domenico arcuri vaccinazione conflitto interessi

DOPO LO SCOOP DE “LA VERITA’”, DOMENICO ARCURI NEGA DI SAPERE DI ESSERE INDAGATO PER PECULATO TRAMITE UNA NOTA DI INVITALIA - MA GIÀ A NOVEMBRE L'EX COMMISSARIO AVEVA SCRITTO A PRESTIPINO DOPO AVER SAPUTO DELLA SEGNALAZIONE ALL'ANTIRICICLAGGIO DELLA BANCA D'ITALIA RELATIVA ALLA FORNITURA DA 801 MILIONI DI MASCHERINE PAGATE 1,25 MILIARDI DI EURO DALLA STESSA STRUTTURA COMMISSARIALE…

Giacomo Amadori per “la Verità”

domenico arcuri

 

Sull' indagine per peculato nei confronti dell' ex commissario per l' emergenza Covid Domenico Arcuri, rivelata dal nostro giornale, ieri si è scatenato il pandemonio. E Invitalia, l' agenzia per lo sviluppo d'impresa guidata dal manager calabrese, ha immediatamente diramato questa nota: «In merito a quanto riportato questa mattina dal quotidiano La Verità circa l' indagine sulle mascherine, l'amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri comunica di non avere notizia di quanto riportato dal suddetto quotidiano».

 

domenico arcuri

Che Arcuri non sappia di essere indagato non deve stupire essendo le investigazioni ancora in corso. La notizia dell'esistenza di un filone d'inchiesta per peculato era, però, stata anticipata dalla Verità già a marzo, infatti l' informazione era contenuta in una rogatoria internazionale inviata dai pm capitolini ai colleghi sammarinesi. In ogni caso il comunicato di Invitalia proseguiva così: «Il dottor Arcuri, nonché la struttura già preposta alla gestione dell' emergenza, continueranno, come da inizio indagine, a collaborare con le autorità inquirenti nonché a fornire loro ogni informazione utile allo svolgimento delle indagini».

 

roberto speranza domenico arcuri

Un concetto, quello della cooperazione, che Arcuri aveva già espresso in una lettera riservata inviata lo scorso 24 novembre al procuratore di Roma Michele Prestipino, dopo che il manager era venuto a conoscenza, sempre grazie al nostro giornale, della segnalazione all'Antiriciclaggio della Banca d'Italia relativa alla fornitura da 801 milioni di mascherine pagate 1,25 miliardi di euro dalla stessa struttura commissariale. In quel momento Arcuri era indagato per corruzione, ma dopo una decina di giorni gli inquirenti capitolini stralciarono la sua posizione e quella del suo collaboratore Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento, chiedendone l'archiviazione.

DOMENICO ARCURI

 

Anche se l'ipotesi della corruzione sembra tramontata (sebbene il gip non abbia ancora accolto l'istanza di proscioglimento), adesso i pm contestano ad Arcuri e Fabbrocini l'appropriazione indebita del pubblico ufficiale, punita con pene che vanno da 4 a 10 anni e sei mesi. Questo reato si può commettere anche disponendo pagamenti indebiti, come potrebbero essere considerati quelli per le mascherine.

 

Sulla qualità dei dispositivi di protezione individuale arrivati dalla Cina ci sono infatti molti dubbi (per esempio mancavano le certificazioni Ce, pur essendo previste dai contratti) e la guardia di finanza ha sequestrato milioni di mascherine entrate nelle forniture sotto indagine. C'è poi la questione delle provvigioni pagate dai consorzi cinesi ai mediatori accusati di traffico illecito di influenze.

domenico arcuri

 

Anche queste ricchissime commissioni (almeno 72 milioni di euro, ma i magistrati ne stanno cercando altri 37,5 all'estero) non sarebbero altro che una percentuale sui pagamenti effettuati dalla struttura commissariale con i fondi per l'emergenza.

Nella missiva del 24 novembre indirizzata al procuratore Prestipino, l'ad di Invitalia si mostrava molto interessato ad approfondire le notizie riportate dalla Verità: «La ricostruzione giornalistica, pur non richiamando esplicitamente indagini di natura giudiziaria, mi induce a ritenere possibile che l'Ufficio da lei diretto possa aver avviato in proposito approfondimenti finalizzati ad accertare fatti e circostanze e a valutare la legittimità delle attività svolte».

 

DOMENICO ARCURI

E infatti, in quel momento, un' inchiesta era in corso e lui era indagato. Dopo aver sottolineato «la drammaticità del momento» e «di svolgere il compito che il governo» gli «ha affidato», il commissario si era «immediatamente» messo a disposizione «per concorrere a individuare e fornire ogni elemento eventualmente utile a indagini o accertamenti che fossero in corso e ciò non solo per una doverosa collaborazione istituzionale, ma anche per dare un chiaro e inequivocabile segnale del rigore con cui la struttura commissariale opera e intende continuare a operare».

 

MICHELE PRESTIPINO

Infine Arcuri aveva fatto sapere alla Procura che avrebbe potuto «contare sulla sua fattiva e concreta collaborazione personale e di tutti i suoi uffici, «nel comune intento di garantire, anche nell' emergenza, il rispetto della piena legalità». Da allora sono passati più di quattro mesi e chissà se ieri Arcuri avrà ripreso carta e penna per ribadire gli stessi concetti. Di certo da novembre le indagini si sono concentrate anche sull' operato dell' ex commissario come è emerso chiaramente nelle successive iniziative della Procura e del Tribunale.

 

MARIO BENOTTI

Infatti nelle scorse settimane sono stati disposti sequestri per 70 milioni di euro, un arresto e quattro misure interdittive. Dai testi di questi provvedimenti l' immagine di Arcuri è uscita piuttosto ammaccata. Non come possibile corrotto, ma nella sua veste di pubblico ufficiale avvicinabile in modo informale e illecito da un gruppetto di mediatori quantomeno pittoresco o di manager un po' troppo disinvolto nell' utilizzo di fondi destinati all' emergenza, come il miliardo e 250 milioni di euro spesi per acquistare una montagna di dispositivi di protezione cinesi sulla cui effettiva regolarità sembra ci sarà molto da scrivere.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…