Augusto Minzolini per “il Giornale”
Martedì scorso, a metà pomeriggio, Ignazio La Russa, plenipotenziario di Giorgia Meloni, dopo aver parlato con Giancarlo Giorgetti, primo consigliere di Matteo Salvini, già dava per scontata una certa sceneggiatura per il «caso Rai».
«Domani Salvini vedrà Berlusconi era la sua previsione e secondo me andrà come altre volte. Mi ricordo ancora quando abbiamo concesso a Bossi la presidenza della regione Veneto. Berlusconi mi disse: Non possiamo dargliela vinta, devi sparargli contro.
Sii duro con lui quando lo incontriamo. Io lo feci, ma subito dopo intervenne lo stesso Berlusconi per dire: Tra me e Umberto l'importante è l'amicizia e io per l'amicizia sono pronto a dargli il Veneto.
Il Cav è fatto così. Solo che Salvini non è Bossi. Se Berlusconi dice di no al candidato leghista per la presidenza Rai, Marcello Foa, Salvini griderà al tradimento, all'inciucio con il Pd. Se dirà di sì, romperà la prossima volta».
La Russa, che conosce bene quel mondo, è stato facile profeta. Ieri quando il leader leghista è andato a trovarlo all'ospedale San Raffaele, dove si sta sottoponendo a dei controlli, Berlusconi si è lasciato conquistare dalla mozione degli affetti, dalle sue parole calorose («mi sono alzato questa mattina per venirti a trovare, non per parlarti di politica»).
Insomma, il Cavaliere si è trovato di fronte un Salvini ben diverso da quello che la sera prima aveva liquidato con modi spicci le proposte di mediazione di Antonio Tajani sulla Rai.
Tant'è che subito dopo, con i suoi, Berlusconi si è mostrato più possibilista su una possibile intesa. «È partito ha raccontato commosso da Milano Marittima per venirmi a trovare. Si è cosparso la testa di cenere. Mi ha spiegato che non mi ha avvertito perché la scelta di Foa è stata fatta a tambur battente... pensiamoci un po', potremmo anche dire di sì».
Solo che il leader leghista ha agitato troppo tardi quel ramoscello d'Ulivo, visto che proprio in quei minuti il suo candidato veniva silurato nella Commissione di Vigilanza Rai. Ma, soprattutto, quel tentativo di pace in «extremis» non ha convinto per nulla lo stato maggiore del Cav, da Gianni Letta, a Tajani, a Ghedini.
Là dentro si sono messi in testa (e magari non a torto) che il leader della Lega, secondo la vecchia tattica dello «stop and go», punti a logorare Forza Italia, voglia dimostrare che il suo leader sia «irrilevante» come pure il partito.
E la nomina o meno di Foa alla fine è diventata, nelle intenzioni del leader leghista, la cartina di tornasole per dimostrare che è lui a dare le carte, nel governo come nel centrodestra.
Inoltre, Salvini ha tentato di mettere zizzania, approfittando delle aperture che il Cav gli aveva fatto al mattino. «La Lega fa gli interessi del centrodestra ha dichiarato qualche ora dopo -. Berlusconi, con cui ho parlato in ospedale, ne è convinto. Forse c'è qualcuno in Forza Italia che ha altre ambizioni. Si chiariscano, noi siamo fermi, non abbiamo fretta».
incontro in un bar di Trieste tra Berlusconi e Salvini
Parole che hanno fatto arrabbiare tutti i colonnelli, che si sono uniti per chiedere al Cav di non mollare. «Se diciamo di sì a Foa ha spiegato ad alcuni parlamentari veneti lo stesso Niccolò Ghedini, che pure è considerato tra i più disponibili verso la Lega - siamo morti».
Ancor più deciso Gianni Letta. «Non c'è solo il caso Rai ha fatto presente . Salvini si muove a 360 gradi in questo modo. A Berlusconi assicura che alle regionali starà con il centrodestra.
Qualche giorno fa a Silvi Marina, in piazza, festeggiando il sindaco leghista, ha gridato, invece, che alle regionali in Abruzzo potrebbe allearsi anche con i grillini».
