CRAXI, “CORRIERE” E TANGENTOPOLI - GIULIO ANSELMI RICORDA LA RABBIA DI BETTINO: "UNA VOLTA MI CHIAMÒ E MI URLÒ: “DOPO LE ELEZIONI VERRÒ LÌ E LA BUTTERÒ GIÙ DALLE SCALE A CALCI!” - E QUANDO SBATTE IN PRIMA PAGINA LE MAZZETTE DELLA FIAT, ANSELMI FIRMA LA SUA CACCIATA - LA VENDETTA DI CRAXI E AGNELLI: "CHIAMA PAOLO MIELI E DIGLI CHE FARÀ IL DIRETTORE DEL "CORRIERE""….

Estratti del libro di Marco Damilano, "Eutanasia di un potere" (Laterza), pubblicati da "l'Espresso"

Un libro ricostruisce la fine della Prima Repubblica e l'arrivo di Berlusconi. Dalle minacce di Craxi al "Corriere" alle paure di Andreotti sul pool di Milano

Canaglia. Mascalzone. C'è solo una persona che nel 1992 Bettino Craxi odia più di Antonio Di Pietro. Per lui non c'è il poker d'assi, ma una sequenza di attacchi, accuse, perfino minacce fisiche. "Una volta mi chiamò e mi urlò: "Dopo le elezioni verrò lì e la butterò giù dalle scale a calci!". Gli risposi: "Beh, intanto pensi a vincerle, le elezioni"".

Giulio Anselmi oggi è una figura istituzionale per il giornalismo, presidente dell'Ansa e presidente della Federazione degli editori... Ha diretto tutto quello che si può: "Il Mondo", "Il Messaggero", l'Ansa, "l'Espresso", "La Stampa". Ma la direzione che non può dimenticare è quella del "Corriere della Sera", ricoperta ad interim tra il febbraio e il settembre del 1992, nel mezzo della tempesta Tangentopoli.

All'epoca il genovese Anselmi ha 47 anni, dopo una carriera da inviato... è in via Solferino dal 1987, con il grado di vice-direttore vicario di Mikhail Kamenetzky detto Micha, ovvero Ugo Stille, il direttore venuto da lontano, una vita di esodi tra Mosca, la Lettonia, New York, fortemente voluto da Gianni Agnelli. "All'inizio del 1992 Stille si ammalò e tornò in America. Non poteva neppure parlare al telefono, mi sono ritrovato da solo alla testa del "Corriere"", racconta Anselmi.

Il "Corriere della Sera", nel 1992 come sempre nella sua storia, è l'oggetto del desiderio dei partiti di governo. E il ruolo del quotidiano di via Solferino, e del suo reggente Anselmi, chiamato dalle circostanze a tenere il timone nella tempesta, sarà decisivo per costruire il consenso attorno all'inchiesta Mani Pulite. Un esito per nulla scontato.

Nel rapporto tra il "Corriere" di Stille e l'altro potere forte di Milano, il Psi di Craxi, c'è stato lo scivolone del direttore che non ama la politica italiana e che nelle sue acque limacciose si muove con una buona dose di ingenuità: 19 maggio 1989, congresso dei socialisti all'Ansaldo di Milano, c'è il camper parcheggiato dove sono riuniti con Craxi i maggiorenti del partito.

Di fronte a tutti, arriva Stille, sale la scaletta del camper e va a salutare il leader del Psi, padrone di Milano. Dopo di lui, appuntano i cronisti, entra Silvio Berlusconi. L'omaggio del direttore del "Corriere" ben descrive i rapporti di forza che ci sono tra potere politico e stampa alla vigilia di Mani Pulite.

Anselmi... incarna il profilo moderato di una città stufa di scandali e di paralisi politica. Nelle prime ore di Mani Pulite, il 18 febbraio, all'indomani dell'arresto di Mario Chiesa, il "Corriere" piazza un richiamo in prima pagina e i servizi nelle cronache locali, a pagina 40, firmati da Alessandro Sallusti, il futuro braccio destro di Vittorio Feltri e direttore del "Giornale" berlusconiano.

Già dal giorno dopo, però, l'attenzione cresce... Il primo articolo su Antonio Di Pietro è datato 24 febbraio, un ritratto di Goffredo Buccini sul pm "estroverso e imprevedibile, abruzzese d'origine". Da quel momento l'indagine non abbandona più la prima pagina. E Craxi comincia a innervosirsi.

"Quando partì l'inchiesta non avevo idea delle dimensioni dello smottamento" ricorda Anselmi. "Avevo la sensazione che stesse precipitando il craxismo, quel modo di intendere la politica, le mani del Psi su Milano, ma non avevo la più pallida idea di quello che sarebbe successo in seguito. Nessuno ce l'aveva, in realtà... Si ipotizzava all'epoca che anche Andreotti avesse informazioni privilegiate, ma il mio ricordo è diverso.

