infallibilità. Dopo la rinuncia di Ratzinger, le nomine pre-conclave della banca vaticana hanno blindato, anziché rivoluzionato, il suo futuro.

Al posto dell'ex presidente Gotti Tedeschi, uomo di fiducia di Ratzinger, si è insediato l'aristocratico Ernst von Freyberg, l'avvocato tedesco già ai vertici dei cantieri di Amburgo Blohm + Voss che fabbricano navi da guerra. Secondo indiscrezioni, von Freyberg è più vicino al vice presidente dello Ior Ronaldo Hermann Schmitz, membro della Trilaterale ed ex capo di Deutsche Bank, e al cardinale Tarcisio Bertone - plenipotenziario capo della Commissione di vigilanza dello Ior, gran camerlengo e segretario di Stato - che al papa emerito bavarese.

LE PISTOLE DEL MONSIGNORE
Nel gruppo di sorveglianza dello Ior, composto da cinque cardinali, ha fatto la sua comparsa anche un altro fedelissimo di Bertone: il cardinale ligure Domenico Calcagno, presidente dell'Apsa (la banca centrale che conia le monete della Santa sede) nonché grande collezionista di armi.

Pistole d'epoca, lucidi revolver russi, fucili turchi da guerra: nell'arsenale della sua casa di Savona, il porporato campione di tiro a segno detiene regolarmente, per sua ammissione, anche svariate carabine e pistole Beretta e una Smith & Wesson, «con le relative munizioni».

Con questo presidio, sarà dura sfondare le mura medievali di Torrione Niccolò V, eliminando così la «sporcizia della Chiesa».

Con un motu proprio del 30 dicembre 2010. Benedetto XVI aveva varato la legge pontificia antiriciclaggio 127, per adeguare il Vaticano alle normative europee e internazionali sulla trasparenza. Il testo del papa, in vigore da aprile 2011, istituiva anche l'Autorità di informazione finanziaria (Aif), presieduta dal cardinale Nicora e con poteri di controllo e ispezione sullo Ior.

Ma per arginare il nuovo corso Bertone commissionò uno studio confidenziale al giurista Giuseppe Dalla Torre, l'esperto di diritto canonico che, nel 2012, avrebbe poi presieduto la corte del Tribunale vaticano che ha processato il "corvo" Paolo Gabriele.

POTERE SCAVALCATI
Grazie ai consigli dell'azzeccagarbugli, il governatorato di Città del Vaticano varò infine il decreto legge 159, con il quale, curiosamente, sono stati scavalcati i poteri assoluti papalini, aggirando le restrizioni della legge 127/2010 di Ratzinger.
«Quando un papa vede estromessi suoi amici personali e non riesce a imporre una sua legge ha, con tutta evidenza, le mani legate.

Il gesto estremo di Ratzinger ha il sapore della vendetta, la gran vendetta del papa. Rinunciare al soglio di Pietro per azzerare tutta la Curia», commenta con Lettera43.it Eric Frattini, che nel suo libro I corvi del Vaticano ha ricostruito il braccio di ferro in corso allo Ior, intuendo nel 2012 le future dimissioni.

Bollato come disturbato da una perizia psichiatrica ad hoc, nel maggio 2012 Gotti Tedeschi venne sfiduciato per «incapacità» dal board laico della banca vaticana.
Le perquisizioni nella sua abitazione per l'inchiesta Finmeccanica avrebbero poi casualmente fatto saltar fuori uno scottante dossier sullo Ior che ha messo all'erta il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, artefice all'arresto del boss Bernardo Provenzano, e il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il Capitano ultimo che ammanettò Totò Riina.

Entrambi sono volati in Lombardia per ascoltare l'ex banchiere del papa e, dopo il loro viaggio, il sospetto è che il dossier contenga elementi utili alle indagini siciliane sui conti cifrati di sacerdoti in odore di mafia come padre Ninni Treppiedi, l'ex economo diocesano di Trapani sospettato di coprire Messina Denaro, successore di Provenzano alla Cupola. La Santa sede ha negato tutto. Ma intanto padre Treppiedi, accusato di ammanchi per svariati milioni di euro ai danni della Curia, è stato sospeso a divinis dalle sue funzioni.