E addirittura, uno dei consulenti immagine di Berlusconi, ha fatto notare come il leader leghista abbia reso nota la notizia che il Cav fosse in ospedale: un modo, smaccato, per rimarcarne la debolezza.
Così ieri, nel primo pomeriggio, è andata in scena la rottura del centrodestra. Berlusconi ha ripetuto il «no» a Foa e Salvini lo ha accusato «di complottare con il Pd contro il cambiamento».
E sul nome del suo candidato alla presidenza Rai, a dispetto di leggi e regolamenti, ha continuato a suonare la carica: «Piuttosto che tornare indietro andiamo avanti così!».
Un copione, quello della ruspa, che il leader leghista ha recitato più volte in questi mesi. E che mette in luce la vera filosofia di questo governo: Salvini, grazie al potere che gli deriva dallo stare nella stanza dei bottoni, vuole destrutturare il centrodestra e ridisegnarlo a sua immagine somiglianza.
Un centrodestra che nelle sue intenzioni vedrebbe Forza Italia in un ruolo marginale, con i moderati in un ruolo di testimonianza, sotto l'egemonia di una nuova destra che, sull'impianto sovranista e populista, dovrebbe è la sua scommessa - diventare un partito di massa.
Finché non centrerà questo obiettivo, il leader leghista continuerà a governare in tandem con Di Maio, che sta tentando la stessa operazione contro il Pd, sul versante di sinistra (decreto Dignità).
L'unica variabile in questo piano operativo è un tracollo nei sondaggi. «Matteo è la previsione che faceva qualche giorno fa alla Versiliana, Giovanni Toti, uno che lo conosce bene divorzierà dai grillini quando avrà finito di giocare con Forza Italia, cioè quando l'avrà ridotta ai minimi termini.
Vuole un centrodestra organizzato come il Partito repubblicano americano dove governano i Trump». Un'intuizione che ha avuto anche chi ha sempre guardato con una certa diffidenza le mosse di Salvini.
«Ci vuole irrilevanti è l'analisi dell'azzurro Roberto Occhiuto - e l'irrilevanza in politica ti uccide».
Questa analisi è l'unica che offre una chiave di lettura coerente di ciò che sta avvenendo: dalla partita sulle nomine che Salvini ha giocato da solo (lo stesso Giorgetti non ha avuto molta voce in capitolo), alle minacce sulle alleanze regionali, all'atteggiamento sul decreto dignità in Parlamento.
«In aula i leghisti si inalbera Sestino Giacomoni, uno degli uomini ombra del Cav semplicemente non parlano. Accettano in silenzio che siano i grillini a disegnare la politica economica del governo. Quasi quasi varrebbe la pena di fare ostruzionismo».
Appunto, l'atteggiamento di Salvini sta spingendo Forza Italia ad alzare i toni della sua opposizione, a rendere davvero inevitabile la rottura. «Berlusconi racconta Gianfranco Rotondi è convinto che questa maggioranza esploderà. Io, se stiamo fermi, credo di no.
Noi dobbiamo resettarci e abbiamo davanti due strade: o accettiamo l'idea di un centrodestra ridisegnato da Salvini, con Berlusconi presidente onorario e Salvini segretario; o dobbiamo fare un'opposizione diversa, dire che in questo governo ci fa schifo tutto, anche la Lega. Sperando che l'onda nel Paese cambi».
Insomma, se rottura deve essere, rottura sia. Anche perché nello scenario politico italiano tutto cambia. «Alcuni centristi in buoni rapporti con i leghisti racconta Enrico Costa, un vero scout capace di seguire le orme dei processi politici sottotraccia mi hanno raccontato che Salvini vuole costruire un contenitore centrista, al suo servizio, che si sovrapponga a Forza Italia.
Per questa operazione sta pensando a gente come Fitto. Mentre, sull'altro versante, i renziani, se vincono il congresso del Pd, sono pronti mandare in soffitta il simbolo e a fondare un'altra cosa. Se non vincono, sono pronti ad uscire dal Pd». Già, tutto cambia.