“I 101 FRANCHI TIRATORI CHE AFFOSSARONO PRODI E LA MIA LEADERSHIP? C’ERANO ANCHE I RENZIANI MA NON SOLO. C’ERANO QUELLI CHE VOLEVANO FAR FUORI IL PROFESSORE E QUELLI CHE VOLEVANO FAR FUORI ME” – L’EX SEGRETARIO DEM BERSANI SI RACCONTA AL "CORRIERE DELLA SERA" - "SE FOSSI DIVENTATO PREMIER AVREI SOTTOPOSTO AL PRIMO CONSIGLIO DEI MINISTRI L’APPROVAZIONE DI UN DECRETO LEGGE SULLO IUS SOLI E SCELTO STEFANO RODOTÀ COME MINISTRO DELL’INTERNO” - LE METAFORE (“ALCUNE LE DEVO A MIO PADRE. LA MUCCA NEL CORRIDOIO È NATA DENTRO CASA MIA”), LA SFIDA AL KARAOKE VINTA CON UMBERTO ECO A GARGONZA, LO SCIOPERO DELLE PROSTITUTE A PIACENZA E LA MORTE VISTA IN FACCIA NEL 2014… - IL LIBRO

Tommaso Labate per corriere.it - Estratti

pier luigi bersani

 

Bersani e lo sciopero delle prostitute.

«Negli anni Settanta, l’amministrazione comunale di Piacenza decise di pedonalizzare un tratto urbano della via Emilia e di deviare il traffico dei mezzi pesanti. Il problema era che quella era la zona in cui storicamente esercitavano le prostitute, che scesero in piazza a protestare.

 

Da giovanissimo responsabile cultura della federazione locale del Partito comunista, non senza imbarazzo, seguii da vicino la vicenda. Il sindaco, il mitico Felice Trabacchi, decise di ricevere una delegazione delle manifestanti e illustrò loro la nuova viabilità e i diversi vantaggi, come dire, “professionali”, che la categoria avrebbe potuto ricavare dallo spostarsi qualche chilometro più in su. Andò come diceva lui. Anche grazie a quell’episodio ho capito che un amministratore deve avere a cuore i problemi di tutti. E, tenendo l’orecchio a terra, cercare una soluzione».

 

Bersani e la protesta dei commercianti a casa dei suoi genitori.

«La mia prima lenzuolata, durante il governo Prodi I, sulla liberalizzazione del commercio: il provvedimento interveniva tra le altre cose su una sorta di corruzione diffusa e universalmente accettata, visto che prima della riforma i commercianti, per avere la licenza, dovevano aggirarsi in comune attorno a quattordici tabelle merceologiche che apparivano e scomparivano, oltre a sostenere un esame a cui molti tra i più deboli la prima volta venivano bocciati.

 

pier luigi bersani cover

Persino un poliziotto della mia scorta da ministro, i cui genitori dovevano aprire un negozio, mi confessò che, pagando, avevano trovato il modo di portare a casa un paio di tabelle. La riforma fece scoppiare il putiferio tra i commercianti che la licenza ce l’avevano già e ai vertici di Confcommercio venne l’idea di andare a protestare sotto casa dei miei genitori, a Bettola. Chiamai l’allora presidente Billè chiedendogli di desistere, ché non era il caso di far spaventare due ottantenni che non c’entravano nulla. Non lo convinsi».

 

Come andò a finire?

«Il pullman con lo striscione “Bersani vergogna” partì da Roma con una troupe del Tg2 a bordo. Io avevo telefonato ai miei pregandoli di chiudersi dentro casa e non uscire. “Sì, sì, stai tranquillo, ci penso io”, mi rispose mia mamma. Quando il bus arrivò a Bettola e si parcheggiò nella piazza, ad aspettarlo c’era mio papà con la bicicletta. “Venite dietro di me”. La bici di mio papà Pino avanti, il pullman dei commercianti inferociti a seguirlo: arrivarono a casa mia dove entrarono quelli che riuscirono a entrare. Mia mamma, Bruna, aveva preparato ciambelle e vino bianco, finirono tutti a mangiare e brindare, con mia mamma che diceva loro “mio figlio è un bravo ragazzo, vuol bene a tutti, vedrete che si aggiusterà tutto”. E per i vertici di Confcommercio fu un boomerang».

pier luigi bersani

 

Pier Luigi Bersani ha fatto un viaggio in lungo e in largo per l’Italia, che gli ha dato la possibilità di affrontare lunghe conversazioni, spesso davanti a una birra, con studenti, giovani attivisti e militanti politici. Da quelle conversazioni è nato il libro Chiedimi chi erano i Beatles, sottotitolo: I giovani, la politica, la storia, che esce per Rizzoli. Dentro ci sono le insidie e le opportunità che il futuro presenta alla politica. Ma anche fatti e cose del passato, prossimo e remoto.

 

Ha sconfitto Umberto Eco al karaoke.

«Più che karaoke, era una sfida musicale sulla distanza. Eravamo al convegno di Gargonza, promosso nel 1997 dai partiti e dai comitati ulivisti, che le cronache dell’epoca ricordano soprattutto per l’intervento di D’Alema. Con qualche ragione, Massimo aveva rivendicato il ruolo dei partiti nella democrazia contro l’idea di chi pensava a un Ulivo soggetto politico oltre i partiti».

 

Il gelo tra prodiani e D’Alema risale a quel momento. Le difficoltà del futuro Pd anche.

