"IO E NANNI MORETTI NON SIAMO PIU’ AMICI, CI SENTIAMO MA NON COME 20 ANNI FA” – LAURA MORANTE SVELENA SUL REGISTA E LO ACCUSA DI NON AVERLA VOLUTA NEL 2001 A CANNES ALLA PREMIAZIONE PER LA PALMA D’ORO A “LA STANZA DEL FIGLIO”: “L’UNICA DEL CAST A ESSERE ESCLUSA. IL MOTIVO DOVETE CHIEDERLO A LUI. SUPPONGO CHE MORETTI NON VOLEVA CHE CI FOSSI...” - BERTOLUCCI E QUELLA RISSA CON JOHNNY DEPP – VIDEO

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Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”

 

Laura, ricorda la premiazione? Era il 2001, l'Italia non vinceva a Cannes da 23 anni. Laura Morante, la Signora del cinema italiano, era la protagonista di La stanza del figlio di Nanni Moretti. E' tornata altre volte al Festival. Ma quella fu la volta della Palma d'oro.

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Ricordi?

«Non posso averli perché non ero alla premiazione, unica del cast. Perché? Bisogna chiederlo a lui, Nanni. Suppongo che non voleva che ci fossi. Non abbiamo mai chiarito l'episodio. Ogni tanto ci sentiamo, ci facciamo gli auguri per il compleanno, ma non è che siamo amici, lo eravamo vent' anni fa».

 

Ma come ricorda quel film?

«Un lavoro infinito dove è successo di tutto, fu interrotto per lo sciopero delle maestranze e per una crisi creativa di Nanni durata due-tre settimane. Giravamo ad Ancona, passò talmente tanto tempo che iscrissi là mia figlia a scuola».

 

Ora a Cannes è in Masquerade, con Isabelle Adjani.

«Lei fa un'ex attrice che in Costa Azzurra mantiene un gigolò che era stato il mio amante con cui organizzo una truffa, assieme a Marine Vacht. Siamo tre, gli artefici della truffa per incastrare e spillare soldi a un ricco signore. Ci sono tanti colpi di scena. Mi è piaciuto molto lavorare con il regista Nicolas Bedos, è uno che si sottrae al ricatto dello spettatore».

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Cioè?

«Per essere definito un buon film, devi andare nei sobborghi di una grande città, fare lunghi piani sequenza e usare pochi dialoghi. Ma Guerra e Pace è un capolavoro a prescindere dal luogo. In qualunque altra arte sarebbe ridicolo: al cinema no. Ci sono tanti equivoci sull'importanza delle idee».

 

Si spieghi.

«Quando Dostoevskij scrisse L'idiota , c'erano già stati altri romanzi sullo stesso tema. L'idea è una piccola porzione. L'arte non si fa con le idee ma contro le idee. L'idea ce l'ha anche un imbecille, è tiranna. Alain Resnais fece un film su uno che non riesce a baciare sulla bocca, Pas sur la bouche . Lì non c'è l'idea, ma è un capolavoro».

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Isabelle Adjani dice che Cannes è un'orgia di alto livello, nella scalinata rossa si sale verso il sacrificio o la consacrazione.

«Sono stata madrina, c'è un'organizzazione ferrea, c'è il mercato, la pomposità. Ma tendo fin dagli inizi a non prendere il cinema troppo seriamente. Ho fatto questo mestiere obtorto collo.Tra un buon libro o un buon film, scelgo sempre un buon libro. Non ho mai avuto la percezione di Adjani perché non sono mai stata una star come lei».

 

L'obtorto collo

«Laura Betti mi prese sotto la sua ala protettrice. Io ero inesperta, ingenua, le suscitavo simpatia. Mi venne a trovare a Parigi, dove ho vissuto dal 1988 al '98. La prima cosa che mi disse fu: ti fa sempre così schifo il cinema? L'ho preso sottogamba, anche stupidamente. E' il mestiere che mi ha permesso di vivere».

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Questo prescinde dalla sua ansia leggendaria?

«L'ansia viene dalla timidezza che ora ho superato, dal bisogno di sentirmi protetta, e mi dà stress la mondanità. Ricordo il viaggio in treno per Cannes, ero ragazza, per La tragedia di un uomo ridicolo di Bertolucci. Sul set mi diceva: ti rendi conto la cosa importante che stai facendo? Volevo scendere a ogni fermata.

 

Mi consolava Lina Taviani, la costumista moglie di Paolo (per me sono stati una famiglia). Un'altra volta ero sola ed ebbi un attacco d'ansia terribile. La mattina presi un sonnifero e non mi svegliai in tempo per la serata. Corsi trafelata verso il palazzo, mettendomi un abito qualunque. Le porte erano chiuse.

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Però mi unii alla cena dopo la proiezione, scoppiò una rissa con Johnny Depp. Io dissi: ma chi è? Karl Baumgartner, il produttore di Kusturica che era mio amico mi rimproverò: cambia mestiere. Però era bello andare a quelle feste».

 

E il tappeto rosso?

«Ho una idiosincrasia. Sono finita su Blob per come ci correvo, una cosa un po' ridicola, gli attori si fermano per farsi le foto. Ma Cannes è una famiglia, ci sono stata tante volte, la prima a 24 anni».

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Ora che abito indosserà?

«E' sempre un problema, passata una certa età hai meno voglia di vestirti in un certo modo. Però grandi stilisti mi hanno sempre aiutata».

Rimpianti?

«Non per un film non fatto, ma per non avere osato, per essermi tirata indietro, la paura...Per non aver sostenuto l'esame di latino pregiudicandomi il liceo Classico, per non essermi presentata al provino di danza (le mie origini) necessario ad entrare nella compagnia italiana di Carolyn Carson. Io ero la dimostratrice, c'era una principiante: lei si presentò, io me ne andai pensando di non essere all'altezza. Ai miei figli dico, non abbiate paura di fallire».

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