FORNERO, LE VA BENE 18? - PER EVITARE I FORCONI DELLA PIAZZA, LA FORNERINA PIAGNENS FA RETROMARCIA SULL’ARTICOLO 18 - CON UNA DETERMINAZIONE LACERO-CONFUSA, LA MINISTRA POLEMIZZA CON LA CAMUSSO, SCATENA IL BERSANI ‘SINISTRO’, VIENE BACCHETTATA DA MONTI E POI FA DIETROFRONT (CON UN MISTERIOSO TWEET, POI SMENTITO, CHE ANNUNCIAVA LE SUE DIMISSIONI) - BANCHE, ASSICURAZIONI E GRANDI GRUPPI (FIAT E FINMECCANICA IN TESTA) DOVRANNO ASPETTARE PER SFANCULARE, CON SOBRIETÀ, QUALCHE MIGLIAIO DI DIPENDENTI IN ESUBERO…
1 - "SI DIMETTE", MA Ã FALSO
Da "la Repubblica" - "Sono stanca e sto pensando alle dimissioni". Elsa Fornero è a Porta a Porta, ma su Twitter appare questo cinguettio a suo nome. Vespa lo legge al ministro e arriva la smentita. "E' falso, sono si stanca, ma per questo mi basta una passeggiata in campagna".
2 - VOLANO GLI STRACCI (TECNICI). LA FURIA DOMENICALE DI MONTI NEI CONFRONTI DELLA FORNERO
Tommaso Labate per "Il Riformista"
Quando mette a verbale che «toccare ora l'articolo 18 è roba da matti», tra l'altro a poche ore dall'incontro con Mario Monti, Pier Luigi Bersani sa già che la modifica allo Statuto dei lavoratori è uscita dai radar del governo. E lo sa da domenica scorsa, quando riceve una telefonata del premier.
Visto che i colloqui informali tra il presidente del Consiglio e i leader della maggioranza sono costanti e continui, ecco che domenica - il giorno in cui il Corriere della Sera va in edicola con l'intervista in cui Elsa Fornero evoca modifiche all'articolo 18 - il segretario del Pd non fa nemmeno in tempo a entrare nel panico. Perché Monti stesso avverte sia lui sia Enrico Letta che «il governo non ha alcuna intenzione» di mettere mano subito allo Statuto dei lavoratori.
Impossibile, ovviamente, conoscere tutti i dettagli dei colloqui domenicali tra il presidente del Consiglio e i vertici del Partito democratico. Sta di fatto che, come riassume un altissimo dirigente del Pd, in tutta questa vicenda c'è soltanto una certezza: «A Monti, l'intervista della Fornero non è piaciuta affatto». Anche perché, prosegue la fonte, gli accordi tra i Democratici e Palazzo Chigi erano altri. Gli stessi che Bersani, durante il colloquio di ieri col premier, ha ribadito. Punto per punto. «Prima si fanno le liberalizzazioni e i provvedimenti in favore delle imprese. E dopo, soltanto dopo, si mette mano alla riforma del mercato del lavoro».
Il finale pubblico di un film già scritto arriva ieri. Quando Bersani, nel dire che le eventuali modifiche immediate all'articolo 18 sarebbero «roba da matti», aggiunge che «il governo si convincerà ». E, più tardi, quando Elsa Fornero ingranerà la retromarcia fissando i paletti alla prateria che lei stessa aveva aperto: «Sul mercato del lavoro c'è tanto da fare, l'articolo 18 arriva per ultimo». E ancora: «Sono pronta a dire che l'articolo 18 non lo conosco, non l'ho mai visto». E l'intervista al Corriere? Quattro parole: «Sono stata un'ingenua».
Non è tutto. Il passo indietro del ministro del Welfare era nell'aria almeno da ventiquattr'ore. Basta leggere, e nemmeno troppo in controluce, un passaggio dell'intervista che Sergio Chiamparino, uno dei politici con cui Fornero ha contatti continui, ha rilasciato ieri al Riformista: «Quando c'è un simbolo politico di mezzo è sempre difficile avviare una trattativa». A questo punto, anticipava già ieri l'ex sindaco di Torino, «è meglio concordare di lasciare l'articolo 18 fuori dal tavolo e discutere degli altri provvedimenti su crescita e lavoro. Alla fine ci si renderà conto che l'articolo 18 è meno rilevante di quel che appare».
Morale della favola? La riforma del mercato del lavoro, con tanto di modifica all'articolo 18, diventerà un elemento di tensione tra Palazzo Chigi e una parte del Pd (Bersani e l'ala filo-Cgil) soltanto a gennaio. Quando si aprirà il tavolo governo-sindacati su un provvedimento che, in ogni caso, non vedrà la luce prima di marzo.
Nel frattempo, il confronto tra il leader del Pd e Monti riguarda altri due dossier. Il decreto milleproroghe e la cabina di regia. Sul primo fronte, Bersani continua a chiedere al presidente del Consiglio di inserire nel decreto di fine anno due modifiche alla riforma della previdenza. «Dobbiamo proteggere i cittadini che hanno iniziato a lavorare a sedici anni. E soprattutto», ha spiegato privatamente il leader del Pd, «serve un provvedimento ad hoc per i nati nel 1953 e 1954 che sono da anni in cassa integrazione». Il presidente del Consiglio è disponibile a discuterne. Ma, ha spiegato, «l'inserimento di questi provvedimenti nel milleproroghe è fuori discussione». Per cui, se ne riparlerebbe a gennaio.
Più complicata è la discussione sulla cabina di regia. Monti, seguendo la scia indicata ieri l'altro da Napolitano, vorrebbe l'istituzione di un tavolo di maggioranza per potersi confrontare alla luce del sole coi partiti che sostengono il governo. Berlusconi s'è detto favorevole mentre Bersani, durante il colloquio, ha continuato a manifestare la sua contrarietà : «La cabina di regia? Lasciamo stare, il regista ce lo abbiamo già ». Parole che non sono piaciute neanche chi, dentro il Pd, spinge da tempo per costruire il coordinamento parlamentare insieme a Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano. Come Enrico Letta, Walter Veltroni e Dario Franceschini. Che, sul punto, sono pronti a dare battaglia.



