BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA DELLO SQUALO RUPERT
COME SI COSTRUISCE IL MAGGIOR IMPERO MEDIATICO DEL MONDO
INFRANGERE LE REGOLE, SFIDARE LE LEGGI, IGNORARE LE CRITICHE,
INTRAPRENDERE GUERRE CON OGNI MEZZO E, ABITUALMENTE, VINCERE

A dicembre arriverà nelle librerie "Apocalypse Murdoch" di Glauco Benigni, Ed. Cooper Castelvecchi. E' la prima biografia di Rupert Murdoch non autorizzata, scritta da un autore non anglosassone. Nel libro, di circa 300 pagine, Benigni racconta l'intera vita dell'attuale padrone di Sky : la storia della Murdoch's Dinasty, la base australiana, le diverse campagne - acquisizioni e fusioni- di Europa, Usa e Asia, la costruzione del maggiore Impero Mediatico del Mondo, fino ai minimi dettagli che lo hanno condotto ad essere monopolista della pay tv in Italia. Riportiamo qui di seguito alcuni brani tratti dalle bozze.

TURNER - MURDOCH SUL RING A LAS VEGAS . PERCHE' NO?
Tra i rivali di Murdoch , uno che gli ha sempre manifestato, con parole di fuoco, la sua ferma avversita', e' Ted Turner , il fondatore della CNN. In piu' occasioni Turner definisce Murdoch: " un personaggio viscido (slimy)" , "una persona molto pericolosa", uno che agisce "senza vergogna" e, piu' recentemente, "un guerrafondaio" . Secondo alcune cronache (www.money.telegraph.co.uk) il primo scontro frontale tra i due si verifica nel 1983 . In quell'anno , durante la regata Sidney-Hobart, uno yacht sponsorizzato da Murdoch sperona l'imbarcazione capitanata da Ted Turner e l'affonda . Sembra che in quest'occasione , per dirimere la contesa , l'allora 45enne Turner, sfida, l'allora 52enne, Murdoch ad un incontro di boxe . Secondo altre fonti invece (Reuters/Variety 15.6.97) , la sfida ad un incontro di boxe da tenersi a Las Vegas, da filmare e proporre come evento in pay per view, sarebbe stata lanciata da Turner nel 1997, durante un'udienza al Tribunale di New York, in cui era in ballo una disputa riguardante i diritti tv e reti via cavo . I due pero', nel 1997, sarebbero gia' un po' troppo anziani per boxare . In ogni caso Murdoch non ha mai raccolto il guanto.

LO SBARCO NELLA CITY DEL BUCANIERE AUSTRALIANO
Quando Murdoch sbarca a Fleet Street, la strada degli affari, roccaforte delle élite britanniche, è il mitico 1968. "Cade una pioggia d'argento sugli sporchi selciati di Londra": dalle radio dei taxi esce la musica dei Beatles, ma la cosa non lo riguarda molto.
A gennaio il Primo Ministro, Harold Wilson, ha annunciato un esteso programma di tagli alle spese e lo sgombero di tutte le basi militari a Est di Suez, per tre anni. In sostanza la Gran Bretagna aveva rinunciato al ruolo di potenza mondiale. Nella City si respira dunque aria di grandi cambiamenti e nella valigia Murdoch porta con sé, oltre ai piani di battaglia, almeno una convinzione: "Sono un aussie al cospetto di un mondo esclusivo e arrogante". Rupert sa bene che quel mondo è in declino e che nei periodi di decadenza regna la confusione. Se un uomo è abile e privo di scrupoli, quello è il suo momento favorevole. Allora affila la spada e si concentra sul suo primo obiettivo: il "News of the World", settimanale popolare in fase agonica, messo all'asta dai suoi editori. Murdoch ha sempre affermato, nel corso delle sue rarissime interviste, di aver saputo solo casualmente della vendita del "News", durante una conversazione telefonica. Da alcune cronache risulta invece che il giovane uomo d'affari australiano è chiamato a contrastare, per conto della famiglia Carr, che controlla il settimanale, un tentativo di 'acquisto ostile' da parte di quello che diventerà uno dei suoi maggiori concorrenti, Robert Maxwell. È la prima volta che gli interessi dei due tycoon si incrociano. Ed è subito scontro aperto. Nel corso del tempo la loro rivalità crescerà al punto che spesso verranno definiti "I duellanti", termine preso in prestito dall'omonimo film di Ridley Scott. Non tutto va liscio, ma Rupert conclude ugualmente la sua missione e la congegna in modo tale da diventare gradualmente proprietario della rivista, con grande disappunto della famiglia Carr. Ma "anche questa è fatta, e verrà dimenticata".

DINASTIA MURDOCH : UNA SUCCESSIONE MOLTO DIFFICILE
Il divorzio dalla seconda moglie Anna, e la nascita della quinta figlia Grace, costituiscono due passaggi fondamentali nella vita della dinastia Murdoch. Il primo interrompe una continuità fatta di trentuno Natali e porta a una prima grande modifica nell'equilibrio interno del clan: l'esclusione di Anna dai ruoli operativi futuri e lo speculare ingresso di Wendi ( la nuova moglie cinese trentenne) . Il secondo cambia la distribuzione di potere e ricchezza tra gli eredi, che non sono più quattro ma cinque, anzi tra breve diventeranno addirittura sei.
Il clan si trova improvvisamente imparentato con i cinesi: il triangolo Sydney-Londra-New York si estende e diventa un quadrato, includendo un polo che rappresenta tutta l'importanza dell'area del Pacifico.