Una volta mi chiamò Luigi Bisignani, "il presidente vorrebbe parlarti", mi disse. Lo andai a trovare a Palazzo Chigi, sperando di ricevere qualche notizia. E invece fu Andreotti a chiedermi cosa stesse succedendo a Milano e fin dove si sarebbero spinti i giudici. Aveva meno informazioni di me".

Il primo editoriale di Anselmi su Mani Pulite arriva il 2 maggio, all'indomani del primo avviso di garanzia per gli ex sindaci Tognoli e Pillitteri. Segue, a distanza di quattro giorni, un secondo intervento.

...Con Craxi lo scontro violento arriva qualche settimana dopo. Quando il segretario del Psi manca l'obiettivo di Palazzo Chigi e il quotidiano di Anselmi martella ogni giorno sulle inchieste. Titoli urticanti... interviste... editoriali schierati: "Noi non apparteniamo al "partito" di Di Pietro. Ma l'opinione pubblica ha individuato in Di Pietro e nei suoi colleghi che conducono le inchieste sulle tangenti i vendicatori per anni di soprusi, di corruzione, di inefficienza...

Non tenerne conto significa aver perso il polso della situazione del Paese" ("Di chi è la giustizia", 28 giugno)... E a questo punto Craxi ordina: da ora in poi non si subisce più. Il 17 luglio l'editoriale dell'"Avanti!" (coincidenze straordinarie) è una dichiarazione di guerra contro il giornale di via Solferino e la sua direzione: "Non intendiamo in alcun modo ostacolare il corso della giustizia come insistono nel dire organi di stampa che hanno perso insieme equilibrio, misura, obiettività e senso della giustizia, ad esempio è il caso di tanti articoli, corrispondenze e corsivi del "Corriere della Sera"".

"È vero, ho pubblicato l'intervista di Biagi a Di Pietro, c'erano gli editoriali, ma... c'era Giuliano Ferrara che firmava una rubrica, io la conservai accompagnandola con un distico: "Il contenuto di questo articolo non corrisponde alla linea del giornale". Sallusti era uno dei cronisti più bravi, più attivi. In redazione c'era un vice-direttore che tremava ogni volta che facevamo il titolo di prima e che teneva il filo con i socialisti, io saggiamente non gli avevo dato deleghe... Una volta sbottò con me: "Ci farai cacciare via tutti". E io gli risposi: "Perché ti preoccupi tu, che non sanno nemmeno che esisti?"".

Una delle leggende più dure da sfatare, a distanza di vent'anni, è il complotto dei poteri forti contro i partiti, le "coincidenze straordinarie" tra stampa, magistratura e editori di cui parlò l'"Avanti!", il circuito mediatico-giudiziario. "Non ho mai incontrato Di Pietro in quei mesi, mai parlato con lui neppure al telefono", replica Anselmi: "Non c'era nessun complotto contro i socialisti e contro i partiti: io e tutti gli altri capimmo quello che stava accadendo con gradualità, giorno dopo giorno.

E per dire quale tipo di rapporto ci fosse tra la magistratura e il potere economico ricordo una cena al Savini con l'intero establishment schierato, da Cesare Romiti in giù. A un certo punto arrivò Borrelli, sembrava un generale che passa in rassegna le truppe, salutò tutti con un cenno del capo e con un militaresco colpo di tacco. In sala c'era un gelo paragonabile al terrore. No, grandi disegni non ce n'erano. Se non avessi fatto il giornale così a Milano mi avrebbero tirato i sassi alle finestre. E se ci fu complotto dei poteri forti, fu quanto meno mal congegnato".

Da lì a poco, infatti, finiscono coinvolti nell'inchiesta i big dell'imprenditoria. Anche la Fiat viene coinvolta, mesi dopo, con l'arresto del numero tre, Francesco Paolo Mattioli. "In estate uno dei massimi dirigenti della Fiat da Torino venne di persona a Milano per dirmi che la successione di Stille era ormai quasi fatta e che il direttore sarei stato io. Nel percorso di denuncia mi ero spinto molto in là, non potevo arrestarmi quando le inchieste dai politici locali passavano a toccare i santuari della finanza, non potevo fermarmi di fronte alla Fiat e a Mediobanca. Così, quando fu scarcerato Mattioli, anche il "Corriere" pubblicò la sua foto con in mano la giumenta, la borsa di cartone con le sue cose. E da Torino chiamarono per sapere se fossimo tutti impazziti...".

