C’È CHI LA PORNOGRAFIA VORREBBE VIETARLA. LORO, LE “RAGAZZE DEL PORNO”, SI SONO DETTE: “PERCHÉ, INVECE, NON PROVIAMO A MIGLIORARLA?” - COSÌ È NATO ‘’MY SEX’…


Enrica Brocardo per Vanity Fair

«Combatti per il diritto di essere eccitata alla tua maniera». È il punto 2 del manifesto che ha ispirato Dirty Diaries, una raccolta di corti pornografici «femministi» prodotti in Svezia nel 2009. In tutto 10 voci, così convincenti che le «Ragazze del porno» italiane lo hanno sottoscritto e sono partite da lì. Obiettivo: My Sex.

Né con le Olgettine, né con chi le critica
Era il momento delle olgettine e di Se non ora quando, il movimento che lamentava il degrado dell'immagine femminile per colpa di Berlusconi e del bunga bunga», ricorda la regista Monica Stambrini. «Da un lato c'erano le escort, dall'altro le donne che si scandalizzavano. Noi non ci sentivamo rappresentate da nessuna delle due parti».

La giornalista Tiziana Lo Porto non appare nel servizio fotografico, ma l'idea di My Sex viene da lei. Dice: «Pur di prendere le distanze da questo erotismo brutto che ci viene continuamente sbattuto in faccia, si finisce per "abbottonarsi"».

Qualche tempo prima aveva scritto un articolo su Dirty Diaries. Ne parlò con Monica Stambrini.
Al numero 7 di quel manifesto si legge: «Lotta contro il vero nemico». Ovvero: non è con la censura che si libera la sessualità e si cambia l'immagine femminile.
«Ci siamo dette: "Proviamo a realizzare dei corti porno in cui anche le donne si possano riconoscere"».

Hanno contattato altre registe con cui avevano già lavorato, o che conoscevano.
«Quasi una ventina. Tutte si sono dette entusiaste, ma un conto è dire che sei d'accordo, un altro è metterci la faccia». Alla fine, sono rimaste in dieci.

Ragazze, il catalogo è questo
Siamo nel settecento, un condannato a morte sta per essere giustiziato in piazza. In mezzo alla folla, una donna assiste all'esecuzione. All'improvviso un uomo la cinge da dietro, le alza la gonna, la prende e se ne va senza che i due si siano mai scambiati uno sguardo.

Non è la storia di uno dei dieci cortometraggi che entreranno in My Sex, ma secondo la sceneggiatrice Olga Nerina Lateano rende l'idea della differenza tra fantasie maschili e femminili: «Un uomo avrebbe avuto bisogno di essere guardato per compiacere la sua virilità».

Olga ha appena vinto il premio Solinas, dedicato alle web series, e adesso ne sta scrivendo una nuova, erotica.
Ma davvero c'è bisogno di nuova pornografia? L'impressione è che su un sito come YouPorn il «catalogo» sia già completo: si va per età, colore della pelle, orientamento sessuale, preferenze erotiche, numero dei partecipanti.

Mi rispondono che Internet ha reso il genere più «democratico»: gli uomini non sono sempre superdotati e ci sono anche le donne con la cellulite, «ma è comunque tutto pensato e realizzato per la visione maschile».

Spiega la film-maker Titta Cosetta Raccagni (anche lei assente della foto, ma parte del progetto): «È vero che trovi vari generi, ma ciò che esula dal sesso etero con palestrati e bellone gonfiate viene trattato come devianza. E poi c'è una questione estetica: in rete puoi trovare qualunque cosa, ma fa sempre schifo».

Siate liberi di eccitarvi come vi pare
Erika z. galli usa una metafora: «Mettiamo che hai voglia di mangiarti un bel piatto di lasagne. L'hard è come una pasta scotta con due polpette buttate sopra, il discount del cibo».
Con Martina Ruggeri ha fondato la compagnia teatrale Industria Indipendente, loro due sono le ultime a essersi aggiunte al gruppo e, infatti, il corto lo stanno ancora scrivendo, «ma avrà come tema la parafilia».

Il termine ingloba una serie di preferenze che una volta avrebbero chiamato perversioni, visto che si va «dal feticismo all'uso di oggetti, dal turpiloquio all'esibizionismo». Lei racconta che l'ispirazione la cercano anche in letteratura: «Per esempio Baudelaire, che si eccitava con l'odore delle puzzette». Ma promette che il linguaggio che useranno sarà poetico.

Se a Erika il porno mainstream fa venire il mal di stomaco, l'esperta del gruppo, Silvia Corti, conosciuta con il nome d'arte di Slavina, lo trova noioso. Lei è l'unica ad averci lavorato: «Ho iniziato come doppiatrice e traduttrice nel 2005, quando mi sono trasferita in Spagna», racconta.

Ma già nel 2001 era entrata a far parte di Sexyshock, un collettivo femminista pro-sex, e da cinque anni organizza seminari e laboratori di scrittura, performance e video. Fa conoscere un lato meno noto della pornografia, quello più femminile o femminista di performer, ex pornostar e registe come Belladonna e Annie Sprinkle. E ha dato una mano alle altre del gruppo a superare i loro pudori: «Se abbiamo potuto posare nude» spiegano, «è soprattutto grazie a lei».

