frank walter steinmeier volodymyr zelensky olaf scholz vladimir putin angela merkel

BERLINO FA MURO E INDEBOLISCE L’EUROPA DAVANTI A PUTIN - LA GERMANIA IN QUESTI ANNI, COMPLICE LA MERKEL E IL PRINCIPIO DEL “CAMBIAMENTO ATTRAVERSO IL COMMERCIO”, SI È SEMPRE SCHIERATA DALLA PARTE DI “MAD VLAD”, CON CUI HA FATTO GROSSI AFFARI. COSÌ, HA CONTRIBUITO A RENDERE TUTTO IL CONTINENTE DIPENDENTE DAL GAS RUSSO, E OGGI NE VEDIAMO LE CONSEGUENZE - L’INCIDENTE DIPLOMATICO CON STEINMEIER, A CUI ZELENSKY HA BLOCCATO IL VIAGGIO A KIEV, E L’UE CHE, COME AL SOLITO, VA IN ORDINE SPARSO…

1 - ENERGIA COSÌ BERLINO INDEBOLISCE L'EUROPA

Flaminia Bussotti per “il Messaggero”

 

vladiimir putin dona un mazzo di fiori ad angela merkel

Dopo 16 anni di vacche grasse con la Merkel, tegole sul governo di Olaf Scholz a quattro mesi dall'insediamento. La Germania risente ora come pochi altri stati europei della guerra in Ucraina: conseguenze politiche e strategiche che costringono a un ripensamento della sua politica estera ed economica finora molto filorusse. Un doppio binario che evidenzia gli errori del passato e impone una correzione di rotta.

 

frank walter steinmeir vladimir putin

LE PREVISIONI

Gli economisti fanno previsioni tetre e in questo scenario è piombato anche l'affronto al presidente Steinmeier la cui visita a Kiev è stata stoppata dal presidente ucraino Zelensky.

 

le vie del gas russo

Troppo filorusso per Kiev nonostante un suo recente mea culpa: non ci servono le passerelle, ci servono le armi e chi decide è Scholz non Steinmeier. Infatti è partito subito un invito al cancelliere a recarsi in visita, ma il governo di Berlino, dietro il linguaggio felpato, è infuriato e Scholz ha detto che Steinmeier rappresenta la Germania, che il no al suo viaggio è irritante e che comunque, lui, a Kiev non ci andrà.

putin schroeder

 

Lo stretto rapporto con Mosca era improntato al principio Wandel durch Handel (cambiamento attraverso il commercio), rivelatosi illusorio e fallace. Il forte intreccio nel settore energetico è risultato squilibrato per Berlino, da qui il rifiuto di estendere l'embargo contro la Russia al gas (e al petrolio), indebolendo così la posizione europea: il 55% del gas in Germania proviene dalle importazioni dalla Russia.

 

angela merkel vladimir putin

Percentuale che sarebbe ulteriormente aumentata se il gasdotto Nord Stream 2, bloccato in tempo prima della guerra, fosse entrato in funzione come avrebbero voluto sia la Merkel sia Scholz, suo successore alla cancelleria. Scholz deve ora fare i conti con una emergenza di cui il suo partito socialdemocratico è responsabile tanto quanto la Cdu-Csu, basta pensare al ruolo chiave di Schröder nel promuovere Nord Stream 2.

 

L'EMBARGO

olaf scholz volodymir zelensky

La dipendenza dal gas russo è all'origine del nein tedesco a un embargo totale: troppo grande il timore di conseguenze economiche, disordini sociali e una crisi politica. Uno stop al gas, secondo i dati divulgati ieri dai principali istituti economici, significherebbe una grave recessione e inflazione record.

 

Il Pil quest' anno calerebbe all'1,9% contro il 2,7% stimato in caso di forniture russe regolari (corretto comunque rispetto alle previsioni di autunno del 4,8%). Per il 2023 si stima una crescita del 3,1%, ma in caso di blocco del gas russo si avrebbe una forte recessione e un calo del Pil al 2,2%.

 

Robert Habeck

Inflazione al 6,1% quest' anno, il livello più alto da 40 anni, e addirittura al 7,3%, record dal Dopoguerra, in caso di embargo. Il conto di un embargo del gas costerebbe alla Germania 220 miliardi di euro quest' anno e nel 2023. Per il 2024 Berlino conta di essere indipendente dal gas russo, e di fermare l'import di petrolio quest' anno.

 

christian lindner olaf scholz annalena baerbock robert habeck

Nella transizione, escluso però uno stop repentino al gas, troppo pericoloso per le ripercussioni sociali: la vede così anche il verde Habeck che sta lavorando a una riforma della legge sull'energia del 1975 che prevede il controllo dello Stato, in extremis fino all'esproprio, delle aziende strategiche per l'approvvigionamento energetico. Scenario che sarebbe riferito, senza menzionarle, alle filiali tedesche di Gazprom e Rosneft.

