LA "PALESTINA LIBERA"? UNA SCUSA PER I "MARANZA" CHE VOGLIONO FARE CASINO - CHI HA TRASFORMATO LA MANIFESTAZIONE PRO-PAL DI MILANO IN UNA GUERRIGLIA URBANA? LA MAGGIOR PARTE DEI BLACK BLOC SONO RAGAZZI STRANIERI DI SECONDA E TERZA GENERAZIONE, TUTTI GIOVANISSIMI (TRA I CINQUE ARRESTATI CI SONO DUE MINORENNI) - LA PALESTINA, PER LORO, È STATA UNA SCUSA PER SFOGARE RABBIA E ALIMENTARE LA GUERRIGLIA - GLI SCONTRI ALLA STAZIONE CENTRALE, DOVE I MANIFESTANTI VIOLENTI VOLEVANO OCCUPARE I BINARI (URLAVANO "AI TRENI, AI TRENI!") - VIDEO!

 

SCONTRI MILANO CENTRALE, CHI SONO I MANIFESTANTI PRO PAL: «MARANZA» CON ANARCHICI E ANTAGONISTI

Estratto dell'articolo di Pierpaolo Lio per www.corriere.it

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C’è un momento preciso che cambia lo scenario. E stravolge una situazione già incandescente. I primi scontri all’interno della Stazione Centrale si sono appena placati. La tensione è altissima. Le schermaglie continue. Oltre gli scudi, nel frattempo, le forze dell’ordine assistono a una mutazione radicale.

 

Sull’altro fronte, quello dei pro Pal, le prime file d’improvviso hanno facce diverse, sconosciute. Non ci sono leader, né figure note, o comunque più o meno autorevoli e affidabili con cui dialogare per placare gli animi e per trovare una soluzione che fermi l’avanzata dei manifestanti e la guerriglia.

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Seguiranno ore di scontri e disordini. Saranno scene a cui Milano non assisteva da una decina d’anni, dall’ondata di violenza dei black bloc nel giorno dell’inaugurazione dell’Expo. Eppure, al tempo stesso, sono immagini molto diverse.

 

Gli antagonisti e i gruppuscoli anarchici che hanno guidato l’incursione in Centrale del pezzo più esagitato del corteo si sfilano d’improvviso. Qualcuno resta, non va via, ma finisce inglobato nell’adrenalina generale che si schianta ripetutamente contro la barriera di vetro che separa dall’accesso alle banchine. Non c’è più una «testa» del corteo organizzata e compatta. Davanti finisce una galassia caotica. Ci sono studenti. Ragazzi e adulti.

 

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Ma a crescere costantemente col passare dei minuti è il «peso» numerico dei «maranza». Che in questa lunga giornata milanese assomigliano più ai casseur parigini. Sono italiani, stranieri, ragazzi di seconda e terza generazione, tutti giovani e giovanissimi. Arrivano dai quartieri di periferia. La Palestina, per loro, è un simbolo, per alcuni una scusa. Sono rabbiosi. E alimenteranno per ore la guerriglia.

 

La «presa del potere» dei nuovi in quello spezzone di corteo si nota anche dalle sbavature nella «grammatica» degli scontri di piazza che occuperanno per ore poliziotti e carabinieri. Avanzano e indietreggiano senza coordinamento, alla rinfusa, sull’onda dell’emotività. Basta niente per far esplodere le urla di rabbia, e le sassaiole. Sbucano da un po’ ovunque. Dalla massa schierata davanti al cordone di polizia, ma anche dai lati, da dove qualche curioso si ferma ad assistere, e a riprendere con il cellulare. […]

 

 

"AI TRENI", L'URLO PARTE DALLA CODA COSÌ I VIOLENTI HANNO CREATO IL CAOS

Estratto dell’articolo di Paolo Berizzi Massimo Pisa per “la Repubblica”

 

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Alle cinque del pomeriggio, l'ultimo blocco dei pro Gaza è seduto a terra davanti ai poliziotti in via Vittor Pisani ridotta a un tappeto di pietre, cestini, cocci di bottiglie, bossoli di lacrimogeni; ancora scandiscono "free free Palestine" e "non vogliamo dare armi a Israele" mentre altri, trecento metri più in là, usano il corpo per bloccare il traffico agli incroci con piazza della Repubblica.

