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CHAT CHAT CHE RICATTO - SI CHIAMA IN GERGO “SEXTORTION”, ESTORSIONI SESSUALI VIRTUALI PER CHI SI MASTURBA IN CHAT, PRIMA DEL PROMESSO INCONTRO DAL VIVO CHE MAI AVVERRÀ. IN COMPENSO, ARRIVA LA RICHIESTA DI RISCATTO

Fabio Tonacci per La Repubbica

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Lui pensava fosse amore, invece era un’estorsione. Luana in chat stava solo recitando un copione, ripetuto chissà quante volte. «Sono romagnola, ho 20 anni, mi sento intrappolata nella mia vita, parlare con te mi fa sentire libera, mi sto innamorando di te, dai spogliamoci davanti alla webcam... ».

 

Luana è una ragazza bionda e di forme generose, ma non è romagnola (probabilmente è russa o ucraina), non si chiama Luana e non è innamorata. È un gancio. Fa parte di un’organizzazione criminale internazionale dell’Europa dell’Est che ricatta gli utenti dei siti di incontri.

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Convince i suoi contatti a spogliarsi su Skype, davanti alla telecamera, e poi chiede loro 500, a volte 1.000 euro, per non diffondere sul web il video. Lei si tiene il 10 per cento del denaro, il resto lo gira alla banda. In Italia ha già fregato 102 persone.

 

Quello che Luana fa si chiama in gergo “sextortion”, una crasi che sta per sexual extortion: estorsioni sessuali virtuali, uno dei fenomeni più nuovi e preoccupanti su cui stanno lavorando le polizie europee e l’Interpol.

 

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Nel 2012 le denunce raccolte nel nostro Paese sono state 170, sono diventate 230 nel 2013 e più di 300 nel 2014. Un crescendo che aumenterà nei prossimi mesi, anche perché — come sempre accade con i reati commessi sulla Rete — le cifre reali superano di molto le statistiche ufficiali.

 

Ad esempio, solo in Provincia di Catania dal 1 gennaio 2014 ad oggi ci sono stati 51 casi, e a Torino il comparto regionale della Postale riceve in media una chiamata al giorno, anche se poi non tutte portano all’apertura di un’inchiesta della magistratura.

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Sfogliando le denunce, si ha un’idea di chi siano le vittime: professionisti, notai, avvocati, uomini soli e uomini sposati, a volte qualche donna, spesso ragazzini minorenni. Per ingenuità si convincono di aver trovato l’anima gemella dopo poche chat e si lasciano andare in atteggiamenti sessuali compromettenti, prima del promesso incontro dal vivo che mai avverrà.

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Arriva la richiesta di riscatto, invece. Per non diffondere le immagini le varie Luana infiltrate in siti quali Meetic, Badoo (secondo gli investigatori ce ne sarebbero almeno una trentina che puntano agli italiani) pretendono in media dai 500 ai 3.000 euro. «Pagare — spiega Carlo Solimene, responsabile della Direzione investigativa della Postale — non significa liberarsi dei ricattatori, perché poi continuano a chiedere soldi. Vanno subito denunciati e, su questi siti, bisogna stare attenti a rivelare la propria identità ».

 

In provincia di Alessandria un ragazzo di 17 anni, un paio di anni fa, era finito nelle mani di una fantomatica ragazza conosciuta su Meetic. Lei lo aveva convinto a masturbarsi davanti alla webcam, salvo poi minacciarlo di inviare il video ai suoi contatti di Facebook. È arrivato a pagare 16.000 euro in più tranche, prima che la sua famiglia si accorgesse di qualcosa.

 

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Il sistema è tanto banale quanto efficace. Ci sono bande criminali dell’Est Europa e dell’Africa (Marocco e Costa D’Avorio) che arruolano belle ragazze e ragazzi nei loro paesi, li fanno navigare con dei profili fasulli sui siti per incontri e, da un po’ di tempo, anche su Facebook e LinkedIn.

 

Quando agganciano qualcuno in chat, parte la solita manfrina: o si fingono perdutamente innamorati dopo poche chiacchierate, oppure sciorinano storie strappalacrime per ottenere la fiducia dell’interlocutore. Lo convincono poi a farsi vedere nudo o durante atti sessuali, come “pegno d’amore”.

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A quel punto hanno il malcapitato in pugno e vogliono uno o più versamenti da fare attraverso il circuito Western Union, che rende le transazioni difficili da tracciare. Il resto lo fa il senso di vergogna di chi c’è cascato.

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