IL CASO STRIANO, CHE HA SVELATO GLI ACCESSI ABUSIVI AI SISTEMI INFORMATICI DELLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA, DIVENTA UNA PALUDE PIENA DI OMBRE: L’INDAGINE SI E’ CHIUSA SENZA INDIVIDUARE I PRESUNTI MANDANTI – E SI ACCENDE LO SCONTRO TRA IL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA, GIOVANNI MELILLO, E L’EX COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, GIUSEPPE ZAFARANA, OGGI PRESIDENTE DI ENI – MELILLO SOSTIENE CHE A CHIEDERGLI DI INCONTRARE IL TENENTE STRIANO FU ZAFARANA CHE PERO' SMENTISCE: “NO, FU IL COMANDANTE SIRICO A FARLO, IO NON SAPEVO NEANCHE IL SUO NOME” – ZAFARANA RACCONTA CHE IL CRONISTA DI “REPUBBLICA”, GIULIANO FOSCHINI, ARRABBIATO PER I BUCHI GIORNALISTICI PRESI DA “DOMANI” E “LA VERITÀ” SUL CASO STRIANO, SI LAMENTO’ CON LUI E, DIETRO RICHIESTA DEL GENERALE, SI ATTIVO’ PER CAPIRE CHI FOSSE LA “GOLA PROFONDA” RIVELANDO POI A ZAFARANA CHE LA FONTE DEI SUOI COLLEGHI ERA IL SOSTITUTO PROCURATORE ANTONIO LAUDATI – MA IL FINANZIERE TENNE QUESTA NOTIZIA PER SE’ E NON DENUNCIO’…
Estratto dell’articolo di Enrica Riera per “Domani”
Da un lato, il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo. Dall’altro, l’ex comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, presidente di Eni. Nel mezzo, un magistrato, Raffaele Cantone, a capo della procura di Perugia e legatissimo a Melillo, a mediare uno scontro ai massimi livelli istituzionali.
Tutta colpa del caso Striano, l’indagine, cioè, a carico del sotto ufficiale delle fiamme gialle (Pasquale Striano), accusato assieme all’ex magistrato Antonio Laudati di rivelazione di segreto e accesso abusivo a sistema informatico in riferimento alle segnalazioni di operazioni sospette (Sos) finite sulla stampa. L’indagine è nata da un esposto del ministro della Difesa, Guido Crosetto, contro tre giornalisti di Domani che avevano rivelato i suoi conflitti di interesse.
L’inchiesta dopo un rimpallo tra procure è tornata a Roma. È tuttavia nel suo passaggio a Perugia che assume rilevanza perché sia Cantone sia Melillo avevano sfilato in commissione antimafia per descrivere un «verminaio» mai visto, con «mandanti» occulti a manovrare finanzieri, ex pm e giornalisti. Ora l’indagine è chiusa, di mandanti però non c’è traccia. Ciò che resta, invece, è uno scontro istituzionale con pochi precedenti.
Nel fascicolo del caso Striano troviamo lettere, interrogatori e contro missive, in cui Melillo accusa il generale di non aver denunciato le informazioni di cui era entrato in possesso, mentre Zafarana al contrario rivela i dettagli dei loro incontri e spiega di aver denunciato prima di tutti l’origine delle fughe di notizie (la Dna) sulla base di indicazioni raccolte in ambienti giornalistici.
Per spiegare come nasce lo scontro tra Melillo e Zafarana, è necessario tornare ai primi di marzo 2024. Quando Melillo va in commissione antimafia: «Esiste un mercato delle informazioni riservate […] Bisogna capire se è il frutto della debolezza dei sistemi digitali. O se invece esistono delle logiche più sofisticate. Credo che l’indagine di Perugia consenta di mettere qualche mattoncino per immaginare una costruzione più ampia».
A inchiesta già iniziata da un anno e mezzo, pochi giorni dopo avere spiegato, a indagini ancora aperte, il teorema in commissione parlamentare antimafia, Melillo prende carta e penna e scrive a sorpresa a Cantone. Non è una lettera informale: è una relazione destinata a diventare atto d’indagine ufficiale e confluita nel fascicolo del caso Striano.
È importante perché ha delle conseguenze: prima fra tutte, la convocazione di Zafarana al cospetto di Cantone, per una testimonianza da lasciare agli atti. Infatti Melillo fa cenno per la prima volta a «una colazione di lavoro svoltasi su invito dell’allora comandante generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana presso la sede del Comando generale».
