C’ERAVAMO TANTI AMATI (OGGI SOLO ARMATI) - L’IDILLIO TRA PIERFURBY E MONTEPREZZEMOLO È ANDATO IN FRANTUMI NON APPENA S’È CAPITO CHE IL “GRANDE CENTRO” È TROPPO PICCOLO PER TUTTI E DUE - LUCHINO VOLEVA CHE L’UDC SI SCIOGLIESSE, CASINI NON CI PENSA PROPRIO A FARE LA FINE DI FINI (ESODATO DOPO AVER SCIOLTO IL SUO PARTITO) - LA RESA DEI CONTI PER IL DOMINIO DELL’AREA MODERATA CI SARÀ DOPO IL VOTO IN SICILIA CHE POTREBBE RIBALTARE ALLEANZE, EQUILIBRI E CANDIDATURE…

1 - MENO...
Jena per "la Stampa" -
Alle elezioni politiche toccherà votare per il meno peggio, ma non sarà facile trovarlo.

2 - CASINI E MONTEZEMOLO CONTRO: LA CRISI NATA IN DUE WEEKEND...
Francesco Verderami per "il Corriere della Sera"

Li unisce la simpatia umana, li divide la diffidenza politica. Ecco perché le strade di Casini e Montezemolo si sono separate: le affinità non sono bastate a colmare le differenze. E sebbene Pier parli di Luca come di «un amico», e Luca a sua volta definisca Pier «una persona perbene», le divergenze sono tali da esser diventate fonte di litigio.

Tanto che, dopo aver passato insieme alle rispettive famiglie il penultimo fine settimana, ora i due hanno interrotto i rapporti. Colpa dell'ultimo weekend, della festa dell'Udc, evento a cui Casini aveva invitato Montezemolo, che a sua volta aveva promesso in sua rappresentanza la presenza di Nicola Rossi.

Non solo l'esponente di ItaliaFutura non si è presentato all'appuntamento, ma il giorno dopo l'associazione montezemoliana ha definito una kermesse da «fritto misto» quella manifestazione, dove ministri tecnici e rappresentanti del mondo del lavoro e delle imprese si erano mischiati alla nomenklatura dell'Udc. Da allora la linea telefonica tra Pier e Luca è interrotta. Il presidente della Ferrari, che condivide i contenuti di quella nota, riconosce che i toni erano forse un po' eccessivi, mentre al capo dei centristi quei toni sono parsi tanto sgarbati e basta.

Ma la distanza sta nella sostanza, più che nella forma, se è vero che nel penultimo fine settimana Pier e Luca avevano avuto una conversazione molto franca. Le posizioni erano rimaste quelle dell'estate, quando Casini - invitando Montezemolo ad accompagnarlo nella costruzione di un nuovo polo - lo aveva pungolato: «Se qualcuno crede di aver qualcosa da dare al Paese, lo faccia senza tatticismi. Non c'è spazio per chi pensa a se stesso». E Montezemolo, non credendo in quel progetto, aveva commentato assai piccato: «Non si può dire di voler costruire qualcosa di nuovo, dando una mano di vernice alle pareti di una vecchia casa».

I punti di vista non sono cambiati. Il capo del Cavallino ha esortato (ed esorta ancora) il capo dei centristi a tagliare i ponti con il passato, a sciogliere l'Udc in un contenitore nuovo e a rinnovare la classe dirigente. L'altro, che ha già tolto il proprio nome dal simbolo, non ci pensa affatto a cancellare quel simbolo e confida piuttosto di ingrandire casa: da una parte con l'appoggio di settori del mondo del lavoro, che portano in dote la loro piccola «rete», dall'altra con l'ingresso in squadra di Marcegaglia e Passera, che potrebbero intercettare il voto di opinione.

E dopo la lite con Luca, Pier ha iniziato a corteggiare alcuni esponenti di ItaliaFutura, avvertendoli che «adesso è il momento di fare il grande salto». In realtà il gruppo dirigente di ItaliaFutura aspetta di sapere se e quando Montezemolo farà «il grande salto».

Il presidente della Ferrari scioglierà la riserva solo a fine ottobre, siccome - a suo giudizio - il quadro politico è ancora troppo in movimento e c'è il test elettorale siciliano che può far mutare il corso degli eventi, influenzare persino Berlusconi nelle scelte. Perché una vittoria del centrodestra nell'Isola (e la sconfitta dell'asse Bersani-Casini) potrebbe indurre il Cavaliere a rilanciare l'offerta di un patto tra moderati e a non ricandidarsi: un colpo di scena che Luca (al contrario di Pier) non esclude.

Di sicuro Montezemolo non ha interesse al gioco dei centristi, considera contraddittorie certe scelte, non capisce come Passera possa ritrovarsi assieme a Bonanni, ha trovato priva di bon ton istituzionale l'idea della Marcegaglia di andare alla festa dei centristi, se non altro perché fino a poco tempo guidava ancora Confindustria.

E rigetta l'accusa di pensare solo a sé e a Palazzo Chigi. Più che ai sondaggi che lo mettono in cima alla lista nazionale per popolarità, studia i report in cui è spiegato che oltre il trenta per cento degli elettori è in attesa di una nuova offerta politica «non inquinata» dalla vecchia nomenklatura: un bacino immenso.

Certo, prima o poi bisognerà capire cosa sia nuovo e cosa vecchio, far chiarezza su quale sia la differenza in Italia tra partiti a trazione lideristica e partiti a gestione proprietaria, quanto sia fondata la tesi di Montezemolo, secondo cui «in politica oggi c'è chi preferisce detenere il 100% di una piccola azienda piuttosto che avere il 60% di una grande impresa».

Questione di punti di vista. Quelli di Pier e Luca sono diversi. Il primo dice che Luca è un «indeciso», il secondo parla di Pier come di un «tattico», che un giorno sta con Bersani e l'altro ammicca a Renzi, mentre cerca l'intesa con il Pdl sulla legge elettorale. E se Casini annuncia che «Monti è il nostro candidato», Montezemolo lo addita come un alibi usato per non scegliere.

D'altronde uno è alla testa di un partito, l'altro è il fondatore di un'associazione che vanta ormai quasi sessantamila iscritti. Casini ha deciso di non candidarsi a Palazzo Chigi, Montezemolo non ha ancora deciso se candidarsi, ma resta comunque interessato alla costruzione di un rassemblement moderato che sappia confrontarsi con il centrosinistra, e ritiene che per costruire un simile schieramento, e farlo diventare grande, sia inevitabile interloquire con l'area berlusconiana.

 

 

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