“IL PADRE E LA MADRE DEI BAMBINI NON SI SONO MOSTRATI COLLABORATIVI” - CLAUDIO COTTATELLUCCI, PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE DEI MAGISTRATI PER I MINORENNI E LA FAMIGLIA, DIFENDE LA DECISIONE DEI COLLEGHI DELL’AQUILA CHE HANNO TOLTO I TRE BIMBI ALLA FAMIGLIA DI NATURISTI CHE VIVE NEL BOSCO, IN PROVINCIA DI CHIETI: “DALLA POLITICA PAROLE INAUDITE. SI È PROVATO IN 13 MESI A MUOVERSI CON DELLE PRESCRIZIONI. ERA STATA CHIESTA UNA VISITA NEUROPSICHIATRICA PER I BAMBINI. A PROVOCAZIONE, I GENITORI HANNO CHIESTO 50.000 EURO A FIGLIO PER FARLI VISITARE” - BARBARA ROSINA, PRESIDENTE DELL'ORDINE DEGLI ASSISTENTI SOCIALI: “L'ALLONTANAMENTO È L'EXTREMA RATIO, PREVISTA SOLO QUANDO TUTTI I TENTATIVI FALLISCONO…”
1 - IL GIUDICE "È ANCORA POSSIBILE RESTITUIRLI AI GENITORI MA DEVONO COLLABORARE"
Estratto dell’articolo di Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
«L'unica cosa di cui non si sentiva il bisogno in questa vicenda così delicata e complessa è di una contrapposizione manichea». Da Claudio Cottatellucci, giudice del tribunale di Roma e presidente dell'associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, parte un invito «ad avere fiducia nel processo».
Presidente Cottatellucci, quello che tutti si chiedono è appunto quale sarà ora il processo che attende questa famiglia divisa.
la famiglia nel bosco - Catherine Birmingham Nathan Trevallion e i figli
«Cominciamo spiegando che il provvedimento adottato dal tribunale dei minori de l'Aquila è provvisorio. […]
i giudici sperano ancora di attivare i genitori in senso positivo. Dalle carte, se ci si prendesse la briga di leggere il decreto prima di utilizzare parole inaccettabili di condanna sull'operato dei magistrati, appare evidente che si è provato a percorrere la strada del recupero delle funzioni genitoriali, ma senza fortuna. Il padre e la madre di questi bambini finora non si sono mostrati collaborativi».
la famiglia nel bosco catherine birmingham nathan trevallion 6
L'istruttoria su questa famiglia va avanti da più di un anno. Sono state provate altre strade prima di portare via i bambini?
«Ma certo che sì, come sempre si fa in questi casi. Questi tredici mesi non sono stati un tempo morto. I tribunali provano prima con delle prescrizioni, ma sono misure civili non penali. E se le famiglie non le osservano c'è poco da fare.
Era stata chiesta una visita neuropsichiatrica per valutare la condizione dei bambini, è stata rifiutata. Anzi, a provocazione, i genitori hanno avanzato la richiesta di 50.000 euro a figlio per farli visitare. E allora, quando ogni altra strada è sbarrata, si arriva davanti al dilemma che nessun giudice dei minori affronta a cuor leggero».
Nathan e Catherine Trevallion - la famiglia nel bosco
Lei conosce personalmente la giudice Cecilia Angrisano che ha preso questa decisione?
«Intanto la decisione è stata collegiale, frutto di confronto. La collega è esperta ed equilibrata e immagino quanto sia difficile questo momento per lei, che ora è molto preoccupata per questa escalation di odio e attacchi».
Provocata anche dagli interventi della politica?
«Certamente ho sentito parole inaudite, come sequestro di persona, uno stravolgimento dell'alfabeto minimo. Ci vorrebbe più rispetto non solo per i giudici ma proprio per l'esercizio della giurisdizione.
