MICHIELETTO DOVE LO METTO? AL CINEMA! – IL REGISTA D’OPERA ITALIANO PIÙ QUOTATO ALL'ESTERO PARLA DEL SUO FILM D'ESORDIO, “PRIMAVERA”: “È LA STORIA DI UNA RAGAZZA CHE SCOPRE IL SUO TALENTO DI VIOLINISTA ATTRAVERSO L’INCONTRO CON VIVALDI. È BELLO CHE UN FILM IN COSTUME ITALIANO ABBIA IL CORAGGIO DI USCIRE A NATALE, ACCANTO AL KOLOSSAL ‘AVATAR’ E AL RE DELLA COMMEDIA CHECCO ZALONE. PER ME, È COME ESSERE INVITATO A UNA FESTA, NON ORGANIZZATA DA ME, DOVE PORTO I MIEI DONI: ANNI DI LAVORO CON GLI ARTISTI” – LA STILETTATA DEL PROTAGONISTA, MICHELE RIONDINO, AL SOTTOSEGRETARIO MELONIANO MAZZI, SECONDO CUI LE OPERE SONO TROPPO LUNGHE PER AVVICINARE I GIOVANI: “VADA A FARSI UN GIRO NEI CONSERVATORI, CI VORREBBERO POLITICI PREPARATI…”
Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
primavera - tecla insolia damiano michieletto michele riondino
C’è spazio anche per lui, Damiano Michieletto, 50 anni, il regista campione della lirica (il 7 dicembre ‘26 per la prima volta aprirà la Scala con Otello), che esordisce al cinema con Primavera, restando attorno alla musica, e dice: «Penso sia bello che un film in costume italiano abbia il coraggio di uscire a Natale, accanto a un kolossal come Avatar e al re della commedia Checco Zalone.
I commenti sono positivi, è un film ben costruito, un diesel e sono certo che troverà il suo pubblico. È la storia di una ragazza che scopre il suo talento di violinista attraverso l’incontro con Vivaldi».
Rispetto ai suoi spettacoli d’opera dirompenti, il film è prudente, «ma il prossimo sarà più ruvido, per me, è come essere invitato a una festa, non organizzata da me, dove porto i miei doni: anni di lavoro con gli artisti».
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La protagonista è Cecilia, interpretata da Tecla Insolia, personaggio di finzione che suona all’Ospedale della Pietà, dove insegnava Antonio Vivaldi, col volto di Michele Riondino. E’ l’istituto veneziano che per centinaia di anni ha ospitato ragazze orfane, abbandonate perché figlie di cortigiane o della povertà, o di padri aristocratici che avevano vissuto un’avventura.
[…] «Non volevo la musica più prevedibile e danzante, ho scelto quella malinconica e dolorosa, che rappresenta l’umanità di Vivaldi». Lui che uomo è? «Fragile, scalpita, soffre perché non è riconosciuto come desidera, è malaticcio, avvitato su se stesso, un solitario, prete senza una vera vocazione».
stefano accorsi damiano michieletto saverio ferragina (2)
Vivaldi lo incontriamo a 36 anni, quando torna alla Pietà, dove aveva già insegnato. «Non sapevo nulla di lui – dice Riondino -, è stato riscoperto nel ‘900, dopo il lungo oblio, nonostante questo fu uno dei compositori più copiati e imitati». […]
Le ragazze suonano dietro a una grata o con una maschera che le rende irriconoscibili. «Non possiamo usare parametri moderni e parlare di dimensione femminile - dice il protagonista - , in quel periodo storico non esisteva, all'interno degli orfanatrofi chi si dedicava alla musica e non cucinava o non ricamava era considerato un privilegiato. Erano delle eroine ignote».
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All’attore ricordiamo che nel film ricorre la parola reputazione. «Con il direttore della Pietà, con Vivaldi, con l’ufficiale che doveva sposare Cecilia: era legata al chiacchiericcio di Venezia. Per me, nel mestiere d’attore, la reputazione è legata all’onestà che si dimostra».
Riondino, qual è stata la rivoluzione di Vivaldi? «Il ritmo, che assume una connotazione di rapimento estatico. Ha introdotto il concetto di impeto. Prima nei tempi musicali si parlava quasi soltanto di Adagi e Allegri».
Lei che musica ascolta? «Arrivo fino alla techno, sono cresciuto con Kurt Cobain e i New Trolls, quel rock progressivo ha una connessione ideale con i Concerti grossi barocchi e dunque con Vivaldi. Ho scoperto anche le sue opere».
Il sottosegretario Mazzi dice le opere sono troppo lunghe per avvicinare i giovani. «Vada a farsi un giro nei Conservatori, o in tante città e non solo europee, dove metà pubblico è composto da trentenni. Ci vorrebbero politici preparati».
La sinistra, nella riforma autarchica che si profila nei teatri d’opera, brilla per la sua assenza. «È un problema che coinvolge più ambiti. Il silenzio delle parti sociali coinvolge anche la mia Taranto. Ha fatto più rumore la protesta degli operai di Genova che quella di una intera città, che a causa dell’ex Ilva respira mer.. Il delegato della Fiom a Genova ha detto: gli altoforni sono chiusi, non affonderemo come a Taranto.
E ha ricevuto il plauso della sindaca Silvia Salis, che lo esaltato come un Robespierre. Una volta il concetto di lotta di classe prevedeva l’adesione collettiva, la solidarietà. Se quel sindacalista ha un lavoro a Genova è perché a Taranto si respira aria inquinata, mentre al Sud si può morire».
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