palamara cantone

TUTTO GIRA INTORNO ALLA PROCURA DI PERUGIA - UNA COSA MAI VISTA: CANTONE FERMA LE INDAGINI SUL CASO SUAREZ PER L'INCAPACITÀ DI PROTEGGERNE LA SEGRETEZZA - I MESSAGGI SCAMBIATI TRA PALAMARA E IL MAGISTRATO TITOLARE DEL FASCICOLO SU SUAREZ PER L'EPURAZIONE DI UNA COLLEGA - LE CHAT SEGRETE E VENDETTE TRA TOGHE, GLI INCROCI CON L'INDAGINE PALAMARA

Giacomo Amadori per “la Verità”

 

PALAMARA CANTONE

L'inchiesta più mediatica del momento, quella sull'esame di lingua italiana del bomber Luis Suarez, suscita qualche perplessità anche in chi juventino non è. Innanzitutto, come capita spesso, gli avvocati difensori hanno letto alcune intercettazioni ancora coperte da segreto sul quotidiano che da mesi fa da ufficio propaganda della Procura di Perugia per il caso Palamara. Anche le firme sono le stesse e questo un po' immalinconisce. Ma la cosa sembra non aver intristito noi soli. Ieri pomeriggio, il neo procuratore Raffaele Cantone, «indignato per quanto successo finora», ha improvvisamente annunciato, via agenzia, di aver deciso di «bloccare da oggi a tempo indeterminato tutte le attività investigative () per le ripetute violazioni del segreto istruttorio», e di voler aprire presto un fascicolo «per accertare eventuali responsabilità».

raffaele cantone foto di bacco

 

Una cosa mai audita: indagini fermate per l'incapacità di proteggerne la segretezza. Dopo un'ora e mezza è arrivata, però, la seguente precisazione: «Le indagini in corso "saranno tutte riprogrammate in modo da garantire la doverosa riservatezza"». Quindi il procuratore ha fatto sapere che l'inchiesta «riprenderà nei prossimi giorni con tutti gli accertamenti ritenuti necessari dagli inquirenti per chiarire la vicenda». Insomma il «blocco a tempo indeterminato» è durato lo spazio di 45 minuti.

 

Alle 19 e 04 l'ultimo monito attribuito a un Cantone in versione a metà tra Jacques de La Palice e Vujadin Boskov: «Atti devono diventare pubblici solo quando previsto dalla legge». Il procuratore è assurto all'aspirato soglio sull'onda dell'inchiesta Palamara. Dalle intercettazioni infatti emergeva che il pm indagato per corruzione non nutrisse grande simpatia per l'ex presidente (in quota Renzi) dell'Autorità anticorruzione o per lo meno che avesse in mente altri candidati per l'ambita poltrona.

IL PM LUCA MASINI

 

Alla fine il posto lo ha ottenuto lui, nonostante non facesse l'inquirente dal 2005 e avesse, a dire dei suoi avversari e dei consiglieri del Csm che non lo hanno votato, meno titoli dei suoi competitori. Che in effetti hanno fatto ricorso al Tar. Uno di questi è il procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini (sconfitto lo scorso 17 giugno con un combattuto 12 a 8), il quale contesta ai consiglieri di aver scelto Cantone per il suo ruolo nell'Autorità anticorruzione, nonostante si tratti «di un'attività estranea all'esercizio della giurisdizione» e di non aver tenuto conto della sua esperienza sul campo.

 

Ma ha fatto ricorso anche Gaetano Paci, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, neppure preso in considerazione dalla competente quinta commissione del Csm. Quella di Paci, si legge nel ricorso presentato dal magistrato di origine palermitana, è una esclusione «illogica» e «contraddittoria», in «violazione» della normativa. La stessa commissione, infatti, elogia il profilo professionale di Paci, «prevalente» rispetto a Cantone per esperienze organizzative esercitate in ambito giudiziario.

 

LUIGI CHIAPPERO

Paci è stato a capo della Dda di Reggio Calabria, mentre Cantone non ha mai esercitato questa funzione nei suoi 15 anni da pm. Dopo è passato al Massimario della Cassazione e all'Anac. «Le ragioni addotte dalla Commissione» per preferire Cantone «si fondano sul servizio prestato dal vincitore quale presidente di un organo di nomina politica, l'Anac» sostengono i difensori di Paci. Cantone è un grandissimo tifoso del Napoli e anche se in passato parlò di «caccia alle streghe alla Juve» e disse che il problema dell'Italia non poteva essere «la curva della Juve», resta indimenticabile una prima pagina del Corriere dello sport con le sue dichiarazioni da ultrà, dopo che al Napoli era stato squalificato per tre giornate il bomber Gonzalo Higuain: «Devono ridarci Higuain» si leggeva in prima pagina tra virgolette.

 

MARIA TURCO

E poi: «Cantone critica il giudice sportivo: "Meritava al massimo due turni. Un altro regalo alla Juve"». Sarà per questo che ieri mattina non tutti si sono stupiti nel vedere gli avvocati della Juventus Luigi Chiappero, uno dei più noti e stimati penalisti italiani, la sua collaboratrice Maria Turco, e l'amministrativista Brunella De Blasio, sfilare tra due ali di giornalisti, prima di entrare in Procura per essere ascoltati come testimoni. Il viso tirato e contrariato di Chiappero era più eloquente di una conferenza stampa. È chiaro che i difensori potessero essere sentiti, non diciamo a Torino o a Roma, ma, per esempio, in una caserma della Guardia di finanza.

andrea agnelli

 

Un riguardo istituzionale che spesso si riserva ai politici, ma che gli inquirenti, evidentemente, non hanno ritenuto di concedere ai tre legali. Offrendo ai media l'imperdibile foto opportunity di Chiappero davanti alla Procura. Dopo qualche ora, il procuratore Cantone si è però affrettato a stigmatizzare «l'assembramento dei mezzi d'informazione» e ha promesso di fare «in modo che tutto questo non accada più». Resta lo scivolone che potrebbe concedere degli alibi a chi, nel mondo juventino, intravede nuvolette di fumus persecutionis, dopo l'inchiesta sull'infiltrazione della 'ndrangheta dentro alla curva bianconera.