Nella relazione c’è anche scritto che «durante tale colazione, il comandante dei Reparti Speciali della Gdf, Umberto Sirico, nel discutere di nuovi assetti da dare alla collaborazione con la Dna in materia di gestione delle Sos» aveva chiesto a Melillo «di accogliere la richiesta di incontro con Striano, indicato come ufficiale di Pg di grande esperienza nella materia». In quel momento è una suggestione succosa: l’incontro in cui i grandi capi della finanza fanno il nome di Striano come ufficiale di grande esperienza.
Come a dire al procuratore di Perugia: e se fossero ai vertici della finanza i mandanti che non abbiamo trovato?
Arriviamo così a dicembre 2024, nove mesi dopo l’audizione in Antimafia e la lettera sulla colazione inviata da Melillo a Cantone. Il procuratore capo di Perugia interroga Zafarana.
Nel verbale, di oltre cento pagine, il generale spiega il motivo di quell’incontro, in cui si era parlato di «tematiche operative che riguardavano i Reparti Speciali e la Procura Nazionale Antimafia, in termini generali...Quindi sono le due strutture, i Reparti Speciali e la Dna, che nella quotidianità sviluppano le relazioni operative. Questo è il motivo per il quale viene fatto questo pranzo».
Poi aggiunge: «Non ho il ben che minimo ricordo del fatto che Sirico abbia chiesto a Melillo: “Ricevi Striano perché più volte ha chiesto di essere ricevuto alla tua segreteria e non l’hai mai ricevuto ed è pure un bravissimo ufficiale di polizia giudiziaria”.
Non ne ho il ben che minimo ricordo, ma questo mio non ricordare io lo motivo, non è che lo dico soltanto così. Primo – continua Zafarana – perché del tenente Striano non sapevo nemmeno il nome...per me era un nome sconosciuto; in secondo luogo perché non ci sarebbe stato nulla di strano, se la prendi così questa affermazione.
Si tratta di un generale, il comandante dei Reparti Speciali, che ti segnala un’impasse organizzativa di banale e ordinaria amministrazione riguardante un ufficiale di grado bassissimo, un sottotenente, ed avente ad oggetto una problematica rientrante tipicamente nella quotidianità delle relazioni operative. Perché me la dovrei ricordare?»
Zafarana, tra le altre cose, segnala a Cantone anche di essersi «fatto carico del problema delle Sos». Avrebbe cioè cercato di bloccare la divulgazione delle segnalazioni di operazioni sospette: «Che questa fosse una tematica delicatissima... che poteva creare dei danni potenzialmente molto forti al corretto e libero svolgersi delle dinamiche politico-istituzionali. Io mi faccio carico di questo problema, delle Sos che uscivano fuori dai media».
Giuseppe Zafarana - comandante generale della guardia di finanza
[…] Zafarana dice a Cantone di aver riferito a Melillo le informazioni raccolte in ambiente giornalistico per carpire quale fosse la fonte delle fughe di notizie.
Il generale racconta, dunque, di aver svolto degli accertamenti sul caso. Per farlo ha chiesto aiuto a un giornalista. «Uno dei giornalisti, che si dolevano maggiormente di tutta questa vicenda, era Giuliano Foschini di “Repubblica”. Sin dal primo colloquio Giuliano Foschini mi rappresentò questa difficoltà del suo quotidiano e sua personale sul tema in questione perché diceva: “Siamo bucati sistematicamente da tutte queste SOS” e io a lui ho ribadito esattamente quello che ho detto prima, gli ho detto: “Caro Giuliano, io conosco perfettamente il problema, ne sono consapevole, sto facendo di tutto per cercare di venirne a capo, se individuo qualche militare del corpo per me sarà perseguito”».
In seguito Zafarana fa una richiesta insolita al cronista, che però accetta: «Tu prova a vedere se riesci tra i tuoi colleghi a sapere qual è la fonte di provenienza perché io ho fatto le mie indagini, faccio i miei approfondimenti e non vengo a capo di nulla”».