 

È a quel punto che si tira un primo bollettino della guerriglia di Milano e si prova a ricostruire come l'assalto alla stazione Centrale sia potuto accadere, chi lo ha compiuto (organizzato?), e perché — forse — chi ha gestito l'ordine pubblico non se lo aspettava. O comunque non così violento.

 

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Dietro i numeri, la sessantina di agenti feriti, gli otto manifestanti acchiappati dalla Digos e portati in Questura, i danni per qualche decina di migliaia di euro, c'è la sequenza di una giornata che a un certo punto curva improvvisamente e diventa caos: lanci di pietre, porte e vetrine sfondate e cariche in Centrale, in mezzo a centinaia di viaggiatori e coi treni bloccati così come la fermata della metropolitana, e poi sulla spianata di piazza Duca d'Aosta e infine in Vittor Pisani, dove gli scontri vanno avanti per quasi due ore. Largo Cairoli, ore 9.30.

 

L'ala più movimentista del grande corteo sfilato in solidarietà con il popolo palestinese — centri sociali, gruppi pro Gaza, studenti — era partita da lì per unirsi al resto dei manifestanti radunati alle 10 in piazzale Cadorna. Il punto da cui si è mosso il serpentone formato da migliaia di persone e aperto dal Cub. La stazione di Cadorna è blindata da decine di agenti: c'è il timore che qualche frangia violenta potesse subito staccarsi per provare a entrare nello scalo e invadere i binari.

 

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Un piano che in effetti era nella mente di alcuni, ma con un obiettivo diverso: la stazione Centrale, il cuore del traffico ferroviario. Ovvero il capolinea del corteo partito da Cadorna. «Ai treni, ai treni!». La carambola del caos milanese è innescata da una voce che parte dalla coda del corteo: è lì che mano a mano confluiranno decine di violenti.

 

Un corteo che aveva già rovesciato cori («assassini, assassini»), qualche lancio di petardi e bandiere bruciate (Usa, Nato, Israele e Ue) al passaggio tra via Turati e piazza della Repubblica, e cioè a un paio di centinaia di metri dal consolato americano. Era uno dei luoghi ritenuti a rischio e dunque più protetti. In teoria lo era anche la Centrale.

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Che però, a occhio, era più perforabile, attaccabile dai cancelli su tre lati e pure dal metrò. I facinorosi — qualche decina di giovani incappucciati, esperti di guerriglia urbana — scatenano gli scontri. Chi sono? Non antagonisti, o comunque non in prevalenza.

 

Non i centri sociali che — spiegano fonti investigative — si "ritirano" appena prima che comincino le violenze più dure: i quattro del Lambretta portati in Questura avrebbero avuto un ruolo marginale. E dunque: se fossimo a Parigi li chiamerebbero casseurs: gruppi di "sciolti", maranza, per usare un termine in voga. Sono loro che si staccano dal corteo e puntano la Centrale. [...]

 

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Si vedono bandiere palestinesi, un paio di Potere al Popolo; tanti cappucci calati in testa e tanti vestiti di nero per rendere più complicata l'identificazione video. Nella seconda stazione più grande d'Italia è il caos: le cariche della polizia, colta di sorpresa da questa onda d'urto, sono una reazione, i treni deviati o cancellati sono la conseguenza, l'impossibilità di chiamare rinforzi da fuori città e la stanchezza di ore di corteo sotto l'acquazzone determina la sproporzione di forze. Sono i binari che i manifestanti vogliono prendere. Per paralizzare il traffico ferroviario. [...]

 

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E di nuovo, la risposta con la pioggia di gas lacrimogeni — sparati anche nelle vie laterali, uno finisce su un terrazzino e innesca un principio di incendio — è una conseguenza a inseguire la prima mossa. La gente è affacciata alle finestre degli uffici, i blindati indietreggiano per "contenere" e lasciare che la folla si sgonfi. [...]

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