FRATELLI DI CAPITALIA, SALOTTO BUONO SI CAMBIA - DEMARANGHIZZATA PIAZZETTA CUCCIA, IL GERONZISSIMO INSTALLA MEDIOBANCA A ROMA, DOLORI PER BERLUSCONI E ROMITI.
Da Affari Italiani (www.affaritaliani.it)
L'impresa realizzata da Cesare Geronzi per chiudere il patto di sindacato di Capitalia è stata degna dei giochi senza frontiere. Via la CassaRoma, via i soci storici di Torino, gli Agnelli, accordi in bilico e sempre a rischio di incrinatura con Abn Amro, che tra l'altro è una banca straniera e per questo è vista non sempre positivamente dal governatore Antonio Fazio. Una ragnatela, quindi, da tessere partendo da zero, andando a cercare nuovi soci stabili (Pirelli e Ligresti) e dribblando abilmente i tentativi di fuga in avanti come quello di Ricucci, azionista sì, ma non tra quelli che contano. (Ricucci chi? Disse Geronzi).
Abile, il presidente di Capitalia. Ha tenuto i giochi aperti finché tutto non è stato predisposto a puntino. Ha scelto come suoi angeli custodi nella banca, Salvatore Ligresti e Marco Tronchetti Provera, e ha visto salire (qualcuno dice un po' subendo) l'Abn al 9% dell'organo di controllo, primo azionista dell'istituto romano.
Mediobanca ora sta a Roma.
Una bella opera di ricostruzione, che avrà parecchi strascichi e grande significato per il mercato. Il salotto buono della finanza, ormai è chiaro, è Capitalia. Geronzi ha coronato un suo vecchio sogno: spostare Piazzetta Cuccia nella capitale. E intanto la merchant bank milanese è sempre meno merchant e sempre più bank o, meglio, holding di partecipazioni (ma fino a quando?). Capitalia è tra i principali azionisti di Piazzetta Cuccia (con l'8,4%) nel cui board, tra l'altro, siede proprio Matteo Arpe, ovvero l'amministratore delegato dell'istituto romano e di Mcc, la banca d'affari.
Nel patto di sindacato di Capitalia, inoltre, ci saranno Marco Tronchetti Provera presidente della più grande azienda privata del Paese e Salvatore Ligresti che possiede anche quote (il 3,8%) di Piazzetta Cuccia e di Rcs Media Group, ovvero del Corriere della Sera. Non se ne abbiano a male gli storici amanti di Mediobanca, ma ormai a comandare a Milano sono rimasti i francesi, Geronzi (appunto) e Alessandro Profumo, a.d. di Unicredito, un istituto con conti stellari, cui non serve sedere in alcun board di prestigio. I giochi, quindi, si faranno a Roma.
Rcs, Romiti? Prego, quella è la porta...
Le conseguenze del nuovo patto si sentiranno anche su altri gruppi importanti. Primo tra tutti Rcs Media Group, che a breve presenterà il suo piano industriale. Conti alla mano: Mediobanca, Giovanni Agnelli & C, Premafin e Generali, società ormai tutte riconducibili, direttamente o indirettamente a Geronzi, controllano il 31,1 per cento del capitale ordinario, contro il 9,2% di Gemina (famiglia Romiti). Il futuro del gruppo che controlla il Corriere, quindi, è già scritto: i nuovi vertici saranno espressione di nuove forze e i due Romiti, Cesare e Maurizio, dovranno farsi da parte.
L'exploit dell'Ingegnere
La vittoria di Geronzi è anche quella di Salvatore Ligresti. Del quale, è fuor di dubbio, si può mettere in discussione tutto tranne la capacità di essere al momento giusto con la persona giusta. Il tempismo con cui Ligresti ha scaricato Vincenzo Maranghi per passare dalla parte di Unicredito e Capitalia è stato da guinness. Il cammino per la resurrezione completa dopo l'oblio era in atto da tempo e il batacchio del Corriere era già stato scosso con violenza. Ma con la battaglia per le Generali e per Mediobanca e con la Caporetto del delfino di Cuccia, Ligresti si è accreditato per un posto di quelli "buoni" nel nuovo empireo della finanza italiana.
E se le Generali venissero messe in un angolo?
L'asse Ligresti-Geronzi sembra forte tanto quanto quello Mediobanca-Fiat. Prima la via del potere partiva da Milano e arrivava a Trieste. Ora, parte da Roma, fa tappa a Milano e si ferma a Torino. E le Generali? Se, come sospetta qualcuno, presto nascerà il polo di bancassurance Capitalia-FonSai, la palma di più bella del reame passerà alla neo compagnia di Ligresti. I maligni chiudono l'argomento Leone con affermazioni lapidarie: lì ora c'è un anziano francese che fa da guardia a due tecnici autoctoni: o Profumo ci mette le mani e porta qualcuno di peso a rivoluzionare l'ambiente, o la compagnia assicurativa è destinata a chiudere in un cassetto gli anni dei fasti.
