1- “LET IT BE”, LASCIA CHE SIA, PER I FUNERALI LAICI DI GIUSEPPE D'AVANZO, UN GIORNALISTA CHE, CON LE SUE INCHIESTE, HA CAMBIATO LA STORIA DI QUESTO DISGRAZIATO PAESE 2- C'È CARLO DE BENEDETTI, C'È EZIO MAURO. ARRIVANO CALABRESI E DE BORTOLI. C'È PIERO GRASSO E C'È NANNI MORETTI, WALTER VELTRONI, CIRINO POMICINO, SANDRO VERONESI. C'È IL REGISTA PAOLO SORRENTINO, AMICO CON IL QUALE D'AVANZO AVEVA COLLABORATO ALLA REALIZZAZIONE DI ‘’IL DIVO’’. C’è IL SUO MIGLIOR AMICO, ATTILIO BOLZONI 3- CI SONO PIZZI E ALTRI REPORTER CHE AL TERMINE, FUORI QUINDI DAL LUOGO DEL FUNERALE, SONO STATI INSULTATI PER AVER SCATTATE LE FOTO AI PERSONAGGI PRESENTI 4- DITE A COLORO CHE NON VOLEVANO L'OBIETTIVO DI PIZZI CHE LE FOTO DI D'AVANZO PUBBLICATE OVUNQUE, “REPUBBLICA” COMPRESA, SONO STATE SCATTATE DA UMBERTO

1- LE ESEQUIE DI GIUSEPPE D'AVANZO
Repubblica.it

Let it be, lascia che sia. I Beatles e Pino Daniele. La sua musica. Non ci crede nessuno che lì dentro ci sia lui. L'incredulità è il sentimento più diffuso davanti al feretro nella grande serra dell'Aranciera di San Sisto, dove questa mattina a mezzogiorno si sono svolti i funerali di Giuseppe D'Avanzo, morto improvvisamente sabato 30 luglio 1.

Ma più dell'incredulità è forte il dolore e sono in tanti a piangere la scomparsa di un uomo che all'interno del giornale e fuori, per chi lo conosceva - o semplicemente lo leggeva - è stato un punto di riferimento insostituibile. Tutti hanno qualcosa da ricordare. Un consiglio, una discussione, un momento insieme. A voce bassa ci si scambiano aneddoti perché a parlarne gli si allunga la vita ancora un po'.

L'Aranciera si riempie rapidamente. Ci sono i colleghi, gli amici di una vita - e in molti casi le due cose si sovrappongono - i familiari travolti dal dolore. C'è Carlo De Benedetti, c'è l'ad del Gruppo Espresso Monica Mondardini. Arriva chi a Repubblica ha lavorato poi ha preso altre strade ma torna, richiamato da quello che il direttore, Ezio Mauro, definirà "sentimento comune", qualcosa che va "oltre l'azienda", qualcosa percui "ci siamo scelti".

Arrivano Mario Calabresi, direttore della Stampa e il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli. C'è il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e c'è Nanni Moretti, da solo con il casco in mano. Walter Veltroni, Cirino Pomicino, Sandro Veronesi. C'è il regista Paolo Sorrentino, amico con il quale D'Avanzo aveva collaborato alla realizzazione di Il Divo. Parlare è difficile. Ancora di più se sei il primo a farlo.

Il primo è Ezio Mauro. Rientrato dagli Stati Uniti non appena saputa la notizia. "Non so che dire. Siamo qui tutti e non ci crediamo". Prova a spegnere i singhiozzi. Racconta che "in questi due giorni, guardando il giornale, prima che la ragione prevalesse sull'istinto ho cercato Peppe. Cercavo il suo pezzo per parlarne, per confrontarci come avevamo sempre fatto. Avete idea - dice Ezio Mauro - del peso che la sua figura aveva per Repubblica e per me? Io ci ho messo l'anima, in questo rapporto. Abbiamo toccato il diapason dei sentimenti. E anche dei risentimenti. La nostra è stata una storia d'amore professionale. Con Peppe abbiamo giocato battaglie sproporzionate guardandoci solo negli occhi, con la garanzia inattaccabile del suo giornalismo e della qualità".

Il direttore di Repubblica ricorda chi tentò di degradare le grandi inchieste di D'Avanzo a "gossip" e il fatto che "lui invece era l'esatto opposto del gossip. Aveva capito che nei sotterranei dei palazzi si muoveva qualcosa che poteva spiegare quanto accadeva, poi, ai piani alti".

E adesso che non c'è più, continua Mauro, "ci sentiamo più soli perché ci proteggeva con il suo modo di stare in campo, con il coraggio, con la forza. Ha insegnato a tutti noi che in questo mestiere bisogna avere coraggio, che è diverso dal cinismo, perché il cinismo è la prima maschera della faziosità, quella cioè di chi evita di giudicare e, quindi, inganna i lettori".

