“QUANDO DISSI A MIA NONNA CHE VOLEVO FARE IL CUOCO LEI PIANSE. DICEVA CHE ‘VAN SEMPRE A PUTTANE E SI UBRIACANO’” – LO CHEF GIORGIO LOCATELLI SI RACCONTA A “GENTE”: ‘A PARIGI NEI MIEI 18 MESI AL FAMOSO RISTORANTE TOUR D’ARGENT LO CHEF NON MI HA MAI CHIAMATO CON IL MIO NOME. MI CHIAMAVA ‘ITALIANO DI MERDA’” – “LA CHIUSURA DELLA ‘LOCANDA LOCATELLI’ A LONDRA? TROPPI COSTI. OGNI CINQUE ANNI CI ALZAVANO L’AFFITTO: I PROPRIETARI PENSAVANO CHE FACESSIMO CHISSÀ QUALI SOLDI, MA IN REALTÀ IL LOCALE NON RENDEVA PIÙ”
Estratto dell’articolo di Maria Elena Barnabi per www.gente.it
Per Giorgio Locatelli, 62 anni, è l’ottava stagione come giudice di MasterChef e, come dice lui, «non mi sono stufato per niente». Cuore lombardo – ogni tanto butta lì qualche citazione in dialetto – e influenze inglesi (da 40 anni vive a Londra), Locatelli è nato e cresciuto nel ristorante dei genitori in provincia di Varese, per poi passare da Parigi e arrivare in Gran Bretagna.
Lui e la moglie, l’inglese Plaxy Exton, fino a un anno fa hanno gestito la mitica Locanda Locatelli, il ristorante italiano più famoso d’Inghilterra, mentre ora hanno aperto un ristorante all’interno della National Gallery di Londra. Di figli lo chef ne ha due: Jack, 36 anni, figlio della moglie (Locatelli l’ha adottato che aveva due anni), e poi c’è Margherita, che ha 28 anni. […]
È vero che quando ha detto a sua nonna che voleva fare il cuoco lei si è messa a piangere?
«Diceva che i cuochi sono tutti dei pazzi, degli sporcaccioni: “Van sempre a puttane, si ubriacano”, diceva. “Guarda i camerieri come sono sempre tutti eleganti!”. Ho amato moltissimo mia nonna, sono cresciuto con lei mentre i miei erano sempre a lavorare, feste e Natali compresi».
[…] Insomma, non siete pazzi?
«Ma no! Siamo nel nostro mondo, un po’ introversi e creativi, chiusi lì in cucina con il cibo, che plasmiamo come l’artista fa con il marmo. Quando raggiungiamo il risultato siamo contenti. Se piace agli altri o no, non ci interessa».
Perché piace MasterChef?
«È un programma che unisce la famiglia: in settimana il papà guarda il calcio, la mamma magari una serie e i figli il tablet, ma il giovedì sera tutti davanti a MasterChef. Magari con un bel take away».
[…] E a lei perché piace MasterChef?
«Mi ha cambiato la vita. È arrivato a un punto in cui già pensavo alla mia vecchiaia, e invece mi ha fatto svoltare. È bello contribuire alla diffusione della cucina».
antonino cannavacciuolo giorgio locatelli bruno barbieri
[…] Le cucine sono ancora posti così duri come una volta?
«No, perché la tecnologia ci aiuta: una volta entravi alle nove del mattino in cucina e c’erano subito 52 gradi e lì rimanevi fino alle undici di sera. Ora c’è l’induzione, le cappe aspiranti, si sta meglio».
[…] Umiliazioni psicologiche?
«Eccome! A Parigi nei miei 18 mesi al famoso ristorante Tour d’Argent lo chef non mi ha mai chiamato con il mio nome. Mi chiamava “rital de merde”, dove rital è lo spregiativo che i francesi riservano agli italiani. Il resto non lo devo tradurre, si capisce».
[…] La sua Locanda è stato un esempio di integrazione.
«È stata un’idea di mia moglie: organizzavamo corsi di inglese per i cuochi, gli compravamo i biglietti per il cinema. Bisogna integrare, non accogliere o disprezzare».
È un argomento che le sta a cuore.
«Io è da 40 anni che sono un immigrato: qui ho aperto quattro business, alla Locanda ho fatto girare quasi duemila persone. È un Paese che ti fa lavorare, che ti fa pagare le tasse, che ti integra. Da noi si disprezza: ma sa che coraggio uno deve avere per mollare tutto, prendere i suoi quattro stracci, salire su una barca e attraversare il mare senza sapere se ci arrivi? Questo coraggio andrebbe premiato».
Sarà mica di sinistra lei?
«No, sono apolitico. Ma chi disprezza gli immigrati non lo sopporto. Perché io ho visto che la differenza la fa il Paese».
Torniamo alla Locanda: un anno fa l’avete chiusa dopo 23 anni. Come sta?
«Bene, ora ho una vita: faccio pilates tutti i giorni, alle 18.30 ho già cenato e alle otto sono davanti al caminetto con un buon libro».
Nessun rimpianto?
«No, troppi costi. Ogni cinque anni ci alzavano l’affitto: i proprietari pensavano che facessimo chissà quali soldi, ma in realtà il locale non rendeva più».
Al netto delle spese quanto le rimaneva in tasca?
«Ai tempi d’oro facevamo 5 milioni di euro all’anno e tolto tutto – affitto, spese, stipendi – ti rimaneva un profitto del 20 per cento, quando andava bene. Meno le tasse... Insomma, io e mia moglie facevamo sì e no 500 mila euro in due. Lavorando sempre. Mattina, sera, weekend, feste».
Non eravate milionari.
«Io la Porsche non me la sono mai comprata. Poi c’è stato il Covid, una batosta. Alla fine eravamo arrivati a un profitto del 5 per cento. I ristoranti di lusso hanno costi enormi: a Carlo Cracco gli partiranno 30 mila euro ogni mattina che apre il suo locale in Galleria, a Milano. Di chef milionari ne conosco pochi».
[…] È finita l’epoca dei ristoranti esclusivi che costano tantissimo?
«No: ci sarà sempre chi ha la concezione della cucina d’élite. C’è gente che a Londra paga 10 mila euro per stare da soli in un club. Ma io ho preferito fare altro».
LOCANDA LOCATELLI
giorgio locatelli e antonino cannavacciuolo @ sky20anni
GIORGIO LOCATELLI
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