Nell'editoriale del 28 agosto Anselmi attacca "i grandi gruppi che saranno sempre più tentati di riporre le bandiere orgogliosamente sventolate per rincantucciarsi all'ombra protettiva dello Stato". È il suo ultimo editoriale da reggente, il 2 settembre viene nominato Paolo Mieli, fino a quel momento direttore della "Stampa". Scrive Massimo Pini che è il segretario del Psi a trasmettere il proprio benestare alla nomina con una telefonata a Ugo Intini: "Chiama Paolo Mieli e digli che farà il direttore del "Corriere"".

Una delle pochissime vittorie di Craxi di quell'anno, anche se solo in apparenza. Anselmi resterà infatti in posizione di vertice come vice di Mieli per tutto il 1993, fino alla nomina a direttore del "Messaggero": "Quando la Camera negò per Craxi le prime autorizzazioni a procedere uscirono due editoriali sul "Corriere", uno firmato da me e uno di Mieli. E quello di Paolo era molto più duro del mio".

Nel 2008 i destini di Anselmi e di Mieli sono tornati a incrociarsi. Anselmi è dal 2005 direttore della "Stampa", Mieli dal 2004 è tornato in via Solferino. E il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi li accomuna in una sorta di licenziamento in diretta. Riporta l'Ansa (2 dicembre 2008): ""Il tuo giornale titola oggi Berlusconi contro Sky. Che vergogna...", si sdegna il premier rivolto ad Augusto Minzolini, cronista della Stampa.

"E le vignette del Corriere? Ma che vergogna, che vergogna...", aggiunge. "I direttori di questi giornali, come Stampa e Corriere, dovrebbero andarsene a casa..."". Il desiderio del Cavaliere sarà presto esaudito. Passano quattro mesi e Anselmi e Mieli lasciano le direzioni dei loro quotidiani. Mentre Minzolini viene nominato direttore del Tg1. Sembra un poker d'assi, anche in questo caso. Ma è tutta un'altra storia. O forse no, forse è la stessa.

 

MARCO DAMILANO - EUTANASIA DI UN POTEREMARCO DAMILANO Giulio Anselmi CRAXI BETTINOugo stilleALESSANDRO SALLUSTI Luigi Bisignani con Giulio Andreotti ANTONIO DI PIETRO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni times musk sunak edi rama

COME AL SOLITO, I GIORNALISTI ITALIANI SI FERMANO AI TITOLI: L’ARTICOLONE DEL “TIMES” SUI LEADER INTERNAZIONALI “TUTTI PAZZI PER LA MELONI” NON È PROPRIO UNA CAREZZA SUL FACCINO DELLA SORA GIORGIA, COME CI VOGLIONO FAR CREDERE “CORRIERE”, “LIBERO” E GLI ALTRI MEGAFONI DELLA FIAMMA MAGICA. ANZI, È PIENO DI FRECCIATONE ALLA THATCHER DE’ NOANTRI, TIPO “L’UMILTÀ BEN PREPARATA” DI FRONTE AL PREMIER ALBANESE EDI RAMA. O LA CHIOSA SULL’INCONTRO CON JD VANCE: “IL FLIRT DELLA 48ENNE ERA SOLO NATURALMENTE SIMPATICO O SI È RESA CONTO CHE RIDENDO DELLE BATTUTE DEGLI UOMINI DI POTERE OTTERRÀ L'ACCORDO COMMERCIALE CHE DESIDERA?” – RICORDA I “THREESOME” E IL PACCO DI GIAMBRUNO, SMONTA LE ORIGINI PROLETARIE DELLA DUCETTA E CHIUDE CITANDO BERLUSCONI: “È UNA PERSONA CON CUI NON SI PUÒ ANDARE D'ACCORDO”. VI SEMBRANO COMPLIMENTI?

giampaolo rossi giorgia meloni silvia calandrelli felice ventura matteo salvini gianfranco zinzilli giancarlo giorgetti

C'È UN NUOVO CAPITOLO NELL'ETERNO SCAZZO MELONI-SALVINI E RIGUARDA LA RAI - NEL CDA DI DOMANI FELICE VENTURA, DIRETTORE DELLE RISORSE UMANE, SARÀ NOMINATO PRESIDENTE DI RAI PUBBLICITÀ - SULLA POLTRONA DELLA CASSAFORTE DEL SERVIZIO PUBBLICO SI È CONSUMATO L'ENNESIMO SCAZZO: L'AD, GIAMPAOLO ROSSI, VOLEVA ISSARE SILVIA CALANDRELLI (NONOSTANTE LA VICINANZA AL PD), OSTEGGIATA PERÒ DALLA LEGA CHE VOLEVA GIANFRANCO ZANZILLI - IL MINISTRO GIORGETTI HA CONVOCATO ROSSI AL MEF (AZIONISTA DELLA RAI) PER IMPORRE IL NOME, MA QUELLO, DI FRONTE AL DIKTAT, HA OPPOSTO UN "ME NE FREGO". E ALLA FINE È STATO TIRATO FUORI DAL CILINDRO IL NOME DI VENTURA...