Il ruolo di D'Avanzo nel giornalismo italiano, prosegue il direttore di Repubblica, "andrà ricordato". "Noi non gli abbiamo dato tutto quel che pretendeva di avere nel lavoro. Chiedeva tre cose: qualità, metodo, ricerca dell'eccellenza. Si assumeva i rischi, non gli importavano gli attacchi e chiedeva moltissimo al giornale. Non abbiamo avuto il tempo di dargli tutto e quindi contraiamo un debito: continuare questa inchiesta sul potere. Per arrivare dove avrebbe detto lui: fino in fondo, fino alla fine. Perché noi siamo certamente un'azienda, ma siamo anche qualcosa di più, un sentimento comune. Per Peppe non esisteva il 'noi' e il 'voi'. Quella linea lui l'aveva sempre attraversata. Perché il nostro prodotto è frutto di una certa idea dell'Italia. Per questo prendiamo l'impegno a continuare il suo lavoro. Sapendo che lui è insostituibile. E tenendo sempre a mente le tre cose alle quali teneva di più: quello che bisogna sapere, quello che merita ricordare, quello che resta da capire. Grazie di tutto. E non finisce qui".

Dopo una poesia di Emily Dickinson letta dal nipote di D'Avanzo tocca a Paolo Sorrentino ricordare. A partire da "un suo intercalare, che usava molto spesso, quando interrompendo una discussione diceva: scusate, ma di che stiamo parlando? Perché lui conosceva sempre il punto centrale della questione". Sorrentino ne rammenta "l'intelligenza e il carisma, quando entrava in una stanza inibiva lo spazio mentale dei presenti", poi l'attività da scrittore "e la capacità di trovare sempre le parole giuste perché sceglieva parole inesorabili".

Poi, lui che era amico e che aveva avuto occasione di trascorrere alcuni giorni ospite di D'Avanzo e Marina, definisce il loro rapporto come "l'utopia realizzata dell'armonia, che è molto meglio della felicità". Sono strazianti le parole di Attilio Bolzoni, che era con lui durante l'ultima passeggiata in bicicletta e che gli è stato accanto alla fine. "Ieri, mentre salivo a Calcata - dice - ho chiamato due volte 'Peppe'". Ne ricorda la generosità, la purezza ("si occupava di intrighi e misteri senza malizia, riusciva da puro a decifrare quel mondo impuro"), il pudore. "Se n'è andato in un bel posto, in campagna. E sono sicuro che in quel momento era felice".

Anche il rugby lo faceva felice. Un'altra grande passione. Ne parla lo scrittore - ed ex collega - Bruno Arpaia. Perché anche nel rugby non esiste l'"io", esiste solo il "noi". E Peppe si specchia in quel motto, "Play up and play the man", "Gioca, e sii uomo". Resiste poco più di un minuto prima di scoppiare a piangere il fratello di D'Avanzo, Antonio: vuole ricordare come sia insostituibile anche per tutti i familiari. Arriva il momento di lasciarsi. Il feretro portato fuori a spalla. Springsteen canta 41 Shots. Ad accompagnare Peppe restano le persone più care. Fino in fondo, fino alla fine.

2- LETTERA DI PIZZI
Umberto Pizzi per Dagospia

Caro Dago,
come ben sai, "fotografare un funerale", per me, è sempre stato un problema. Non mi piace affatto rompere il dolore di una famiglia e lo strazio degli amici per la perdita deI loro cari. E si cerca un compromesso per evitare la pressione mediatica. Per la prematura scomparsa di Giuseppe D'Avanzo, un grande giornalista che ha cambiato la storia di questa disgraziato paese, si è svolta una cerimonia laica nell'Aranciera di San Sisto alla terme di Caracalla. Assieme a mio fratello Mario e altri tre colleghi abbiamo promesso che non saremmo entrati nella sala delle esequie e ci saremmo limitati all'esterno.

Al termine della cerimonia, abbiamo fotografato i personaggi presenti, quando siamo stati aggrediti con urla e spintoni come fossimo sciacalli, dimenticando che eravamo in uno spazio pubblico davanti a persone pubbliche. Accanimento maggiore su di me, poiché mi ritenevano colpevole di essere l'autore delle poche foto esistenti di D'Avanzo, pubblicate su Dagospia e scattate al funerale di Paolo Vagheggi, poi pubblicate da tutti senza chiedere permesso a nessuno. Anche da "Repubblica".

Comunque mi piacerebbe sapere a chi apparteneva la telecamera lasciata circolare liberamente senza essere accreditata.
Ciao Umberto

3- FELTRI: HO PERSO UN CARO NEMICO
Vittorio Feltri per "il Giornale"

.... Sulla morte di Giuseppe D'Avanzo è stato scritto tutto da tutti. E non ho nulla da aggiungere. Esprimo solo il mio dolore per aver perso un caro nemico che me ne ha dette di ogni colore, ma che comunque stimavo. Non penso mi mancheranno i suoi attacchi; i suoi articoli, invece, sì.

Perché in essi, oltre a trovare i miei stessi difetti, coglievo una virtù che gli invidiavo: una grande forza, la forza di una prosa appassionata tipica di chi crede, magari sbagliando, di essere nel giusto. Mi permetto un tardivo rimprovero a Giuseppe: alla nostra età, quando ci si affatica tanto sulla tastiera del computer, bisogna rinunciare almeno alla fatica di pedalare. Non dovevi praticare alcuno sport, specialmente il ciclismo. Fa male ai giovani, figurati a noi.

 

ZANDA LUIGI VELTRONI STEFANO FOLLI SIDDIPIERO GRASSO PAOLO SORENTINO PAOLO GARIMBERTI ORAZIO ORLANDO NANNI MORETTI MAURO EZIO MARIO PIRANI E CLAUDIA MARIO ORFEO MARIO CALABRESI JENA BARENGHI FERRUCCIO DE BORTOLI

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