
CHI SI "BALLA LA FRESCA" NEI CASINÒ? I PENSIONATI - IL REPORTAGE DAL CASINÒ DI SAINT VINCENT, CHE LO SCORSO LUGLIO HA INCASSATO 260 MILA EURO IN PIÙ RISPETTO ALLO STESSO MESE DEL 2024 - DI GIORNO SONO GLI ANZIANI A BUTTARE VIA LA PENSIONE GIOCANDO ALLE SLOT MACHINES E PUNTANDO ALLA ROULETTE - LA SERA SI CAMBIA: I NONNI VANNO A NANNA E ARRIVANO RICCHI IMPRENDITORI PRONTI A SPENDERE GRANDE CIFRE...
Estratto dell'articolo di Maurizio Crosetti per "La Repubblica"
Anziane solitudini si danno convegno alle dieci di mattina all'ombra elettronica di principesse, dragoni e pistoleri. La nonna tiene i soldi in una busta trasparente di quelle per il freezer, ne estrae banconote da 50 euro a botta con le quali nutre la famelica fessura delle slot machine. Le infila un poco tremando, poi comincia a pigiare compulsivamente il bottone rotondo. Durano niente, 50 euro.
Nel mese di luglio il Casinò di Saint Vincent, azienda al cento per cento pubblica (è della Regione Valle d'Aosta, con minima percentuale comunale) ha incassato 260mila euro più dell'anno scorso, con un incremento di 27mila ingressi. Ma come, in tempo di crisi?
Era quasi fallito, il Casinò, poi un concordato preventivo ha portato ossigeno e si sono pagati i debiti, un'ottantina di milioni. Adesso, giorni e notti si dividono in due come le due Italie che li popolano: la mattina e dopo pranzo i pensionati, le coppie e gli habitué, la sera e fino all'alba i cosiddetti "altospendenti": professionisti e imprenditori. Per loro, la crisi non c'è mai stata.
«Siamo un'azienda e diamo lavoro a 450 dipendenti», spiega Rodolfo Buat, amministratore unico del Casinò. «Conosciamo perfettamente le insidie e i danni della ludopatia, e cerchiamo di fermare i giocatori che vediamo esagerare, alla lunga li conosciamo, anche le famiglie a volte ci chiedono aiuto.
Non vogliamo rovinare le persone: il giocatore responsabile è meglio per tutti. Questo è un luogo del limite che conserva intatto il suo fascino, però la società è cambiata. Il casinò non racconta cose vecchie, ma in movimento. Siamo un luogo protetto e corretto: se vinci ti pago, se perdi mi paghi».
Per entrare mostriamo la carta d'identità, compiliamo un modulo per la privacy, ci facciamo fotografare e ritiriamo la tessera di accesso. Tutto gratis. Le sale galleggiano in una luce elettrica dai mille colori. C'è grande silenzio, a parte le musichette dei giochi e la voce sintetica della roulette (quella vera aprirà più tardi), "dieci nero, trentasei rosso". I capelli sono grigi e non mancano le stampelle.
Niente orologi: qui il tempo non c'è. Lo straniamento favorisce l'abbandono e l'azzardo. I pensionati tengono i soldi nel marsupio o nel gilet senza maniche da pescatore. «Cercano il pensiero magico, nutriti da false attese». [...]
Il Casinò di Saint Vincent è direttamente collegato al Grand Hotel Billia attraverso un tunnel, come una piccola Las Vegas che non conosce aria né luce. Nessun bisogno di uscire all'aperto, del resto in Vallée fa freddo per otto mesi l'anno, meglio scaldarsi il cuore al tavolo verde, oppure gelarlo per sempre. [...]
Moltissimi tra loro giocano anche online, sono 160 milioni nel mondo, ma questa è un'altra storia che pure rovescia illusioni, delusioni, eccitazioni, frenesia e denaro nel medesimo imbuto.
«Però toglietevi dagli occhi le suggestioni dei romanzi e del cinema», prosegue Buat. «I nostri sono tempi più duri, meno eleganti e meno glamour. Qui si specchia un pezzo di vita italiana, piaccia o no.
Il nostro lavoro non è impoverire la gente ma farla divertire, e poi ognuno si regoli da sé. Fatturiamo una settantina di milioni all'anno, e neppure un euro sfugge alla tracciatura e alla limitazione sull'uso del contante». Questo, anche per combattere l'effetto lavatrice delle case da gioco, usate talvolta in passato per ripulire il denaro sporco e i guadagni della criminalità.
La riduzione del limite del contante, a dire il vero, mise in crisi qualche anno fa i quattro casinò italiani (gli altri sono a Sanremo, Venezia e Campione), tutti pubblici e tutti, oggi, in ottima salute, a occhio più della gente che vi smanetta dentro, seduta su poltroncine ergonomiche che invitano a restare comodi e a non muoversi dallo schermo, avvolti dalla finta pelle e dal sogno.
Ma i piccoli giocatori fanno più massa che numero, non è su di loro che si decidono gli affari di "Roulettenburg", nome che Dostoevskij inventò come sfondo alla rovina del suo povero eroe Aleksej Ivànovic. Non ci sarà scampo, per lui. "Fate il vostro gioco": magari fosse soltanto un gioco.