REALITY SENATO: “BELLO E IMPOSSIBILE, COL FASCINO RUVIDO DELL’INSOLENZA. LO GUARDANO, INORRIDISCONO, SE LO MANGIANO CON GLI OCCHI COME SUCCEDEVA AI TRONISTI DI MARIA DE FILIPPI…”

Mattia Feltri per ‘La Stampa'

Bello e impossibile, col fascino ruvido dell'insolenza. Lo guardano, inorridiscono, se lo mangiano con gli occhi come succedeva ai tronisti di Maria De Filippi. Roberto Calderoli è il pioniere: coglie la desacralizzazione del luogo e del momento, allunga le mani un palmo sotto l'ombelico per accattivarsi la sorte, e che i senatori leghisti lo seguano nell'esorcismo tattile. È successo che Matteo Renzi ha esordito con la levità di un becchino: spero sia l'ultima fiducia che si accorda qua dentro, dice.

L'idea del premier è di sfrattarli, tutti quelli che ha lì davanti, e fare di Palazzo Madama la camera delle autonomie; ma sarà che Calderoli la macchina la conosce da vent'anni, campa cavallo, e per cui si figura ben altro genere di dipartita. «Sono contento di avere suscitato l'attenzione del senatore Calderoli», dice Renzi notando la tastatina di gruppo.

Si è appena sbottonato la giacca. Ha infilato la mano sinistra in tasca. L'indice della destra svolazza da destra a sinistra, ad ammonire i vegliardi e glielo dice lui, che cita Gigliola Cinquetti: «Non ho l'età». Per diventare senatori bisogna avere almeno quarant'anni. Lui ne ha trentanove, ma è entrato lo stesso. Regolarsi.

La sintesi impagabile è a cura di Luigi Compagna del Nuovo centrodestra: «Tutta l'affabulazione retorica, se ha un filo conduttore oltre la banalità, è l'antiparlamentarismo». Lungo i corridoi di palazzo si gioca una specie di derby emotivo fra gli scandalizzati e i giubilanti per la demolizione del tempio. Sentite i più entusiasti del Partito democratico, dal cui settore, durante il discorso di Renzi, erano saliti pochi e timidi applausi. Mauro Del Barba: «Ancora una volta ha sorpreso tutti parlando direttamente al paese». Franco Mirabelli: «Il tono anche irrituale ha contribuito a rafforzare l'idea di un esecutivo che guarda al futuro».

Maria De Giorgi: «Energia pura!». Un'energia messa a disposizione del sovvertimento dell'ordine costituito: c'è da stabilire se sia un bene o un male. E Calderoli, ormai immerso nelle sue funeree considerazioni, dice: «Se va come vuole lui, qui resteranno qualche senatore a vita e molti senatori a morte». È «eversivo», aggiunge Calderoli, «perché guida la folla contro il palazzo, lui che del palazzo è il capo».

E non è solamente una questione di sopravvivenza. Si tirano fuori le buone maniere. «Ci siamo presi senza fiatare villanerie d'ogni sorta», dice Compagna. Siete mai stati al mercato rionale? Avete mai parlato con un insegnante? Sapete che vuol dire incontrare la famiglia di un diciassettenne morto sulla strada?

La sintesi fra «un vero e proprio comizio di piazza» (Miguel Gotor, Pd) e l'esibizione di buonissimi sentimenti incartati nel politicamente corretto. «È venuto ad alterare la prassi consolidata», dice Lucio Barani, socialista di Forza Italia prestato al Gruppo autonomie. Nessun discorso istituzionale, magari polveroso ma rispettoso della prassi, né l'elenco dei propositi. Proprio l'invettiva, dice Barani. «E i bambini a scuola li accompagno pure io», dice Benedetto Della Vedova (Ncd). E va anche ai mercati rionali.

«Fosse solo quello: mi ero preparato un foglietto per appuntare il programma e per tre quarti d'ora non ho scritto niente», dice Maurizio Bucarella dei Cinque stelle. Figuriamoci se loro si sono fatti incantare. E figuriamoci se si trovano male - quanto a regole d'ingaggio - col marziano di Pontassieve: per metà intervento si sono spesi in monellerie da scuola media, risatine, urletti ai confini della pernacchia (a proposito di santuario sconsacrato). E lui che ribatteva come nemmeno a Ballarò.

Ecco, qui la popolazione senatoriale è smarrita. Che modi sono, la buona creanza, e i contenuti che latitano, e tira almeno fuori le mani dalle tasche. E quando vieni qui, cocco, parla ai senatori anziché agli elettori. «Non ha letto un discorso lo ha recitato» dice Giorgio Tonini del Pd. Aveva l'aria di uno che intende «bucare lo schermo», aggiunge. È andato oltre Berlusconi che sopravvive in campagna elettorale perenne ma aveva un tradizionale rispetto per l'istituzione, «mentre Renzi fa campagna elettorale anche qui, il giorno in cui chiede fiducia».

E nota, Tonini, che non c'è stato un cenno al presidente della Repubblica. Violata la regoletta più facile, «e forse s'è dimenticato o forse voleva segnare la distanza coi governi del Quirinale o di Bruxelles». Tonini queste cose le dice con l'esatta impostazione d'umore con cui Laura Puppato, del medesimo partito, dice l'opposto:

«Ha fatto il contrario di ciò che facevano i suoi predecessori, tutti attenti a non scaldare gli animi e i cuori. Renzi invece si è presentato come l'italiano medio, e ha parlato all'italiano medio. Lo capisco. Quando ero sindaco di Montebelluna, cercavano di insegnarmi il cerimoniale ma io ne ero allergica. Se questa è l'Italia nuova, è un Italia che mi piace. È un'Italia autentica, positiva».

Gira la ruota, si torna da Compagna: «Voto la fiducia con la disposizione d'animo con cui Gronchi, De Nicola e De Gasperi la votarono a Mussolini». Non è più il Senato, è un campo di prigionia.

 

 

Matteo Renzi da Maria De Filippi ad AmiciROBERTO CALDEROLI MIGUEL GOTOR FOTO ANDREA ARRIGA Benedetto Della Vedova GIORGIO TONINI Laura Puppato

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