trivulzio

CRONACHE DELLA ‘BAGGINA’ – “I PAZIENTI MORIVANO SENZA FARE IL TAMPONE” - AI PM LA PRIMA DENUNCIA DEL PERSONALE DEL TRIVULZIO: “LA DOTTORESSA CI INVITO’ A TOGLIERE LE MASCHERINE PER NON CREARE SCOMPIGLIO TRA I DEGENTI” – GLI SPOSTAMENTI, LA MENSA E LE VISITE: COSÌ È NATA LA TRAGEDIA (203 DECESSI TRA MARZO E APRILE)...

Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”

 

Questa è la storia di un reparto «pulito». Il reparto dei «salvati». Per due mesi ha resistito mentre tutt' intorno il Covid-19 devastava il Pio Albergo Trivulzio (203 morti tra marzo e aprile). È anche la storia degli infermieri che si sono portati le mascherine da casa. Dall' interno del «Grossoni», reparto a contagio (quasi) zero, però hanno visto tutto.

trivulzio

 

Anziani con i sintomi del coronavirus, curati senza le necessarie protezioni e poi morti, ma senza accertamenti. E poi gli spostamenti «pericolosi», andati avanti fino al 22 aprile. Arriva a quella data la cronaca delle dieci settimane più drammatiche nella storia recente del Trivulzio, che il Corriere può ricostruire grazie a una denuncia appena depositata (la prima da parte del personale, curata dagli avvocati Luca Santamaria e Luigi Santangelo, che seguono anche il «Comitato giustizia e verità per le vittime del Trivulzio»). Il documento è nell' inchiesta già aperta sul Pat.

 

Fine febbraio. Al «Grossoni» (pazienti cardiologici) segnalano il primo caso sospetto di Covid. Viene isolato in una stanza singola. A marzo arrivano altri pazienti: sono i giorni della grande emergenza, in cui la Regione limita i tamponi solo alle persone con sintomi che vanno in ospedale. Così, al Pat, i pazienti a rischio restano tra i padiglioni senza diagnosi (e presumibilmente diffondono il virus).

 

Due di quelli che entrano al «Grossoni» moriranno anche, come «casi sospetti».

Ventisei febbraio. Il paziente C., malato di polmonite, finisce nella «stanza isolata».

fontana trivulzio

Non può uscire. «Non si indicano però protezioni», dice la denuncia. Dopo qualche giorno, si aggrava. Il 10 marzo muore. Crisi respiratoria. Così viene rubricato: senza tampone. Il giorno dopo, 11 marzo, la stessa stanza viene assegnata al paziente Z. Al ricovero, non ha sintomi, ma presto si ammala. Febbre alta. Crisi respiratorie. Il 30 marzo, anche il paziente Z. muore.

 

Su questi anziani, nonostante i sintomi compatibili, la presenza del Covid resta ignota. Forse, come altri, hanno diffuso il virus in modo non controllato. È uno dei punti nevralgici per spiegare la strage nelle Rsa. Assenza di diagnosi precoci, pochi isolamenti, spostamenti frequenti tra reparti. Le cartelle cliniche dei pazienti C. e Z. sono state sequestrate dalla Finanza.

 

Nelle prime settimane di marzo, gli infermieri del «Grossoni» sono sempre più preoccupati. Hanno tre anziani con la polmonite. E sono «sprovvisti» di protezioni adeguate (è il momento in cui mancano anche negli ospedali).

 

PIO ALBERGO TRIVULZIO

Gli infermieri iniziano a recuperare mascherine in proprio e le indossano. Il 14 marzo (quando in Lombardia si registrano già 5.630 ricoveri e 966 decessi per coronavirus) avviene un alterco che potrebbe avere un peso decisivo nell' inchiesta. Nella denuncia è ricostruito nei dettagli. La dottoressa V. (della dirigenza) arriva al «Grossoni» e ribadisce che «non è necessario indossare le mascherine». A un' infermiera che ha la sua, spiega che non va usata: «Per non creare scompiglio tra i degenti». Le protezioni (anche alcuni ordini del Trivulzio sono stati «requisiti» dalla Protezione civile) vengono distribuite il 20 marzo. Al «Grossoni» le fanno indossare anche ad alcuni degenti, pur senza indicazioni in tal senso.

 

Gli infermieri, in accordo coi medici del reparto, il 10 marzo iniziano a dare i pasti nelle stanze per evitare affollamenti nella sala comune.

pio albergo trivulzio

 

Quando la notizia arriva alla dirigenza, spiega la denuncia, la dottoressa V. richiama il personale e fa ripristinare il servizio nel salone (si riusciranno a mantenere cena e colazione in camera). Il «Grossoni» rimarrà «pulito» anche perché infermieri e medici hanno usato precauzioni di propria iniziativa «senza mai attendere disposizioni, anzi spesso contro le indicazioni della dirigenza».

 

Il frequente spostamento di pazienti e personale ha avuto un peso primario nella diffusione del virus nelle Rsa. Per coprire i turni, l' infermiera C.

 

, a inizio aprile, viene spostata dal «Grossoni» al «Sant' Andrea» (un reparto «sporco»).

Pochi giorni dopo, si ammala.

 

Va in pronto soccorso. Tampone «positivo». Il Trivulzio (e qui si tratta ancora di direttive regionali) riceve i primi tamponi il 16 aprile. Sta ora riorganizzando i reparti per separare «positivi» e «negativi». Gli spostamenti però iniziano immediatamente, prima ancora del secondo tampone di conferma. Il 22 aprile, al «Grossoni» vengono inseriti cinque «negativi». Infermieri e medici sistemano i nuovi arrivati in stanze lontane. Hanno ragione a essere sospettosi: 6 giorni dopo, il 28 aprile, la paziente C., risulta «positiva». E d' urgenza viene rimandata indietro.

PIO ALBERGO TRIVULZIOPIO ALBERGO TRIVULZIO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”