LA FINE DEI BANCHIERI DI DIO
La verità è occultata nei 25 mila conti cifrati dello Ior ai quali, tra l'altro, solo il direttore generale Paolo Cipriani sembra abbia avuto accesso dalla sua nomina nel 2007. Il super manager ha sempre smentito la presenza di conti anonimi nell'istituto: solo normali «posizioni», aperte con schede anagrafiche.

Ma è difficile credergli, visti i precedenti della banca vaticana. C'è chi sospetta che durante e dopo la sua presidenza, Gotti Tedeschi temesse di fare la fine del «banchiere di Dio» all'epoca di Giovanni Paolo II. Il riferimento è Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, negli Anni '70 controllato dalle affiliate estere dello Ior, che il 17 giugno del 1982 fu trovato morto in circostanze ancora non chiarite sotto il ponte dei Frati Neri di Londra.

L'omicidio di Calvi - che prima della fuga scrisse anche a Karol Wojtyla implorando aiuto - fu l'epilogo della stagione più sciagurata della banca vaticana: la gestione dello Ior, battezzata nel 1968 dalla scelta di Paolo VI (considerato il papa-massone), di arruolare come suo finanziere il riciclatore della mafia italo-americana Michele Sindona.

Architetto delle scatole cinesi e mago delle speculazioni in Borsa, Sindona dirottò all'estero svariati miliardi della Santa sede, attraverso un reticolo di società schermate dello Ior: la più grande sottrazione al fisco italiano di capitali vaticani mai attuata nella storia.

IL BUCO DELLO IOR
Socio in affari del banchiere Calvi, in Vaticano Sindona strinse poi un sodalizio con Marcinkus, il monsignore di origine lituana cresciuto nei sobborghi di Chicago. A sua volta protetto, fin dagli Anni 50, dalla diplomazia anti-comunista di Washington e dal futuro papa Paolo VI, all'epoca sottosegretario di Stato Giovanni Battista Montini.

Il torbido giro d'affari tra Marcinkus, confermato da Giovanni Paolo II al timone dello Ior, e l'accoppiata Calvi-Sindona, massoni della P2 di Licio Gelli, avrebbe fruttato al Banco Ambrosiano, longa manus dello Ior in Italia, un buco di 2 miliardi di lire.

LA DC, LA P2 E IL VATICANO
La cloaca vaticana assorbiva e drenava i miliardi della mafia, per finanziare, anche attraverso servizi e gruppi segreti, movimenti come Solidarnosc o azioni anti-comuniste in Italia e nel mondo. Come scrive nel suo libro La Repubblica delle stragi impunite Ferdinando Imposimato, «a quel tempo Sindona era cassiere di Cosa nostra» e «consulente finanziario dello Ior».

Dagli interrogatori, risultò che «parte della Democrazia cristiana e degli ambienti conservatori vaticani appoggiavano la strategia della tensione, come confermato dagli atti della Commissione P2», racconta Imposimato, presidente onorario della Corte di Cassazione, che ha indagato sulle vicende vaticane e sul Banco Ambrosiano.

Monsignor Marcinkus riuscì a sfuggire all'arresto per i fatti del Banco Ambrosiano, opponendo alle autorità italiane il passaporto diplomatico vaticano. Ormai si trovava in un porto sicuro. L'unico suo vero ostacolo sarebbe stato Giovanni Paolo I, eletto nel 1978. Ma papa Albino Luciani fu stroncato da un infarto, dopo appena 33 giorni di pontificato. I complottisti hanno speculato molto su un suo avvelenamento, per mano dello stesso Marcinkus.