Risiko bancario? Una battaglia contro i mulini a vento olandesi
Gli altri vincenti della partita sono i banchieri dell'Abn Amro. Il colosso internazionale ha passato momenti bui negli ultimi mesi. Ha minacciato di andarsene dal patto dell'istituto capitolino e ha denunciato, più o meno apertamente, l'opposizione di Bankitalia nei confronti delle banche straniere. Piano piano, però, oltre a protestare Abn ha portato avanti un processo di sdoganamento non indifferente. E adesso si ritrova con il 9% di Capitalia e la presidenza quasi certa di Antonveneta. E per le prossime aggregazioni sarà necessario bussare anche alla porta degli olandesi, senza escludere la già paventata unione diretta tra Capitalia e Antonveneta.
E' andato in scena il Gattopardo
Si cambia tutto per non cambiare niente. I potenti della finanza sono solo passati in un altro salotto, spostandosi in un posto più lontano dagli sguardi indiscreti dei nostri vicini francesi e tedeschi, i quali avevano puntato in maniera troppo decisa su Mediobanca e Generali. Il trasloco gioverà, gli scheletri saranno inchiodati negli armadi così che non possano più muoversi e le partite, anche e soprattutto quelle politiche, potranno ricominciare. E parlare di politica non è fuori luogo. Se è vero che l'asse del potere ha cambiato luogo, va notato, per forza, che di uomini anche lontanamente vicini a Berlusconi, in Capitalia, non ce n'è.
Rifatto il look del management
Da una recente chiacchierata in una banca concorrente abbiamo colto una tendenza: "Certo che in Capitalia l'immagine la stanno gestendo proprio bene", diceva il nostro interlocutore. A guardar bene, osserviamo noi, l'istituto romano è immobile da mesi, come la Mcc. Eppure, tra il titolo che ogni tanto strappa al rialzo e il look aggressivo di Matteo Arpe, il sentiment su Capitalia è cambiato. Viene il dubbio, a questo punto, che i presunti litigi tra l'enfant prodige e Cesare Geronzi fossero frutto di un abile maquillage. Al grido di: "ora il vecchio banchiere deve fare i conti con un efficiente e baldo giovane" ci siamo convinti che fosse cambiato tutto. Tanto rumore per nulla, commenterebbe Shakespeare.
Dagospia.com 23 Ottobre 2003
L'impresa realizzata da Cesare Geronzi per chiudere il patto di sindacato di Capitalia è stata degna dei giochi senza frontiere. Via la CassaRoma, via i soci storici di Torino, gli Agnelli, accordi in bilico e sempre a rischio di incrinatura con Abn Amro, che tra l'altro è una banca straniera e per questo è vista non sempre positivamente dal governatore Antonio Fazio. Una ragnatela, quindi, da tessere partendo da zero, andando a cercare nuovi soci stabili (Pirelli e Ligresti) e dribblando abilmente i tentativi di fuga in avanti come quello di Ricucci, azionista sì, ma non tra quelli che contano. (Ricucci chi? Disse Geronzi).
Abile, il presidente di Capitalia. Ha tenuto i giochi aperti finché tutto non è stato predisposto a puntino. Ha scelto come suoi angeli custodi nella banca, Salvatore Ligresti e Marco Tronchetti Provera, e ha visto salire (qualcuno dice un po' subendo) l'Abn al 9% dell'organo di controllo, primo azionista dell'istituto romano.
Mediobanca ora sta a Roma.
Una bella opera di ricostruzione, che avrà parecchi strascichi e grande significato per il mercato. Il salotto buono della finanza, ormai è chiaro, è Capitalia. Geronzi ha coronato un suo vecchio sogno: spostare Piazzetta Cuccia nella capitale. E intanto la merchant bank milanese è sempre meno merchant e sempre più bank o, meglio, holding di partecipazioni (ma fino a quando?). Capitalia è tra i principali azionisti di Piazzetta Cuccia (con l'8,4%) nel cui board, tra l'altro, siede proprio Matteo Arpe, ovvero l'amministratore delegato dell'istituto romano e di Mcc, la banca d'affari.
Nel patto di sindacato di Capitalia, inoltre, ci saranno Marco Tronchetti Provera presidente della più grande azienda privata del Paese e Salvatore Ligresti che possiede anche quote (il 3,8%) di Piazzetta Cuccia e di Rcs Media Group, ovvero del Corriere della Sera. Non se ne abbiano a male gli storici amanti di Mediobanca, ma ormai a comandare a Milano sono rimasti i francesi, Geronzi (appunto) e Alessandro Profumo, a.d. di Unicredito, un istituto con conti stellari, cui non serve sedere in alcun board di prestigio. I giochi, quindi, si faranno a Roma.
Rcs, Romiti? Prego, quella è la porta...
Le conseguenze del nuovo patto si sentiranno anche su altri gruppi importanti. Primo tra tutti Rcs Media Group, che a breve presenterà il suo piano industriale. Conti alla mano: Mediobanca, Giovanni Agnelli & C, Premafin e Generali, società ormai tutte riconducibili, direttamente o indirettamente a Geronzi, controllano il 31,1 per cento del capitale ordinario, contro il 9,2% di Gemina (famiglia Romiti). Il futuro del gruppo che controlla il Corriere, quindi, è già scritto: i nuovi vertici saranno espressione di nuove forze e i due Romiti, Cesare e Maurizio, dovranno farsi da parte.
L'exploit dell'Ingegnere
La vittoria di Geronzi è anche quella di Salvatore Ligresti. Del quale, è fuor di dubbio, si può mettere in discussione tutto tranne la capacità di essere al momento giusto con la persona giusta. Il tempismo con cui Ligresti ha scaricato Vincenzo Maranghi per passare dalla parte di Unicredito e Capitalia è stato da guinness. Il cammino per la resurrezione completa dopo l'oblio era in atto da tempo e il batacchio del Corriere era già stato scosso con violenza. Ma con la battaglia per le Generali e per Mediobanca e con la Caporetto del delfino di Cuccia, Ligresti si è accreditato per un posto di quelli "buoni" nel nuovo empireo della finanza italiana.
E se le Generali venissero messe in un angolo?
L'asse Ligresti-Geronzi sembra forte tanto quanto quello Mediobanca-Fiat. Prima la via del potere partiva da Milano e arrivava a Trieste. Ora, parte da Roma, fa tappa a Milano e si ferma a Torino. E le Generali? Se, come sospetta qualcuno, presto nascerà il polo di bancassurance Capitalia-FonSai, la palma di più bella del reame passerà alla neo compagnia di Ligresti. I maligni chiudono l'argomento Leone con affermazioni lapidarie: lì ora c'è un anziano francese che fa da guardia a due tecnici autoctoni: o Profumo ci mette le mani e porta qualcuno di peso a rivoluzionare l'ambiente, o la compagnia assicurativa è destinata a chiudere in un cassetto gli anni dei fasti.
Risiko bancario? Una battaglia contro i mulini a vento olandesi
Gli altri vincenti della partita sono i banchieri dell'Abn Amro. Il colosso internazionale ha passato momenti bui negli ultimi mesi. Ha minacciato di andarsene dal patto dell'istituto capitolino e ha denunciato, più o meno apertamente, l'opposizione di Bankitalia nei confronti delle banche straniere. Piano piano, però, oltre a protestare Abn ha portato avanti un processo di sdoganamento non indifferente. E adesso si ritrova con il 9% di Capitalia e la presidenza quasi certa di Antonveneta. E per le prossime aggregazioni sarà necessario bussare anche alla porta degli olandesi, senza escludere la già paventata unione diretta tra Capitalia e Antonveneta.
E' andato in scena il Gattopardo
Si cambia tutto per non cambiare niente. I potenti della finanza sono solo passati in un altro salotto, spostandosi in un posto più lontano dagli sguardi indiscreti dei nostri vicini francesi e tedeschi, i quali avevano puntato in maniera troppo decisa su Mediobanca e Generali. Il trasloco gioverà, gli scheletri saranno inchiodati negli armadi così che non possano più muoversi e le partite, anche e soprattutto quelle politiche, potranno ricominciare. E parlare di politica non è fuori luogo. Se è vero che l'asse del potere ha cambiato luogo, va notato, per forza, che di uomini anche lontanamente vicini a Berlusconi, in Capitalia, non ce n'è.
Rifatto il look del management
Da una recente chiacchierata in una banca concorrente abbiamo colto una tendenza: "Certo che in Capitalia l'immagine la stanno gestendo proprio bene", diceva il nostro interlocutore. A guardar bene, osserviamo noi, l'istituto romano è immobile da mesi, come la Mcc. Eppure, tra il titolo che ogni tanto strappa al rialzo e il look aggressivo di Matteo Arpe, il sentiment su Capitalia è cambiato. Viene il dubbio, a questo punto, che i presunti litigi tra l'enfant prodige e Cesare Geronzi fossero frutto di un abile maquillage. Al grido di: "ora il vecchio banchiere deve fare i conti con un efficiente e baldo giovane" ci siamo convinti che fosse cambiato tutto. Tanto rumore per nulla, commenterebbe Shakespeare.
Dagospia.com 23 Ottobre 2003