giorgia meloni elly schlein

DAGOREPORT - LE MANOVRE DA "DOTTOR STRANAMORE" DI ELLY SCHLEIN: SFANGARLA AI REFERENDUM, VINCERE IN AUTUNNO IN TUTTE E 6 LE REGIONI CHE ANDRANNO AL VOTO, QUINDI ANDARE AL CONGRESSO ANTICIPATO DEL PD A GENNAIO 2026 PER POI FARSI INCORONARE LEADER DEL CENTROSINISTRA ALLE POLITICHE DEL 2027 (CONTE PERMETTENDO) – A FAVORE DI ELLY GIOCA IL FATTO CHE LA MINORANZA DEM E' FRANTUMATA CON BONACCINI E LO RUSSO TRATTATI DA TRADITORI DELLA CAUSA DEI RIFORMISTI E PICIERNO E GORI GIUDICATI TROPPO EX RENZIANI – NEL CENTRODESTRA GIRA GIÀ LA BATTUTA: “LUNGA VITA AD ELLY SCHLEIN”, CHE RESTA PER "LA STATISTA DELLA GARBATELLA" LA SUA MIGLIORE POLIZZA PER FARSI ALTRI 5 ANNI A PALAZZO CHIGI...

friedrich merz donald trump starmer macron meloni von der leyen jd vance

DAGOREPORT - L’INCONTRO DI GIORGIA MELONI CON VANCE E VON DER LEYEN È STATO SOLO ''ACCIDENTALE'': È STATO POSSIBILE IN VIRTU' DELL’INSEDIAMENTO DI PAPA LEONE XIV (NON È STATA LA DUCETTA A CONVOCARE I LEADER, BENSI' SANTA ROMANA CHIESA) – LA "COMPASSIONE" DI TRUMP, CHE HA COINVOLTO LAST MINUTE "COSETTA" MELONI NELLA CHIAMATA CON MACRON, STARMER E MERZ – LE FAKE NEWS DI PALAZZO CHIGI PROPALATE DALLA STAMPA E MEDIA DI DESTRA COL SUPPORTO DEL “CORRIERE DELLA SERA”:  ALL’ORIZZONTE NON C’È MAI STATO ALCUN INVIO DI TRUPPE EUROPEE AL FIANCO DI KIEV CONTRO MOSCA. SOLO DOPO LA FIRMA DI UNA TREGUA, GRAN BRETAGNA E FRANCIA SONO A FAVORE DI UN INVIO DI TRUPPE, MA UNICAMENTE AL FINE DELLA SALVAGUARDIA DEI CONFINI UCRAINI, E COL FONDAMENTALE SUPPORTO INTELLIGENCE DELLA CIA - ALTRA MINCHIATA DELLA PROPAGANDA ALLA FIAMMA: NON E' MAI ESISTITA LA VOLONTÀ DI ESCLUDERE L’ITALIA DAL GRUPPO DEI ''VOLENTEROSI''. È LA "GIORGIA DEI DUE MONDI" STESSA A ESSERSI CHIAMATA FUORI, IN PREDA ALL'AMBIZIONE SBAGLIATA DI DIVENTARE LA "PONTIERA'' TRA STATI UNITI ED EUROPA, E PER EVITARE GUAI IN CASA CON IL SUO NEMICO PIU' INTIMO, MATTEO SALVINI...

giuliano amato

AMOR CH’A NULLO AMATO – IL RITRATTONE BY PIROSO DEL DOTTOR SOTTILE: “UN TIPO COERENTE E TUTTO D’UN PEZZO, UN HOMBRE VERTICAL? O UN SUPER-VISSUTO ALLA VASCO ROSSI, ABILE A PASSARE INDENNE TRA LE TURBOLENZE DELLA PRIMA REPUBBLICA, UOMO-OMBRA DI CRAXI, MA ANCHE DELLA SECONDA?” – ALCUNI PASSAGGI STORICI DA PRECISARE: AMATO NON SI CANDIDÒ NEL 2001 A CAUSA DI ALCUNI SONDAGGI-PATACCA SVENTOLATIGLI DA VELTRONI, CHE DAVANO RUTELLI IN VANTAGGIO SU BERLUSCONI – A FERMARE LA CORSA AL QUIRINALE DEL 1999 FU MASSIMO D’ALEMA, CHE LO SCARICÒ PER IL “NEUTRO” CIAMPI  - IL MANCATO VIAGGIO AD HAMMAMET E IL RAPPORTO CON GIANNI DE GENNARO...

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...