Il tocco del diavolo
Ci sono un altro paio di cose che alle ragazze del porno non piacciono dell'hard tradizionale.
Al numero uno la finzione. «Non so se dipenda dal fatto che sono un'attrice, ma quello che non sopporto è l'ostentazione di un piacere che è evidentemente finto», dice Regina Orioli. «Appena qualcuno le tocca reagiscono come se fossero possedute».

Al secondo posto c'è la prevedibilità. Si ripetono sempre gli stessi stereotipi che alla fine, dicono, non soddisfano nessuno: «È come se anche gli addetti ai lavori sentissero di dover sempre mostrare gli identici atti nell'identico ordine, nonostante non lo trovino eccitante neppure loro».

L'idea di girare dieci corti, invece di un solo film, arriva da lì.
«Il fatto che siamo tutte donne non è così importante. Il punto è che quello che piace a te, a me può anche dare fastidio. Vogliamo punti di vista diversi», spiega la montatrice Aurelia Longo.

E poi c'è il fatto che, da registe, alcune di loro sentivano il bisogno di realizzare quelle scene che non hanno mai potuto girare come avrebbero voluto. «Com'è possibile che ci metti un sacco di tempo per far piangere un attore e dare così veridicità a una scena, e poi arrivi al momento che vanno a letto e sei talmente imbrigliato nelle regole che ne viene fuori una specie di balletto?», si domanda Anna Negri. «È tutto finto: al posto del pelo pubico ci mettono un toupet».

Il genere che vogliono per My Sex lo chiamano realismo sessuale: corpi veri, situazioni verosimili. I casting cominceranno a giugno. Cerchiamo chiunque abbia voglia di farlo: «L'importante è che siano in grado di esprimere un'emozione. Oltre che un'erezione, ovviamente».

Secondo voi Bertolucci faceva l'attore a luci rosse?
Se si vede la vagina scatta il divieto ai minori di 14 anni, con il pene si sale a 18», dice Stambrini, «e già questo la dice lunga sul modo in cui la sessualità viene vissuta in Italia». Racconta di alcuni incontri con i produttori. «Una volta ho chiesto: "Ma se la donna tiene le gambe aperte?".

Risposta: "Ah, no, così fa 18"». Qualcuno ha proposto: «Perché, invece, non fate un film a episodi?». C'è stato chi ha pensato a come tagliare i costi («Visto che siete registe donne ai costumi ci pensate voi, no?») e chi ha posto come condizione per parlarne che si togliesse la parola «porno».

Ma Ultimo tango a Parigi era pornografico o no? E L'impero dei sensi?
A quanto pare stabilire un confine tra erotico e hard è quasi impossibile.
Lo Porto ricorda la definizione ironica di una pornostar: «Diceva che la differenza sta nelle luci. Se illumini troppo il set diventa un porno».

Slavina premette che l'argomento non l'appassiona molto: «La risposta standard è che l'erotismo è legato alla costruzione del desiderio, mentre la pornografia propone la soddisfazione di quel desiderio».

Ma fuori dagli uffici dei produttori l'equivoco più comune è un altro: «La prima cosa che ti domandano è se fai l'attrice. A Bertolucci nessuno si sarebbe sognato di chiederlo. Evidentemente è una questione culturale e, se ci pensi, è un po' irritante», dice Tiziana Lo Porto.

In attesa di un finanziatore, hanno lanciato una raccolta di fondi sul sito di crowdfunding Indiegogo: chi crede nel progetto può contribuire con una somma che va dai 5 euro ai 2 mila.
Finora ne hanno raccolti un po' più di 3 mila. «Ne servono cinque volte tanto per coprire le spese, ma l'idea di raccoglierli in questo modo ci piace: è come una rassicurazione che il progetto interessa anche agli altri», dice Anna Negri.

Per il bene dei figli
Come altre del gruppo, anche lei ha figli, un ragazzo di 12 anni. «Ho scoperto che era entrato in un sito hard», racconta, «considerato che faccio parte delle Ragazze del porno fargli una scenata sarebbe stato un po' assurdo. L'ho presa come un'occasione per discuterne. Gli ho detto che secondo me non era il modo giusto per imparare che cos'è il sesso. E gli ho spiegato che volevo girare un film su questo argomento proprio per dare un'immagine dell'amore che fosse diversa. Purtroppo, in giro c'è un sacco di gente che ormai si comporta come gli attori dei porno».

È una delle critiche che da tempo si fanno nei confronti della pornografia, soprattutto online: far crescere gli adolescenti con l'idea che quello che vedono sia una replica della realtà. «Tutto è finalizzato a far contento lui, la donna sta lì e "gorgheggia". È diseducativo».

E così si torna al punto di partenza: la pornografia esiste, inutile far finta di niente. Perché, invece di condannarla, non provare a migliorarla?
E, poi, fa notare Regina Orioli: «Qualcuno si ricorda come reagisci da ragazzina quando ti dicono che una certa cosa è male? Io sì: a quell'età tutto quello che è proibito ti piace».

 

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