giuseppe conte elisabetta trenta

LA CASTA SIAMO NOI - LA TRENTA NON VIVE NELLA SUA CASA DEL PIGNETO ''PERCHÉ SPACCIANO''. È UN PASSAGGIO FONDAMENTALE PER CAPIRE IL TRACOLLO DEI 5 STELLE: L’ELETTORE ARRABBIATO NON SI ARRABBIA PERCHÉ POLITICI CHE SI SONO PRESENTATI COME CAMPIONI DELLA LOTTA AI PRIVILEGI OTTENGONO CASE DI LUSSO A PREZZI STRACCIATI, MA PERCHÉ SOTTO CASA SUA SI CONTINUA A SPACCIARE INDISTURBATI, MENTRE L’EX MINISTRA, IL SINDACO DI ROMA E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SONO DELLO STESSO MOVIMENTO

 

Francesco Cundari per www.linkiesta.it

 

Rimasta nel confortevole alloggio assegnatole quando era al governo nonostante al governo non sia più, l’ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta ha dato ieri molte spiegazioni che meritano attenzione, anzitutto per il loro valore politico-letterario, indipendentemente dagli accertamenti della procura militare (che ha aperto un fascicolo).

ELISABETTA TRENTA - LA CASA A SAN GIOVANNI

 

A dimostrazione della tesi si potrebbero citare mille perle, come l’impavido «Non credo proprio che si tratti di un privilegio perché io l’appartamento lo pago e lo pago pure abbastanza», dichiarato al Corriere della sera il giorno stesso in cui, ai microfoni di Radio Capital, precisa di sborsare ben «540 euro di affitto» (per 180 metri quadri, a Roma, in una zona «rinomata»); o il classico «è evidente che sono sotto attacco», seguito da una raffica mozzafiato di inquietanti interrogativi («È un attacco al presidente Conte? All’Aise? Al Movimento? Alla Link Campus, dove sono tornata a lavorare?»); o ancora la giustificazione che inevitabilmente dà il titolo all’intervista: «Ho una vita di relazioni».

 

ELISABETTA TRENTA E IL MARITO CLAUDIO PASSARELLI

Il punto centrale della sua linea difensiva, tuttavia, sta nella risposta alla domanda sul perché, possedendo già una casa nel quartiere Pigneto, dovesse averne anche una di servizio. Non poteva restarsene lì? «No – risponde Trenta – c’erano problemi di controllo e di sicurezza. In quella zona si spaccia droga e la strada non ha vie d’uscita». Chiaro? Vado a capo per lasciarvi il tempo di rifletterci su, e riprendere fiato.

 

Ricapitolando: sulle pagine del principale quotidiano del paese, con la nonchalance con cui voi rispondereste alla domanda «come va?», l’ex ministra della Difesa spiega che il motivo per cui aveva bisogno di un altro appartamento era che dove abitava lei si spacciava droga e c’erano conseguenti problemi di sicurezza. 

GIUSEPPE CONTE ELISABETTA TRENTA

 

Un inconveniente che all’allora ministra, evidentemente, dev’essere sembrato un motivo ragionevole non già per chiamare la polizia, il sindaco di Roma, il presidente del Consiglio o l’esercito, allo scopo di cambiare la situazione del quartiere; bensì, semplicemente, per cambiare quartiere. Decisione ancora più significativa, considerando che l’ex ministra, il sindaco di Roma e il presidente del Consiglio erano e sono tuttora espressione dello stesso partito, nato e affermatosi proprio in nome della lotta contro i privilegi della «casta».

 

paolo savona elisabetta trenta

Da questo piccolo apologo si ricava dunque, prima di tutto, una certezza. E cioè che non è affatto vero che i cinquestelle abbiano capito prima e meglio di tutti le ragioni profonde della rabbia popolare e dell’indignazione contro i privilegi della «casta»: con le dichiarazioni di Elisabetta Trenta si potrebbe riempire un intero manuale su tutto quello che non si dovrebbe dire, mai e poi mai, in situazioni del genere. Dunque è assolutamente inutile inseguirli, imitarli o chiedere consiglio a loro per le ricette.

elisabetta trenta

 

Dopo anni di isteria autodenigratoria, dopo aver tagliato a casaccio finanziamento ai partiti e numero dei parlamentari, piccoli odiosi privilegi e fondamentali garanzie costituzionali, almeno i politici del centrosinistra dovrebbero aver capito che nulla di tutto ciò è bastato né basterà mai, perché non è quello il punto. L’elettore arrabbiato non si arrabbia perché politici che si sono presentati come campioni della lotta ai privilegi ottengono case di lusso a prezzi stracciati, ma perché sotto casa sua si continua a spacciare indisturbati.

 

Questo è il motivo per cui i cinquestelle perdono voti, e continueranno a perderli, nonostante tutti i tagli degli stipendi, dei rimborsi e dei parlamentari di cui possono vantarsi: perché non hanno proprio nient’altro di cui vantarsi. Il punto non è nemmeno che dopo essersi tagliati i compensi, raddoppino o triplichino le spese per i collaboratori (che comunque, intendiamoci, bello non è). Perché il problema di fondo non è quanto costano, ma quanto rendono. E come rendono le città e qualunque altra cosa si trovino ad amministrare, a cominciare da una Roma dove lo spaccio di droga è ormai l’unico servizio che funziona ventiquattro ore su ventiquattro, e non solo al Pigneto.

PIGNETO DROGA 1virginia raggi e giuseppe conte affacciati al balcone del campidoglio 3quartiere pigneto roma 3quartiere pigneto roma 6virginia raggi e giuseppe conte affacciati al balcone del campidoglio 2

 

quartiere pigneto roma 5

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…