CHI FA LE LEGGI IN ITALIA? IL PARLAMENTO? NO, I BUROCRATI CHE LAVORANO NEI GABINETTI DEI MINISTERI

Sergio Rizzo per "Il Corriere della Sera"

I ministri cambiano e i burocrati restano? Una volta tanto questa regola sclerotica della nostra pubblica amministrazione è stata violata. Dopo 12 anni trascorsi senza soluzione di continuità come capo di gabinetto dei ministeri mentre gli inquilini si avvicendavano fra destra e sinistra e governi tecnici, Vincenzo Fortunato ha lasciato.

La successione è cominciata nel 2001: Giulio Tremonti, Domenico Siniscalco, Tremonti, Antonio Di Pietro, Tremonti, Mario Monti, Vittorio Grilli. Magistrato ordinario, amministrativo e tributario, rettore della scuola superiore delle Finanze, membro del consiglio di giustizia amministrativa... Nessuno può vantare un cursus honorum così scintillante.

Resta comunque nei paraggi con un incarico statale rilevantissimo. Lui, che era a capo dell'Economia all'epoca delle controverse cartolarizzazioni è stato nominato presidente della società per la cessione del patrimonio pubblico. Nei ritagli di tempo potrà dedicarsi a Studiare sviluppo, una curiosa società interamente posseduta dal ministero dell'Economia, del cui collegio sindacale è presidente da settembre 2012.

Ed è inevitabile, vista la sua esperienza, che siano circolate anche fantasiose voci di altre prestigiose incombenze, quale quella di commissario della Stretto di Messina spa. In ogni caso al ministero dell'Economia si è chiusa un'epoca. Il ministro Fabrizio Saccomanni ha deciso di dare il suo posto a un dirigente della Camera: Daniele Cabras, figlio di Paolo Cabras, ex parlamentare Dc di lungo corso.

A via XX Settembre lo presentano come un elemento di forte rinnovamento. Ma chi lo interpreta come un segnale d'indebolimento di quella burocrazia che ha nelle mani da decenni le nostre amministrazioni, si sbaglia di grosso.

Non è solo il caso dei direttori generali dei ministeri, la cui inamovibilità è stata giustamente identificata su queste colonne da Francesco Giavazzi come uno dei freni più grossi ai cambiamenti. E che potrebbe essere intaccata in uno dei suoi pilastri, se sulla poltrona di Ragioniere generale dello Stato arrivasse ora dalla Banca d'Italia Daniele Franco.

Parliamo soprattutto di quegli «esterni», quasi sempre gli stessi, che rappresentano ormai il vero cuore del potere governativo: i capi dei gabinetti e degli uffici legislativi, ruoli tradizionalmente occupati da magistrati amministrativi, giudici contabili, avvocati dello Stato. Spesso esponenti di circuiti relazionali solidissimi e autoreferenziali, così potenti da sovrapporsi talvolta alla stessa politica.

Fino a qualche settimana fa sottosegretario alla presidenza del Consiglio era Antonio Catricalà, consigliere di Stato, ex segretario generale di Palazzo Chigi e per quasi sette anni capo dell'Antitrust: ora è viceministro allo Sviluppo economico. Il suo posto al fianco del premier Enrico Letta è stato preso da un altro consigliere di Stato, Filippo Patroni Griffi, ex ministro della Funzione pubblica.

Che ha collocato sulla delicata poltrona di segretario generale della presidenza il proprio ex capo di gabinetto ministeriale Roberto Garofoli. Consigliere di Stato anch'egli, come del resto Carlo Deodato, nominato responsabile dell'ufficio legislativo di palazzo Chigi al posto di un altro consigliere di Stato, Carlo Zucchelli.

E consiglieri di Stato sono pure Donato Marra e Giancarlo Montedoro, confermati rispettivamente segretario generale e consigliere giuridico del Quirinale. I gabinetti dei ministeri, poi, continuano a essere la destinazione naturale dei magistrati amministrativi.

Allo Sviluppo economico di Flavio Zanonato è tornato Goffredo Zaccardi, attuale presidente del Tar Molise che già aveva ricoperto lo stesso incarico con Pier Luigi Bersani. Mentre perfino una marziana qual è la campionessa mondiale e olimpica di kayak Josefa Idem, ministro dello Sport, si è dovuta affidare a un giudice del Tar: Germana Panzironi.

Dov'è il problema, vi chiederete? E' un lavoro difficile, meglio affidarlo a persone esperte e capaci. E queste certamente lo sono. La prospettiva però cambia decisamente osservando il modo in cui si fanno le leggi. Un esempio? Per attivare il decreto sviluppo servivano 71 fra decreti, regolamenti e provvedimenti amministrativi vari. Leggi come questa, approvate dal Parlamento, sarebbero dunque cornici vuote se non venissero poi riempite da norme successive.

E quelle norme, solo apparentemente tecniche, vengono definite dagli «esterni inamovibili» attraverso gli uffici legislativi ministeriali. Si è arrivati al punto, come ha sottolineato in un recente articolo il Giornale di Diritto amministrativo, che l'azione pubblica non dipende più tanto dal Parlamento quanto dai burocrati, dato che la messa in pratica delle sue decisioni viene sempre più frequentemente rimandata a provvedimenti elaborati in seguito dai gabinetti dei ministeri. Diranno che l'inflazione dei decreti attuativi, caratteristica tutta italiana, dipende dalla qualità scadente e approssimativa delle leggi.

C'è anche questo. Ma il risultato è che pezzi importanti del potere decisionale si sono trasferiti dalle Camere democraticamente elette alle burocrazie cui si affidano i ministri.

 

VINCENZO FORTUNATO tremonti - grilliANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORIFilippo Patroni Griffi DONATO MARRA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…