IL ROTTAMATORE? MI FA UN ‘BAFFINO’ – D’ALEMA AL MASSIMO (DEL ROSICAMENTO): ‘RENZI? LO APPOGGIANO REP., IL POTERE ECONOMICO E ANCHE LELE MORA’ – ‘SE VINCE, DAREMO BATTAGLIA, NON MOLLIAMO’…

Alessandro Ferrucci per "Il Fatto Quotidiano"

Civati lo tratta come il cugino sciocco di Renzi. Renzi è l'elemento esterno, dannoso, ignaro del pericolo imminente all'interno del partito. Lui è Massimo D'Alema, tutti e tre sono del Pd e mancano 48 ore alle primarie. "Ma come si fa a votare Civati! - sibila il Lìder Maximo - Come! La maggior parte di quelli che lo votano non lo conoscono. Se lo conoscessero non lo voterebbero".

E poi: "Se dovesse prevalere Renzi, io non credo nelle scissioni, ma ci organizzeremo. Abbiamo radici profonde e abbiamo una antica tradizione di lotta, una tradizione tenace che hanno provato in molti a eliminare, anche gente con più attributi di Renzi. Gli è andata male, come andrà male a lui. Noi non possiamo mollare il campo!". Qualche applauso.

Cerignola, l'appuntamento era fissato per le 17 tonde. Non c'è nessuno. Massimo D'Alema va a prendere il caffè. Diciassette e trenta, arriva qualcuno. Massimo D'Alema aspetta a entrare in sala. Dieci minuti alle 18, ottanta militanti del Pd si siedono, l'effetto ottico è accettabile, si può iniziare.

Così nella città natale di Giuseppe Di Vittorio, nella sala consigliare a lui intitolata, è possibile ritrovare tracce della gente cara allo storico leader della Cgil: facce cotte dal sole, mani callose, maglioni a girocollo. Qualcuno indossa la giacca e la cravatta, soprattutto le nuove generazioni, attente nello stile e a controllare anche l'inflessione dialettale. Sono riuniti per ascoltare l'ex premier, arrivato in Puglia per aiutare Gianni Cuperlo, la strategia è azzerare gli avversari.

Szzzzz, szzzzz, il microfono non funziona, a D'Alema si arriccia un lato della bocca, la sua smorfia più celebre, chiede agli organizzatori di risolvere il problema. Subito staccano il collegamento, preoccupati di aver infastidito l'illustre ospite. "Poco male, sono abituato a fare i comizi senza amplificazione". La voce forte, perentoria, lo dimostra, però non molla il "gelato", continua a parlarci sopra e svela come Renzi è riuscito a diventare Renzi: "Grazie ai giornali, al potere economico e a parte del nostro partito. Sono loro ad aver creato il fenomeno. Repubblica in particolare non dà notizie, gli fa solo pubblicità visto l'endorsement di De Benedetti, serve a creare un clima, ma si manipola il voto e l'opinione delle persone".

Nessun boato in sala. Meglio ricorrere a un evergreen, a una certezza. Come Albachiara per Vasco Rossi alla fine del concerto, arriva anche il riferimento all'antico antagonista: "Ogni volta che abbiamo sfidato la destra attraverso il leaderismo abbiamo perso, come con Veltroni. Noi dobbiamo utilizzare la politica, non un unto dal signore. Quando abbiamo vinto è stato grazie alla costruzione di una coalizione, esattamente quanto accaduto con Prodi, scelto da me nel 1996".

Angosce democratiche: "Abbiamo trasformato questo partito in un votificio, dove si vota continuamente. Una ginnastica elettorale. Mentre in un congresso ci si dovrebbe parlare. Confrontarci. Dobbiamo mettere in piedi una comunità di persone, non una macchina elettorale a servizio del leader. Lo vedete che fa Renzi? È pronto a mandare via Letta, mentre Civati urla: ‘Se vinco basta governo delle larghe intese'. Ma le larghe intese non ci sono più, diteglielo! Svegliate il giovanotto, è un tipo confuso". Sempre pochi applausi. Qualche sbadiglio. Non è la solita platea adorante, il tempo passa anche nella ex enclave rossa: "Per forza - racconta uno dei partecipanti - ha presente quante porcate ho visto a Cerignola? Come ovunque, per carità, ma ci siamo un po' rotti".

Anche D'Alema non è il solito comiziante con il gusto della battuta, della frecciata, della certezza infusa, solo un paio di volte modula la voce con antica tecnica per arrivare al consenso commosso. Non ci riesce.

COSÌ CAMBIA bersaglio, senza nominarlo: "Dall'altra parte c'è quello del ‘vaffadei', ma possiamo anche staccare le Alpi dall'Italia e vedere dove andiamo a finire nel Mediterraneo! Io capisco la rabbia, ma la rabbia dei cittadini non può diventare suicidio". Solita reazione dai presenti. Meglio tornare sul campo principale. "Il voto andrebbe depurato delle sedi dove si è superato l'85 per cento dei consensi, dove si sono presentati con pacchetti di tessere.

Anche Lele Mora vota Renzi, ma se votano i nostri l'esito è aperto. Se arrivano quelli degli altri partiti, allora vince lui, uno che non appartiene alla nostra civiltà, tradizione e cultura". Mentre Cuperlo è "uno dei nostri", anche se ne parla poco, mentre non cita mai, ma proprio mai, Pier Luigi Bersani, causa del disastro.

Quindi una chiosa con lacrima, offerta un'ora dopo in un appuntamento a Foggia: "Il centralismo democratico era bellissimo e non contemplava le primarie. Ma la parte più bella era il sostantivo, di democratico c'era poco". E per lui, uno come Renzi, sarebbe stato dal-l'altra parte, a casa sua, nella Democrazia cristiana.
Twitter: @A_Ferrucci

 

DALEMA E RENZI Matteo Renzi Matteo Renzi CARLO DE BENEDETTI ANNI NOVANTA MASSIMO DALEMA WALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpegCONFRONTO SKYTG RENZI CUPERLO CIVATI jm33 briatore lele mora

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”