1. C’È CHI LASCIA L’EREDITÀ AI POVERI. CHI AGLI ORFANOTROFI. I PIÙ LA LASCIANO AI PARENTI. IL SENATORE MARIO D’URSO, BANCHIERE, ARISTOCRATICO E VIVEUR, INVECE, HA SCELTO DI LASCIARE UNA PARTE DELLA SUA EREDITÀ A UN POLITICO. TENETEVI FORTE: IL POLITICO IN QUESTIONE SI CHIAMA BERTINOTTI. E LA SOMMA CHE ANDRÀ A INCASSARE CASH NON È DA POCO: 500MILA EURO, CIOÈ UN MILIARDO DELLE VECCHIE LIRE. CHE EQUIVALGONO ALL’INCIRCA A 25 ANNI DI LAVORO DI UN OPERAIO

Nicoletta Mantovani Mario Durso e Lella Bertinotti Nicoletta Mantovani Mario Durso e Lella Bertinotti

Mario Giordano per “Libero Quotidiano”

 

C’è chi lascia l’eredità ai poveri. Chi la lascia ai frati. Chi agli orfanotrofi. I più la lasciano ai parenti. Il senatore Mario D’Urso, banchiere, aristocratico e viveur, invece, ha scelto di lasciare una parte della sua eredità a un politico. Tenetevi forte: il politico in questione si chiama Bertinotti. E la somma che andrà a incassare tutto in un botto non è da poco: 500mila euro, cioè un miliardo delle vecchie lire. Che equivalgono all’incirca a 25 anni di lavoro di un operaio.

 

LELLA E FAUSTO BERTINOTTI MARIO DURSO LELLA E FAUSTO BERTINOTTI MARIO DURSO

Una proporzione che il compagno Fausto dovrebbe conoscere bene: lui, in effetti, ha sempre detto di essere molto vicino agli operai. Anche se, a conti fatti, ora sembra 500mila volte più vicino al jet set di Mario D’Urso. Uomo eccentrico, quest’ultimo. Oltre che a Bertinotti, infatti, ha lasciato i suoi averi a un banchiere (Massimo Ponzellini), al marito di Cecilia Pirelli, a un principe del foro e alla nipote dell’ex presidentessa delle Filippine Cory Aquino. Mancavano solo una piccola donazione per la famiglia Rotschild, un lascito a futura memoria per il club Bildenberg e un po’ di soldi a Paperon de’ Paperoni e poi avrebbe accontentato l’intero arco parlamentare dei miliardari.

GABRIELLA BERTINOTTI MARIO DURSO GABRIELLA BERTINOTTI MARIO DURSO

 

Ma del resto che ci volete fare? Ognuno può fare quello che vuole dei suoi denari: può darli agli orfanelli dell’Immacolata, se crede. O agli orfanelli del comunismo, in alternativa. In fondo ci sono tanti vecchi che in fin di vita, fra un pannolone e un altro, si affezionano alle loro badanti. D’Urso s’è affezionato al parolaio rosso Bertinotti. È sempre un problema di incontinenza, seppur solo verbale. D’altra parte i due, negli ultimi tempi, facevano coppia fissa in tutti i salotti chic della Capitale.

CANDIDO SPERONI LELLA E FAUSTO BERTINOTTI CARLA FENDI MARIO DURSO CANDIDO SPERONI LELLA E FAUSTO BERTINOTTI CARLA FENDI MARIO DURSO

 

All’hotel Hilton c’era un cocktail? Loro si presentavano. Sandra Verusio organizza un party? Loro non mancavano. Maristella Federici apriva i ricevimenti? Loro erano in prima fila. Addenta una mozzarella, passami la tartina, assaggia lo champagne: da Che Guevara alla rivoluzione della polpetta, dal subcomandante Marcos al paté de foie gras, il compagno Fausto aveva trovato nel nobile D’Urso la sponda ideale per realizzare la sua personale via al cachemire-comunismo: lotta dura, caviale senza paura.

GRUPPO BERTINOTTIS VERGASSOLA E DURSOGRUPPO BERTINOTTIS VERGASSOLA E DURSO

 

E il senatore aristocratico l’ha ricambiato da par suo: 500mila euro in contanti. E due serigrafie di Andy Warhol in sovrappiù. Diciamo che quello fra Fausto e Mario è stato un rapporto molto arricchente. E, per quanto riguarda Bertinotti, non solo in senso culturale. Per altro non gli dev’essere dispiaciuto. L’ex leader di Rifondazione comunista, infatti, il paladino degli umili, il sindacalista che amava la lotta operaia, l’autore di «Il nostro nuovo comunismo (partendo da Marx)» e «Tutti i colori del rosso», ha sempre dimostrato una certa debolezza per la vita agiata.

 

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Diciamo che è sempre stato più facile trovarlo in una terrazza romana che in una fonderia, alla catena di montaggio ha sempre preferito l’auto blu, anche parcheggiata in divieto di sosta. O, peggio, l’aereo blu, come quello che usò per le sue vacanze chic a Quiberon. Poco tempo fa è salito agli onori della cronaca anche per la difesa del suo ricco vitalizio (oltre 100mila euro l’anno), a dimostrazione del fatto che «Tutti i colori del rosso», per quanto importanti, non bastano.

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Per completare il quadro delle lotte operaiste bertinottiane bisogna aggiungere, almeno, tutti i colori dei soldi. Adesso, però, grazie alla inaspettata generosità del senatore D’Urso il compagno Fausto avrà la possibilità di sgombrare il campo da tutte le risatine ironiche che hanno accompagnato la sua ascesa verso il soviet del cachemire. Infatti potrebbe utilizzare i 500mila euro al meglio.

 

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C’è solo l’imbarazzo della scelta: li girerà ai disoccupati di Porto Marghera? O alla cooperativa braccianti della Lucania? O alla società di mutuo soccorso di Ciriè e Avigliana? O ai gruisti di Livorno? O alle tute blu della Breda? O ai marmisti della Lunigiana? O ai reduci dell’altoforno di Dalmine? Aspettiamo la risposta dell’ereditiero rosso.

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Anche se il sospetto che voglia tenersi il malloppo per sé è difficile da allontanare. Infatti, quando nel giugno scorso D’Urso morì, Bertinotti lo celebrò così: «L’ho ammirato perché era caritatevole verso i ricchi. E non è facile». E se non è facile essere caritatevoli verso i ricchi, figurarsi verso i poveri. Vero, compagno Fausto?

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