«La convivenza tra cattolici e sinistra, che nella società era semplice, all’interno dei rapporti politici si faceva complicata. Per questo, dopo cena, visto che erano presenti anche molti intellettuali, per stemperare la tensione Umberto Eco propose una sfida canora: “I cattolici intonino canti rivoluzionari, i comunisti canti di chiesa. Vediamo chi ne sa di più e finisce per ultimo”. Vinsi a mani basse, lanciando un ramoscello d’ulivo a quelli che avevo appena stracciato. Dalle mie parti, ricordai, da ragazzi era obbligatorio fare il chierichetto, non iscriversi alla Federazione giovanile comunista».

 

d'alema bersani

La mancata vittoria elettorale del 2013 le brucia ancora?

«L’ambizione personale a fare il capo del governo italiano non c’entra. Il rimpianto, semmai, è per le cose che avevo deciso di fare già dal primo Consiglio dei ministri».

 

Quali?

«La prima su tutte. Alla vigilia della prima riunione di governo, avrei fatto trapelare ai giornali che ci sarebbe stato un giro di tavolo per conoscersi meglio, nulla di diverso da quello che si faceva di solito. In realtà, avevo già deciso che avrei sottoposto al Consiglio dei ministri l’approvazione di un decreto legge sullo ius soli».

 

È cittadino italiano chi nasce sul suolo italiano.

bersani renzi

«Sono certo che ai blocchi di partenza nessuno si sarebbe assunto la responsabilità di votare contro il presidente del Consiglio su un provvedimento proposto da lui. E avrei chiarito che, se durante l’iter parlamentare di conversione la norma fosse stata ridimensionata o cancellata, non avrei esitato a rassegnare le dimissioni e ad andare a casa».

 

E poi?

«Avrei convocato subito nella Sala Verde di Palazzo Chigi la Caritas e tutte le associazioni che si occupano di assistenza sociale per dare il segnale che è da lì che saremmo partiti. Perché, se si parte dagli ultimi, si fa una società migliore per tutti».

 

Nel libro cita gli assoli di Keith Richards come metodo per fare le riforme. Anche le liberalizzazioni del 2007 erano nate così, in assolo. Perché?

«Non è questione di assolo ma di anticipo. Nessuno ne era a conoscenza. Nessuno tranne Prodi, che mi sostenne su tutta la linea. La portabilità dei mutui, il fatto che se sei vittima di un incidente stradale ti rimborsa la tua compagnia assicurativa, persino l’odiosa tassa sulle ricariche telefoniche: nasce tutto da quel provvedimento. Le cose veramente importanti, che cambiano concretamente la vita delle persone, le puoi fare solo in quel modo là. Che poi è il modo di prendere in contropiede i tanti poteri che vai a scardinare».

 

(...)

 

La fine della sua leadership nel Pd coincide con i 101 franchi tiratori che affossarono la candidatura di Prodi al Quirinale. Di quanti conosce l’identità con certezza?

«Non di tutti i centouno. Ma di settantuno-settantadue (sorride, ndr) sì. Immagino che lei sappia che è tempo perso chiedermi i nomi».

 

C’erano i renziani tra i centouno?

«Anche loro e non solo loro. C’erano quelli che volevano far fuori Prodi e quelli che volevano far fuori me».

bersani pasta al ragù

 

Con qualcuno ha mai parlato direttamente della questione?

«Qualcuno me l’ha confessato, in qualche caso anche piangendo, quando presentai le mie dimissioni irrevocabili da segretario del Pd. Molti di quelli che presero questa decisione nel segreto dell’urna non avevano un disegno politico. Era gente alla prima elezione, spaventata per il clima che si respirava fuori; non dimentichiamo che quei giorni vennero pesantemente condizionati dal clima alimentato dai social network...».

 

Ha mai pensato per davvero che fosse possibile convincere i Cinque Stelle a dare il via libera al suo governo?

de luca bersani

«Sinceramente no. Ma io rispettavo il loro convincimento di non volersi mescolare. Chiedevo solo di mettermi alla prova. E credo ancora che la famosa riunione in streaming l’abbia chiarito».

 

La lista dei ministri ce l’aveva già in testa?

«Un nome glielo faccio, anche se l’interessato non lo ha mai saputo: Stefano Rodotà ministro dell’Interno».

 

Le manca la politica attiva?

«La faccio ancora. Se possibile, più attiva di prima. Ho sempre saputo che non c’è bisogno di una carica elettiva per poter fare politica. L’orecchio a terra, quello è l’unico arnese imprescindibile».

 

Lei, che nel 2014 l’ha vista in faccia, è spaventato dalla morte?

pierluigi bersani a otto e mezzo

«Quell’esperienza mi ha insegnato il vero segreto della morte. E cioè che è semplice da raggiungere. Da ragazzo pensi alla morte come un percorso tortuoso, insidioso, tormentato; ho capito che invece è più naturale di quanto si pensi».

 

(...)

 

Le capita di parlare coi suoi cari che non ci sono più?

pierluigi bersani foto di bacco (2)

«Mi capita di farli rivivere giorno per giorno, nelle cose che mi hanno insegnato. Senza mia mamma, che aveva la guida della famiglia, né io né mio fratello Mauro, che ha fatto il chirurgo, ci saremmo iscritti al liceo. Mio padre faceva il meccanico, viveva di continuo l’ansia del lavoro. Certe metafore le devo a lui. “È così cieco che non vedrebbe una mucca in un corridoio”, diceva di qualcuno a volte. Quella mucca ormai nota a tutti è nata dentro casa mia».

PIER LUIGI BERSANIBERSANI AL BARBERSANI A SULMONABERSANI SCHLEIN A SULMONAPRODI BERSANIBERSANI PRODI IN PIAZZA DUOMO BERSANI AL PUB

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