giorgia meloni italia affonda economia

DAGOREPORT - SONO GIORNI CHE FA UN CALDO DA TOGLIERE IL RESPIRO MA GIORGIA MELONI SUDA FREDDO - GIUNTA A UN BIVIO IN CUI E' DIVENTATO INUTILE IL SUO CAMALEONTISMO DA ATTRICE DI BORGATA, E’ SCOCCATA L’ORA DELLE “DECISIONI IRREVOCABILI” (COME DIREBBERO I SUOI) - LO HA BEN CAPITO IERI, A PALAZZO CHIGI: LA DUCETTA E’ SVENUTA QUANDO IL NEO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO, ANTONIO COSTA, HA COMUNICATO CHE IL DIRITTO DI VETO VERRA’ CASSATO: CON IL VOTO ALL’UNANIMITÀ NON SI PUÒ PIÙ GOVERNARE L’UNIONE EUROPEA, NE APPROFITTANO I PICCOLI STATI OSTILI A BRUXELLES PER METTERE IL BASTONE TRA LE RUOTE - È QUELLO CHE SUCCEDE A CHI DIMENTICA IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA: AD OGNI AZIONE CORRISPONDE UNA REAZIONE UGUALE E CONTRARIA. E’ CHIARO CHE IL NO AL BIS DI URSULA CONDANNA IL GOVERNO DUCIONI A UNA EMARGINAZIONE CON ‘’RAPPRESAGLIA’’ SU COMMISSARI E FINANZIARIA. E AL SUO FIANCO, NON C’È PIÙ LA FORZA ITALIA SDRAIATA AI SUOI VOLERI MA UNA LEGA IN MODALITÀ ORBAN-LE PEN OSTILE NEI CONFRONTI DELL’UNIONE EUROPEA CHE MAI, COME NELL’ATTUALE DISORDINE MONDIALE, HA BISOGNO DI ESSERE UNITA PER NON FARSI TROVARE IMPREPARATA DALL’ESITO A NOVEMBRE DELLE PRESIDENZIALI AMERICANE

 

antonio costa meloni

 

DAGOREPORT

Sono giorni che fa un caldo da togliere il respiro ma Giorgia Meloni suda freddo. E’ un momento delicatissimo per la premier della Garbatella: è giunta a un bivio in cui sono diventate inutili le sue quattro maschere da camaleonte in gonnella. Come direbbe qualcuno dei suoi: è giunta l’ora delle “decisioni irrevocabili”. Lo ha ben capito ieri, a Palazzo Chigi, quando Meloni si è trovata di fronte il successore di Charles Michel, il neo presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa.

 

Il portoghese, un abile politico che ha salvato il suo paese da una crisi endemica, ha scelto di affrontare come prima tappa del suo tour delle capitali europee, proprio la premier italiana che bocciò la sua nomina a Strasburgo. I fazzolari in servizio militare a Palazzo Chigi hanno fatto sapere ai giornali che i due hanno discusso di “immigrazione” e “competitività”. In realtà, l’incontro si è trasformato in uno scontro.

Macron Scholz Tusk

 

Quando Costa, dopo i soliti diplomatici convenevoli, ha fatto presente alla Ducetta che uno dei primi atti del nuovo Consiglio Europeo riguarderà il diritto di veto: con il voto all’unanimità non si può più governare l’Unione Europea, ne approfittano solo i piccoli Stati e l’Italia è un grande paese, bla-bla.

 

pedro sanchez e ursula von der leyen

Ovviamente, l’eliminazione del diritto di veto per la Melona vorrebbe dire tagliare le unghie ai Conservatori di Ecr e ai Patrioti dell’ultradestra di Orban-Lepen. Una decisione che la Fiamma Magica di Palazzo Chigi considera alla stregua di un golpe del quartetto che ha vinto le elezioni europee del 9 giugno: Scholz (Germania), Macron (Francia), Tusk (Polonia), Sanchez (Spagna).