La sollecitazione del ministero della Giustizia, l'annuncio di un'ispezione, il richiamo al prossimo referendum sulla separazione delle carriere che non c'entra proprio nulla. Per fortuna il Csm ha aperto una pratica a tutela dei colleghi de l'Aquila. L'esperienza di Bibbiano non ha insegnato nulla […]».
Nathan e Catherine Trevallion - la famiglia nel bosco
Che ora quale potrebbe essere?
«Questa famiglia ha un avvocato che sta suggerendo delle strade e ha dieci giorni per proporre appello, c'è un curatore speciale che sta seguendo questi minori.
Non ci sono solo i giudici, c'è una platea di soggetti con un unico obiettivo: il benessere dei minori […] ».
2 - BARBARA ROSINA: “NOI ASSISTENTI SOCIALI NON RUBIAMO FIGLI INTERVENIAMO DOVE L’AMORE NON BASTA”
Estratto dell’articolo di Francesca Del Vecchio per “la Stampa”
«Non possiamo consentire che la sofferenza dei bambini diventi uno strumento di propaganda». Barbara Rosina, presidente dell'Ordine nazionale degli assistenti sociali, è amareggiata per l'ondata di polemiche esplosa con il caso della cosiddetta «famiglia del bosco», in Abruzzo […]
Rosina, perché ogni volta che emerge un caso di tutela minorile si parla di «bambini strappati»?
«[…] c'è chi continua a usare ogni vicenda che coinvolge minori per fare propaganda.
Dire che gli assistenti sociali "strappano" i figli significa ignorare che le decisioni non vengono mai prese da soli: sono condivise con magistrati, psicologi, educatori, psichiatri. Esistono protocolli nazionali, linee guida, valutazioni tecniche. Nessun intervento nasce all'improvviso».
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Il caso di Bibbiano ha inciso?
«Abbiamo dovuto ricostruire la fiducia con le famiglie seguite. È stato un lavoro enorme, perché quei casi hanno amplificato la narrativa falsa secondo cui gli assistenti sociali agiscono per impulso personale. È molto pericoloso veicolare un messaggio del genere».
Come si lavora con una famiglia in difficoltà?
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«Partendo sempre dal supporto. Le segnalazioni aprono percorsi lunghi: mesi, alcune anche più di un anno. Si propongono interventi educativi a domicilio, sostegni scolastici, accompagnamenti quotidiani, aiuti pratici per la gestione della vita familiare.
L'obiettivo è mettere i genitori nelle condizioni di farcela.
L'allontanamento è l'extrema ratio, prevista solo quando tutti i tentativi falliscono e quando c'è un rischio reale per la salute, la crescita o la sicurezza dei bambini».
Eppure, se pensiamo al caso abruzzese, nel dibattito si sostiene che quei bambini sarebbero stati «più felici» in famiglia. Cosa ne pensa?
«Che l'amore non basta. La letteratura scientifica è chiara: servono scuola, cure sanitarie, relazioni sociali, una rete familiare, un contesto che favorisca uno sviluppo sano.
Non è un'opinione, è un dato […]».
[…]
Cosa accade durante l'allontanamento?
«La premessa è che nella maggioranza dei casi è temporaneo. Ad ogni modo, non è mai l'obiettivo finale […]».
Da dove nasce questa ostilità verso gli assistenti sociali?
«Dal fatto che siamo una delle pochissime professioni che entrano nelle case per valutare la sicurezza dei bambini. Questo genera paura e conflitto […]».
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La presidente del Consiglio e il ministro della Giustizia stanno valutando l'invio di ispettori. Che effetto le fa?
«È legittimo verificare gli atti. Ma annunciare "ispezioni" prima ancora di dialogare con i professionisti significa usare un gesto tecnico come arma politica. Così si costruisce il sospetto e si indebolisce un sistema che tutela i più fragili. È gravissimo, perché delegittima la capacità dello Stato di proteggere i minori».
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