Di certo, il predecessore di Wojtyla voleva fare pulizia di massoni e mafiosi. Ma morto un papa se ne fa un altro e, nell'era polacca, lo Ior ha continuato ad accumulare altri grandi scandali. Dal 1987, la banca vaticana ospitò anche un deposito segreto di Giulio Andreotti, leader della Demorazia cristiana e più volte presidente del Consiglio, che, negli Anni 70, definì Sindona «salvatore della lira». Sul conto, riconducibile al monsignor Donato De Bonis attraverso la fondazione fittizia intestata al cardinale americano Francis Spellman, sarebbero stati raccolti oltre 26 milioni di attuali euro per finanziare la Dc.

LA MAXI TRUFFA DI FRANKEL
Discreto e affidabile, De Bonis era un dirigente dello Ior ideale per ricostruire una (falsa) verginità all'istituto. Altrettanto insospettabili erano le credenziali di monsignor Emilio Colagiovanni: ex giudice della Sacra Rota che - consapevole o meno della truffa - negli Anni 90 mise a disposizione il suo conto dello Ior al millantatore statunitense Martin Frankel.

Attraverso la fondazione San Francesco d'Assisi, finanziatrice della rivista Monitor Ecclesisaticus e con ramificazioni alle Isole Vergini, Frankel fece sparire oltre 2 miliardi di dollari, spolpati alle compagnie assicurative grazie all'eccellente passepartout vaticano: negli Usa, il processo alla truffa del secolo durò oltre 10 anni e valse allo Ior il nomignolo di maxi ingranaggio internazionale dell'offshore.

Nella banca vaticana d'altronde, basta che i conti finanzino «anche» missioni o opere pie e tutto è lecito. L'ambiguità è d'obbligo. Rogatorie, intercettazioni e controlli esterni vengono sistematicamente rifiutati. E chi ha qualcosa da ripulire o nascondere corre verso lo Ior come le api sul miele.

Con la Louis Augustus Jonas Foundation in «aiuto ai bimbi poveri» e attraverso il paravento di monsignor De Bonis, anche Luigi Bisignani, allora responsabile delle relazioni estere di Montedison, veicolò ai partiti parte della maxi tangente Enimont di almeno 140 miliardi di vecchie lire.

Chiusa la stagione di Mani Pulite, il nome dello Ior rispuntò poi per i fondi neri della cricca della P4 (la cosiddetta lista Anemone del 2010) e in diversi casi di sospetto riciclaggio, attraverso passaggi di grosse somme di denaro su banche come Intesa Sanpaolo, Credito Artigiano, Jp Morgan e sulla rete di bancomat vaticani gestita da Deutsche Bank.

Si è infine ventilato di legami con lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, tuttora da accertare. Per estirpare la gramigna che ramifica nella banca, il cardinale viennese Christoph Schönborn ha proposto un rimedio choc: «Chiudere lo Ior e stipulare una convenzione con una banca etica».

UNO 007 IN VATICANO
Parole sante. Eppure, risanare sembra una mission impossibile anche per il James Bond dell'antiriciclaggio: lo svizzero René Brüllhart che dal novembre 2012 è il direttore operativo dell'Aif vaticana.
Lo 007 è famoso per aver scoperto i tesori nascosti di Saddam Hussein. Ma è stato anche a capo dell'intelligence finanziaria (Fiu) del Liechtenstein: non certo un bel biglietto da visita per esibire trasparenza.
Volente o nolente, finora Brüllhart non ha fatto grande pulizia tra le mura leonine: si invoca la mano santa di Francesco.

RIVOLUZIONE IMPOSSIBILE
Ma per uno storico come Franco Cardini, esperto di questioni vaticane fin dallo Scisma d'Occidente, sarà «difficile che, suo malgrado, il papa argentino faccia una rivoluzione. In caso contrario, mi preoccuperei davvero per lui», ha raccontato a Lettera43.it Cardini. Un conto sono i gesti simbolici a effetto come l'esaltazione della povertà francescana, «un'altra demolire realmente le strutture di potere, alla base di qualsiasi organizzazione incluso l'ordine sacro dei francescani. Figuriamoci uno Stato, anche temporale, come la Santa Sede». Pecunia non olet, il Vaticano senza soldi è come una contraddizione in termini. L'obolo di San Pietro il peccato originale della Chiesa cattolica.

 

 

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