 

Ma è quello che succede a chiunque quando dimentica il terzo e fondamentale principio della Dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Il no di Meloni al bis di Ursula von der Lejen è servito per salvare la sua presidenza dei conservatori di Ecr, quindi salvaguardarsi dagli attacchi sul fianco destro del suo nemico più intimo, il “vannaccizzato” Salvini, e infine per timore di una reazione del suo zoccolo duro post-fascio di FdI.

jens stoltenberg giorgia meloni

 

Tale azione  ha innescato la reazione ed è partita la prima “rappresaglia” al suo governo. Ecco farsi avanti il segretario uscente della Nato, Jens Stoltenberg, che in modalità “Jena” annuncia la nomina di uno spagnolo come rappresentante speciale dell’Alleanza Atlantica per il Sud Europa, facendo fuori il candidato italiano reclamato dal governo Ducioni.

 

Oggi tocca a Forza Italia, malgrado la sua appartenenza ai vincitori del Partito Popolare Europeo, pagare il costo di far parte di un governo formata da un partito di destra (FdI) e di un partito di ultra-destra (Lega), apertamente ostile ai nuovi vertici europei: così, a Ciccio Tajani viene sfilata una presidenza di Commissione a Strasburgo e si deve accontentare di una ininfluente delegazione per l’Asia Centrale.

ANTONIO TAJANI - URSULA VON DER LEYEN - MANFRED WEBER - DONALD TUSK

 

(Mentre il dem Decaro prende la commissione Ambiente e perfino il 5stelle Tridico intasca la sottocommissione per le questioni fiscali). Ovviamente ai “Patrioti” di Orban e Le Pen, nisba incarichi. E Salvini grida al “furto” tra gli sghignazzi degli euro-burocrati di Bruxelles.

 

E’ chiaro che tale emarginazione con ‘’rappresaglia’’ inclusa potrebbe costare carissima al governo di “Io so’ Giorgia”. A metà agosto l’agenda di Ursula prevede di prendere in esame i nomi dei commissari proposti dai 27 paesi dell’unione, per poi trovare una quadra con i vertici del quartetto al comando. Non è finita: ci sarà poi l’esame dei commissari prescelti da parte del Parlamento, e le sorprese non mancheranno di sicuro.

fazzolari fitto

 

Anche perché Ursula vuole avere dai 27 governi la candidatura di due nomi per ogni commissario e la possibilità di scegliere lei tra un uomo e una donna. Di qui, i recenti dubbi dei meloniani sul decollo europeo di Fitto: se il ministro non otterrà un commissario economico di primo piano (Pnrr, Coesione o Bilancio), è destinato a restare al suo dicastero romano per sbrogliare i ritardi del Pnrr.

 

E la Melona infinocchiata, ma felice di non dover fare un rimpastino di governo, spedirà la tuttofare Elisabetta Belloni che, come astutissima diplomatica sopravvissuta alla grande con qualsiasi governo transitato a Palazzo Chigi, non avrà problemi a trovare la giusta alchimia con Bruxelles.  

viktor orban incontra matteo salvini a roma

 

A novembre, quando si insedierà la nuova Commissione di Ursula, il percorso della Ducetta dovrà affrontare salite terribili per riuscire ad ottenere in qualche modo la flessibilità sulle linee guida “lacrime e sangue” del Patto di Stabilità per riuscire infine a licenziare la legge di Bilancio che poi deve passare all’esame degli odiati euro-burocrati. A quel punto, le smorfie e le moine da attrice di borgata potrebbero non bastarle più. Anche perché l’Italia di Meloni e Salvini è l’uno Paese che continua a rifiutarsi di ratificare il Mes.

 

SALVINI TRUMP

Le strade di Meloni sono tutte in salita, peggio della via Crucis, e, al suo fianco, non c’è più la vecchia Forza Italia sdraiata ai suoi voleri ma si troverà in compagnia di una Lega in modalità Orban-Le Pen, che da Putin ha abbracciato la campagna elettorale di Trump, completamente ostile e astiosa nei confronti dell’Unione Europea che mai, come in tale disordine mondiale, ha bisogno di essere unita e serrare le fila per non farsi trovare impreparata dall’esito a novembre delle presidenziali americane.

VIGNETTA GIANNELLI - GIORGIA MELONI COME DONALD TRUMP

 

Se Kamala Harris perde, l’’’America First” di Trump abbandonerà l’Europa al suo destino. Dunque, meglio prepararsi all’esplosione di un conflitto inedito nel mondo occidentale sbattendo subito ai margini del potere europeo chi, come la Camaleonte italiana, è già pronta a farsi baciare la testolina bionda dal fraudolento bancarottiere di New York col debole di andare a letto con le attricette del porno.

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?