 

2 - L’EUROPA IN FRANTUMI

Manila Alfano per “il Giornale”

 

merkel putin

Avanzano in ordine sparso verso Kiev. Sono i leader di mezza Europa che sfilano, giubbotto antiproiettili addosso, e flash. Testimoniano, dimostrano vicinanza, esprimono solidarietà. Eppure non sempre tutto fila liscio.

 

L'ultimo grave incidente diplomatico risale a poche ore fa quando Kiev ha rifiutato la visita del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier. Sonoro sgarro diplomatico; uno schiaffo che la Germania ha incassato quasi attonita. Sicuramente irritata e compatta in difesa del proprio presidente.

 

ZELENSKY E BORIS JOHNSON A KIEV

Sono rimbalzate voci, illazioni, tra gli analisti si è sparsa la spiegazione che fosse per le posizioni di Steinmeier un po' troppo pro Putin in passato. Ieri Kiev ha chiarito che il no arriva perchè si aspetta misure più serie dalla Germania contro la Russia. Da lì un vero e proprio cortocircuito.

 

L'Ucraina, come per voler mettere una pezza, ha ribadito il suo invito al cancelliere Scholz, che per tutta risposta ha rifiutato. Il capo del governo federale ha aggiunto di essere «irritato» per il rifiuto, ricordando poi che è «il presidente è stato da poco rieletto al Bundestag con una grande maggioranza e rappresenta la Repubblica Federale di Germania». Eppure quest' ultimo, sebbene il più eclatante, sembra essere solo l'ultimo in ordine di tempo, degli inciampi che via via si sono susseguiti durante tali visite in territorio ucraino.

OLAF SCHOLZ VOLODYMIR ZELENSKY

 

Iniziative in ordine sparso che hanno dato l'impressione di muoversi un po' senza coordinamento preciso. E così, se il viaggio di Boris Johnson è rimasto segretissimo fino all'ultimo, quello dei leader dell'Europa orientale, di metà marzo, era apparso come sganciato, privo della regia di Bruxelles.

 

BORIS JOHNSON E ZELENSKY A KIEV

Il viaggio di Morawiecki in compagnia di Jarosaw Kaczynski,presidente del partito Diritto e giustizia e vicepremier, Janez Jansa, primo ministro della Slovenia, e Petr Fiala, capo del governo della Repubblica Ceca, aveva colto di sorpresa un po' tutti, Ue compresa. Un viaggio senza la «benedizione» ufficiale dell'Ue e degli altri Paesi a cui poi ha tentato di rimediare Ursula von der Leyen con la sua visita. Un paio di giorni fa, a irritare l'Europa è stato il viaggio del cancelliere austriaco Karl Nehammer da Putin dopo essere stato da Zelenski.

 

mateusz morawiecki al confine

Molti i critici di questa mossa che il presidente russo potrebbe usare a suo vantaggio. Macron, nonostante la sua battaglia contro la Le Pen sia in pieno svolgimento, si è detto «pronto ad andare a Kiev se utile», «Se ci torno, è per trovare una soluzione alla guerra, ristabilire un dialogo». «Ho fatto tutto quello che ho potuto per fermare la guerra e proteggo i francesi da un'estensione della guerra.

 

Se riusciamo a riavviare il dialogo, allora forse una visita sarà utile», ha dichiarato, mentre dall'altra parte dell'oceano la Casa Bianca fa sapere che di Biden invece non ci sarà alcun viaggio. Certo è che l'Europa appare frammentata, ancora una volta divisa in base a un mero calcolo utilitaristico.

 

frank walter steinmeir vladimir putin

E così, anche in questo caso, i Paesi più a ridosso del conflitto, sono i più solerti, a sposare la linea più dura contro i Russi, quella di Biden, quella degli Stati Uniti. La visita che Steinmeier avrebbe dovuto fare era insieme al presidente polacco e tre repubbliche baltiche. Ancora una volta l'Europa orientale nella capitale assediata dall'esercito russo in segno di vicinanza e solidarietà al popolo ucraino e un messaggio di compattezza e unità d'intenti diretto al Cremlino - nonostante la significativa assenza dell'Ungheria. Segnali che danneggiano e scalfiscono quell'immagine internazionale che l'Europa vorrebbe dare di se.

 

Articoli correlati

GLI UCRAINI HANNO LA MEMORIA LUNGA - IL NO DI ZELENSKY AL VIAGGO A KIEV DI FRANK WALTER STEINMEIER..

 

 

 

 

 

 

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO