jeff bezos national enquirer

‘’THE ECONOMIST’’ – ‘’LA VICENDA DI JEFF BEZOS EVIDENZIA ALCUNI ELEMENTI DELLA NATURA DEL POTERE NEL MONDO MODERNO - IL PRIMO È LA FRAGILITÀ DEL POTERE IN UN MOMENTO IN CUI LA PRIVACY È SEMPRE PIÙ A RISCHIO – SECONDO: LA CONCENTRAZIONE DI POTERE TECNOLOGICO E DI MERCATO MINACCIA DI TRASFORMARE PERSONE COME BEZOS O ZUCKERBERG IN “SINGOLI PUNTI DI FRAGILITÀ” (IN GERGO INFORMATICO, SINGOLE PARTI IL CUI MALFUNZIONAMENTO PUÒ COMPORTARE IL COLLASSO DI UN INTERO SISTEMA)’’

The Economist – pubblicato dal settimanale Internazionale - Traduzione di Andrea Sparacino

TRUMP ECONOMIST

 

Nemmeno il più bieco giornale scandalistico poteva inventarsi una storia come questa. L’uomo più ricco del mondo, il boss di Amazon Jeff Bezos, ha accusato David Pecker, editore del National Enquirer e di altri tabloid, di aver cercato di ricattarlo sfruttando alcune fotografie intime sue e della sua amante. Pecker è un amico fidato del presidente Donald Trump.

 

Tutto è cominciato il 9 gennaio quando l’Enquirer ha fatto sapere di voler rivelare una relazione extraconiugale di Bezos, con tanto di messaggi a luci rosse. La storia è arrivata in edicola pochi giorni dopo.

JEFF BEZOS DICK PIC

 

A quel punto Bezos ha ingaggiato alcuni investigatori privati per individuare la fonte delle soffiate sulla sua vita privata. Il 7 febbraio il miliardario è passato al contrattacco con un lungo intervento sul sito Medium in cui ha accusato il National Enquirer di averlo ricattato minacciando di rendere pubbliche alcune fotografie a meno che non avesse chiuso la sua disputa con il tabloid.

 

bezos e sanchez 3

Bezos ha citato i presunti legami imprenditoriali tra Pecker e l’Arabia Saudita, il cui regime è accusato di aver ucciso Jamal Khashoggi, opinionista del Washington Post, di proprietà dello stesso Bezos. Nel suo intervento Bezos ha descritto una fitta tela di intrighi che coinvolgono la Casa Bianca, la famiglia reale saudita, i procuratori federali, la Amazon, uno dei più rispettati quotidiani del paese (forse il più rispettato) e l’Enquirer. Al centro di tutto, c’è lo stesso Bezos.

 

JEFF BEZOS

Ci vorrà tempo prima che gli investigatori riescano a ricostruire con precisione i fatti, i protagonisti e gli eventuali reati commessi. Il 10 febbraio il Daily Beast ha rivelato che l’indagine si è concentrata sulla possibilità che Michael Sanchez – fratello di Lauren Sanchez, amante di Bezos – possa aver consegnato i messaggi della coppia all’Enquirer, convinto che il tabloid avrebbe pubblicato la notizia “con l’approvazione del presidente Trump” (secondo diverse testate, Sanchez ha negato di essere il responsabile della soffiata).

 

lauren sanchez 8

Dopo la rivelazione del rapporto adulterino da parte dell’Enquirer, Trump ha preso in giro su Twitter “Jeff Bozo” manifestando ironicamente la propria solidarietà.

 

Un caso spinoso

copertina internazionale salvini di maio

I procuratori federali del distretto meridionale di New York starebbero verificando se l’American media inc (Ami), la casa editrice che controlla l’Enquirer, abbia violato i termini di un accordo di immunità e cooperazione entrato in vigore a settembre e riguardante l’indagine nei confronti di Michael Cohen, l’ex avvocato di Trump, e i fondi da lui incassati a nome del futuro presidente durante la campagna elettorale.

 

david pecker e donald trump 2

L’Ami ha ammesso di aver cercato di favorire Trump in vista delle elezioni versando 150mila dollari a una presunta amante del candidato repubblicano per tacere sul loro rapporto, una pratica conosciuta come “catch and kill” (cattura e ammazza). Nell’ambito dell’accordo per l’immunità, l’Ami ha promesso di non compiere alcuna attività illegale per almeno tre anni.

IL POST CON CUI JEFF BEZOS RIVELA IL RICATTO DEL NATIONAL ENQUIRER

 

Il 10 febbraio un avvocato dell’Ami ha detto all’emittente Abc News che la casa editrice non ha commesso alcun reato e che l’Enquirer ha semplicemente parlato della relazione extraconiugale di Bezos, intavolando successivamente con il capo di Amazon una trattativa in cui entrambe le parti volevano ottenere qualcosa (secondo le email pubblicate da Bezos, l’Ami voleva che l’imprenditore dicesse che l’attività dell’editore non aveva motivazioni politiche).

jeff bezos e la moglie

 

lauren sanchez 14

Secondo un avvocato esperto di denunce nei confronti dei tabloid, il caso è piuttosto spinoso dal punto di vista legale, anche perché particolarmente inusuale: “Di solito qualcuno dice: ‘Pagami oppure pubblicherò le foto’. Qui la situazione è diversa”.

 

Inoltre non bisogna dimenticare che le leggi e la loro interpretazione possono variare da uno stato all’altro. In base alla legge federale, una minaccia può considerarsi estorsione quando l’obiettivo è quello di ottenere qualcosa “di valore”.

 

BEZOS E TRUMP

Oltre alle implicazioni legali, la vicenda evidenzia alcuni elementi sintomatici della natura del potere nel mondo moderno. Il primo è la fragilità del potere in un momento in cui la privacy è sempre più a rischio. Negli anni d’oro della stampa scandalistica un investigatore privato poteva mettere le mani sulla foto di una celebrità scattata fuori da un bungalow, ma non sarebbe mai potuto entrare in possesso della foto di un pene spedita privatamente. Bezos è riuscito a contrastare Pecker, il suo presunto antagonista, ma altri uomini di potere potrebbero sentirsi più vulnerabili. Quante persone sono state ricattate con successo senza che l’opinione pubblica l’abbia mai saputo?

 

lauren sanchez e jeff bezos 1

Il secondo elemento presenta le problematiche contenute nel primo, se possibile approfondite: il potere è sempre più concentrato nelle mani di pochi titani globalizzati. Bezos è un esempio lampante, perché controlla una piattaforma tecnologica diventata un elemento fondamentale in ogni settore e che attraverso la Amazon web services fornisce l’infrastruttura cloud a moltissime aziende in tutto il mondo. Persino l’Ami sembra essere un cliente dell’Amazon cloud.

 

Concentrazioni di poteri

l impero di amazon jeff bezos

Gli oppositori di Trump sospettano che il presidente sia stato influenzato dalla Russia o dall’Arabia Saudita, dove la sua famiglia ha interessi commerciali, o che sia stato addirittura vittima di un kompromat (ricatto attraverso materiale compromettente) ordito da Vladimir Putin. Ma è altrettanto preoccupante notare che, al giorno d’oggi, la concentrazione di potere tecnologico e di mercato minaccia di trasformare persone come Bezos o Mark Zuckerberg in “singoli punti di fragilità” (in gergo informatico, singole parti il cui malfunzionamento può comportare il collasso di un intero sistema). Un tentativo riuscito di ricatto nei confronti di Bezos, magari in un decennio in cui i dispositivi Alexa dell’Amazon saranno più diffusi, potrebbe concedere al ricattatore una potentissima piattaforma mediatica.

JEFF BEZOSCOPERTINA DEL NATIONAL ENQUIRER SULLA CRISI TRA OBAMA E MICHELLE

 

Il paradosso è che la piattaforma mediatica che teoricamente avrebbe dovuto avere il coltello dalla parte del manico in questa vicenda, ovvero l’Enquirer, sembra sul punto di sgretolarsi. Secondo i dati di Alliance for audited media la tiratura dell’edizione cartacea è precipitata da 2,6 milioni di copie nel 1996 a 218mila copie alla fine del 2018. L’azienda madre, l’Ami, ha perso 138 milioni di dollari dal 2013 al 2015, e nell’anno fiscale terminato il 31 marzo 2016 ha dichiarato un profitto di 17 milioni con un debito di 394 milioni secondo i dati ufficiali. A gennaio l’azienda è riuscita a rifinanziare il suo debito raccogliendo 460 milioni, apparentemente dopo grandi difficoltà.

jeff bezos washington post

 

Un dirigente britannico del settore dei mezzi di comunicazione, che ha accettato di parlare a condizione di restare anonimo, si domanda se per caso i finanziamenti non siano arrivati dall’Arabia Saudita, che sotto il controllo del principe ereditario Mohammed bin Salman ha mostrato un forte interesse nei mezzi d’informazione occidentali.

JEFF BEZOS BILL GATES

 

Nel 2018 Pecker si sarebbe rivolto a un gruppo di investitori sauditi per tentare di acquisire il settimanale Time. L’anno scorso l’Ami ha pubblicato una patinata rivista di propaganda per tessere le lodi dell’Arabia Saudita e della leadership del principe ereditario. L’11 febbraio un portavoce dell’Ami ha dichiarato all’Economist che “non esistono investimenti nell’Ami provenienti dall’Arabia Saudita”. Tuttavia, al momento di annunciare l’ultimo rifinanziamento, l’Ami non ha precisato l’identità dei suoi creditori più recenti. Un altro mistero in un vero dramma americano del ventunesimo secolo.

david pecker e donald trump 1NATIONAL ENQUIRER: JOHN TRAVOLTA

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”