Foschini, come riferisce Zafarana a Cantone, suggerisce la via, pur precisando al finanziere che «i giornalisti che hanno la notizia della SOS fanno bene a pubblicarla, perché è un loro dovere». Così Zafarana racconta: «(Foschini, ndr) mi dice: “Nel mondo della stampa e solo sulla base di voci che sono ricorrenti tra i giornalisti, l’idea che si ha è che una delle possibili fonti di propalazione delle fughe di notizie possa ricercarsi nella Direzione Nazionale Antimafia e possa ricondursi al consigliere Laudati”. Mi dice questa cosa, io resto ovviamente interdetto di fronte a questa notizia (...) e a Giovanni (Melillo, ndr) racconto questa cosa qua, anche di Laudati».
giuseppe zafarana foto di bacco
Zafarana specifica il periodo in cui avrebbe detto a Melillo di Laudati: «Questa cosa la colloco nella seconda metà di giugno. In un incontro organizzato nel mio ufficio mi ricordo anche questo dettaglio, che sono stato due giorni a pensare a come dirglielo perché mi dispiaceva dirglielo, per una questione di sensibilità tutta mia perché dicevo: “È appena diventato Procuratore Nazionale Antimafia e gli vado a dire questa cosa qua, che poi magari è una calunnia?” A Roma ne girano mille di voci su tutti noi, in positivo, in negativo, enfatizzate... quindi era una voce, era un “si dice”, però come facevo a non dirglielo?
Quindi a Giovanni racconto questa cosa qua».
Zafarana dà molto peso al suo ruolo nella “risoluzione” del caso. Sempre nel verbale fa riferimento anche a dei messaggi col giornalista di Repubblica. «Il 3 agosto, quando io vado via dal Comando generale, guarda qua cosa mi scrive Foschini... “mi è stato riconosciuto in redazione”, probabilmente i giornalisti di Repubblica, no? Poi guarda cosa gli dico io. Cioè lui mi dice: “Tu l’hai fatta fruttare”, perché mi dice “tu l’hai fatta fruttare”? Perché io gliel’avevo detto a Foschini: “Guarda che l’ho detta a Melillo questa cosa qua”.
GAETANO PECORARO INTERVISTA PASQUALE STRIANO - LE IENE 2
E ancora io: “Mi desti una pista sulla quale nessuno di noi aveva mai pensato”, cioè tutti quelli che ci lavoravano alla fine non ci hanno mai pensato, “ricordi?”». Da quel che dice Zafarana, quindi, il giornalista avrebbe ricevuto persino un ringraziamento in redazione per aver svelato le fonti di altri suoi colleghi concorrenti. Contattato per una replica, Foschini ha detto a Domani che non può «svelare i colloqui con le fonti».
Lo scontro si arricchisce però di un ulteriore capitolo. Un mese dopo le sommarie informazioni raccolte da Cantone, in cui Zafarana ripercorre gli argomenti di quella colazione con Melillo, il procuratore nazionale risponde con un’altra lettera a gennaio 2025 in cui ricorda al generale che avrebbe avuto l’obbligo di denunciare formalmente quanto appreso dal giornalista: «Il predetto Comandante Generale mi disse, più o meno testualmente: “Ci sono addirittura voci che riconducono alla Dna le fughe di notizie”, per poi precisare immediatamente che si trattava di meri rumors, peraltro non riferiti a specifici episodi e comunque privi di possibilità di effettiva verifica.
Alla mia ulteriore domanda sull’origine di quelle “voci”, Zafarana precisò che esse provenivano da non meglio indicati ambienti giornalistici irritati dagli “scoop” solitamente esclusivi delle testate “Il Domani” e “La Verità”.
Aggiunse Zafarana che quelle voci erano davvero inafferrabili, ma che gli sembrava giusto che io ne fossi a conoscenza. Nessun riferimento fu fatto alla persona o alle funzioni del dott. Antonio Laudati», scrive Melillo. «Laudati fu da me delegato per curari i rapporti con il comando generale della Gdf, cosa impensabile se avessi avuto il minimo dubbio sulla sua integrità», ha aggiunto il procuratore.
Poi, un’altra stoccata: «Zafarana mi disse che si trattava di mere e vaghe indicazioni: se non fosse stato così, come pubblico ufficiale avrebbe dovuto assolvere immediatamente e formalmente l’obbligo di denuncia».
giuseppe zafarana guardia di finanza
Melillo racconta poi che «il 21 marzo 2023 Zafarana gli disse: “Per fortuna l’abbiamo preso il Giuda, chi ha sbagliato deve pagare”. A tale riguardo ebbi ad esprimere la mia convinzione che non tutto potesse ricondursi alla teoria della mela marcia. Suscitando la meraviglia di Zafarana, che si mostrò turbato. Nella medesima occasione, ricordai che Striano era la stessa persona che ero stato invitato a incontrare e a considerare come mio affidabile interlocutore. Zafarana agitando l’indice della mano destra disse: “No ti sbagli”, per poi aggiungere dinanzi allo stupore evidentemente rivelatosi sul mio viso: “Voglio dire, non io, Umberto (Sirico) te lo chiese”».