 

Una sindrome da fortino assediato che si aggrava in chi ricorda che il viceprocuratore federale della Federcalcio che potrebbe prendere in mano il fascicolo perugino è quel Marco Di Lello, che da deputato portò in commissione antimafia, dove era segretario, un'intercettazione «fantasma» sulla Juventus, in cui Andrea Agnelli mostrava di essere a conoscenza dei precedenti penali di alcuni tifosi.

 

il video dell'uomo che manda palamara a quel paese

Ma, come detto, la conversazione segnalata da Di Lello non emerse dagli atti dell'inchiesta. Agnelli fece questo durissimo comunicato: «C'è stata sicuramente qualche irregolarità nella vendita dei biglietti, ma in questi due anni abbiamo assistito a uno spettacolo molto spiacevole, fatto anche da un'indagine della commissione Antimafia nella quale si citano intercettazioni che i fatti hanno dimostrato essere inesistenti. E abbiamo assistito alla scena, ai limiti se non oltre il conflitto di interessi, dei fratelli Di Lello (Massimo e Marco, ndr), entrambi avvocati nello stesso studio legale che porta il loro nome, con uno dei due fratelli che firma la relazione di indagini della procura federale sulla Juventus e l'altro, allora deputato, che fa il relatore del pur meritorio comitato Mafia e sport della commissione Antimafia».

 

Di Lello minacciò querela. C'è infine il caso del pm Paolo Abbritti, titolare del fascicolo insieme con Gianpaolo Mocetti, che ci collega direttamente al caso Palamara. Infatti come abbiamo già scritto sulla Verità, l'ex presidente dell'Anm considerava Abbritti il suo cocco («È un ragazzetto proprio nostro, fidato»).

luca palamara

 

Palamara ha chiesto di poter utilizzare nei procedimenti che pendono sulla sua testa i messaggi scambiati con Abbritti su Telegram, chat criptata.In particolare quelli con cui veniva pressato per allontanare da Perugia il procuratore aggiunto Antonella Duchini, accusata di corruzione. All'epoca Palamara sapeva già di essere sotto indagine in Umbria e si riteneva incompatibile. In un'intercettazione ambientale aveva riferito a un amico che Abbritti, «una volta», avrebbe ammesso: «Sì, è arrivata questa cosa, non so di che si tratta però».

 

Ma c'è una conversazione in cui Palamara fa anche capire di aver avuto informazioni precise sulle contestazioni che lo riguardavano: «E Abritti, permettimi di dirtelo, è un pezzo di merda, (inc. le) che mi ha detto, ah ma tu non mi hai detto che hai fatto il viaggio a Dubai? Ah Paolo ma che cazzo ti devo dire? quello che faccio a te lo devo dire? ma che cazzo vuoi?».

 

LUIGI DE FICCHY

Infine Palamara ha citato, pure, un altro colloquio che avrebbe avuto con il pm perugino: «Paolo, guarda che se c'è qualcosa, io non posso fare questo processo alla Duchini». E la risposta sarebbe stata questa: «No, tu fallo tranquillamente, non c'è niente, non c'è niente». Alla fine della conversazione Palamara si era detto pronto a scrivere un memoriale con cui «vanno a fini' tutti in galera», avendo come prova «i messaggi di Paolo qua».

 

Quelli di Telegram, dove Abbritti, all'epoca molto vicino al procuratore Luigi De Ficchy, chiedeva informazioni, anche a nome del capo, sul procedimento contro la collega Duchini.Il 27 luglio 2018 Abbritti scrive su Telegram a Palamara: «Firenze (che indaga sulla Duchini, ndr) ci chiede se entro lunedì verrà sciolta la riserva sul cautelare (da parte del Csm, ndr). Devono decidere se impugnare ordinanza gip». Nel capoluogo toscano il giudice aveva respinto la richiesta di misura cautelare interdittiva nei confronti della Duchini.Palamara risponde: «Relatore deve depositare provvedimento perché lo sta scrivendo appena deposita ti avverto. Un abbraccio».

 

Abbritti: «Grazie mille ti abbraccio forte». Il 3 agosto arrivano le buone notizie. A mezzogiorno Palamara invia questo messaggio: «Aggiorna il tuo capo». Abbritti: «Ha depositato?». Palamara: «Sì». Abbritti: «Trasferimento ad Ancona? Si può avere?». Passano dieci minuti e il sostituto procuratore umbro comunica: «Avvisato il capo. Molto contento. Ti ringrazia. Un abbraccio forte».

 

Dopo alcune nomine e prima che venisse depositata la decisione sulla Duchini, Abbritti aveva scritto a Palamara anche questo sms: «Intanto ti ringrazio per questo. So che avevi tante pressioni».Adesso le pressioni rischia di averle Abbritti: un fascicolo come quello sulla Juve non capita sul tavolo tutti i giorni.

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