È vero che la famiglia ha accolto la neonata con cori gioiosi (anche Lachlan conferma la sua felicità per l'evento) ma gli azionisti della News Corp. non la vedono così semplice, e premono per sapere come verrà ripartito il patrimonio personale di Rupert Murdoch (13 miliardi di dollari). Spunta fuori un accordo che Rupert e Anna hanno firmato al momento del divorzio, secondo il quale i primi quattro figli ereditano il controllo della AE Harris Trust e della Cruden Investment, attraverso le quali la famiglia influisce sulla News Corp. E si viene a sapere che, una settimana dopo la firma di questo accordo, ognuno dei quattro figli ha nominato propri rappresentanti nei Consigli d'Amministrazione delle citate società. Insieme controllano così il 50% dei boards, il resto è controllato dai manager della News Corp. e dai legali. C'è poi un 10% nelle mani della Grande Madre Elisabeth. A chi andrà alla sua morte? A Grace. Ma Grace non può entrarne in possesso prima del compimento dei trent'anni, quindi nel 2031. E fino a quella data chi gestirebbe questo 10% che potrebbe significare il controllo su tutto? Dei garanti. E chi avrebbe la facoltà di nominare i garanti se Murdoch morisse? E così via.

IL BUSINESS E' UN CERCHIO SENZA CENTRO
Nel 1998 il suo amico Forbes, proprietario della rivista "Fortune", gli dedica un lunghissimo servizio teso a sostenere l'ingresso alla Borsa di New York del suo nuovo gioiello: il Fox Entertainment Group. Il candore dell'articolista, che peraltro rimane anonimo, è esemplare.
Ecco chi è Rupert Murdoch: infrangere le regole, sfidare le convenzioni, intraprendere guerre con ogni mezzo necessario e, abitualmente, vincere. Per Murdoch il mondo degli affari è una giungla senza chiari confini e pericoli nascosti dietro ogni albero. Vuole diventare il Re Leone di questa giungla e la sua cruda fame di potere lo sostiene". Ma c'è dell'altro. "Murdoch ha la sconcertante abitudine di cambiare le regole di ogni partita in cui gioca. In televisione, nello sport, sui giornali, in qualsiasi cosa faccia, attacca e si oppone alle tradizioni ignorando le critiche, e difende le sue scommesse così vigorosamente da scuotere l'establishment. Qualche volta sembrano follie. Più frequentemente che non, risultano vincenti. Non si ferma mai: qualsiasi posizione raggiunga se la rigioca immediatamente. [...] Non sembra preoccuparsi molto delle sue ricchezze. La notte del 1987 in cui i mercati finanziari crollarono era a cena con degli amici ai quali disse "Spero che qualcuno paghi il conto perché oggi ho perso 1 miliardo e 200 milioni di dollari.
Verità? Leggenda? Non sappiamo, anche questo fa parte del puzzle.

UN LABIRINTO DI DEBITI
L'annus horribilis di Rupert Keith Murdoch comincia nel febbraio del 1990 e si conclude nel febbraio del 1991. Alla Casa Bianca c'è George Bush sr., a Downing Street la Thatcher passa il testimone a John Major. È senza dubbio il periodo più nero di tutta la vita del nostro tycoon, il cuore del suo nono settennato: la fase cruciale in cui la sua radiosa immagine di Paperon de' Paperoni trasmuta in quella di Paperino. È un anno in cui il Padrone dei media si arrocca nel labirinto dei suoi conti, all'interno del castello di carta dei suoi bilanci annuali, mentre alle porte lo assediano i creditori: 150 tra banche e società d'assicurazioni. Povero Murdoch. Le prime rughe, sul suo volto di cinquantanovenne ben tenuto, appaiono alla vista dei bilanci di Sky Tv. Il bouquet di canali, guanto di sfida gettato alla televisione terrestre nel Regno Unito, chiude il secondo semestre del 1989 con un deficit di 150 miliardi di vecchie lire. "Se le perdite dovessero continuare a questo ritmo la situazione diventerebbe presto insostenibile", gli dicono i suoi direttori delle finanze. E Murdoch annuisce. Lo sa bene.

La primavera e gli inizi dell'estate, nelle varie sedi della News Corp. sparse nel mondo, passano tra tumultuose comunicazioni e batticuori. I nuovi apparati telefax aiutano, ma non più di tanto. In agosto non ci sono più dubbi: il rapporto tra indebitamento totale e valore complessivo del capitale di Murdoch è 110/100, il massimo consentito dagli accordi con i creditori. Suona l'allarme rosso. In quel periodo sono già saltati per aria alcuni grandissimi genii del debito: gli Houdini, che erano stati in grado di districarsi da qualsiasi stretto groviglio di impegni a pagare, cominciano ad affogare nel fiume di cifre in cui si erano spettacolarmente gettati. Tra questi figurano alcuni "principi del vivere in rosso": Alan Bond, Robert Campeau e Donald Trump. Potrebbe accadere anche a Murdoch. Perche' no?


Dagospia 26 Novembre 2003