FANGHI DEL PO - DAI VERBALI DI BELSITO, PRATICAMENTE TUTTA LA LEGA SAPEVA DI AFFARI E TANGENTI DA IMPRENDITORI, CRIMINALI E MAFIOSETTI

Paolo Colonnello per "La Stampa"

Non è tutto oro colato quello che racconta Francesco Belsito, l'ex tesoriere della Lega che ieri ha fatto infuriare mezzo partito dopo la pubblicazione di alcuni suoi verbali in cui dava conto di soldi, in nero, distribuiti a vari esponenti di primo piano del Carroccio. «Macchina del fango», l'ha definita il neo segretario Matteo Salvini.

Ma alcune tangenti, alcuni riferimenti, alcuni personaggi, sono stati presi molto sul serio e adesso la Procura indaga nell'ambito di una nuova, riservatissima inchiesta sulla Lega e anche su altri politici, per corruzione e concussione. Ovvero per appalti legati alla pubblica amministrazione e gestiti da esponenti «padani».

La nuova inchiesta, sulla quale vige il più stretto riserbo, muove da un episodio specifico raccontato da Belsito, relativo al presunto pagamento di oltre 800 mila euro ad alcuni leghisti veneti, effettuato dalla Siram, multinazionale francese specializzata nel campo della sanità e della ricerca, già inquisita nel primo filone d'inchiesta per una truffa allo Stato sui crediti d'imposta pari a 18 milioni di euro.

E si sviluppa in decine di pagine omissate dei verbali dell'ex tesoriere che avrebbe coinvolto diversi ex colleghi di partito. Non a caso, nei mesi scorsi, sono state effettuate diverse perquisizioni proprio in Veneto alla ricerca di riscontri di ciò che ha riferito Belsito. Il quale racconta di un importo superiore agli 800 mila euro chiesto da un leghista, Enrico Cavaliere, insieme a Claudio Boni, consulente della multinazionale e contemporaneamente suo socio, ora entrambi indagati per corruzione.

I due «chiesero una percentuale sui guadagni dei cantieri Siram nel Veneto». «Nella transazione - prosegue Belsito - io ho trattato con Boni che mi riferì che Cavaliere trattava su incarico di Tosi, esponente della Lega e sindaco di Verona. Secondo quanto detto da Boni a me, al bar Mangini di Genova, Cavaliere avrebbe ricevuto l'ok di Tosi per chiudere a un milione».

Tosi smentisce e annuncia querele. Ma Belsito aggiunge che Cavaliere «rispondeva a Tosi e Maroni». Il pagamento, dice Belsito, fu effettuato da Stefano Bonet, imprenditore legato alla Siram già indagato da tempo, «che voleva ottenere sponsor politici». «Anche Zaia fu informato di tale pagamento e forse anche Cota».

Di sicuro, dice il tesoriere, di questa vicenda parlò a Calderoli e Bossi, i quali, sostiene, gli consigliarono di non fare denunce. Bossi sarebbe stato informato anche quando «Alberto Brambilla, sottosegretario leghista al ministero del lavoro chiese a Brescia, capo delle relazioni istituzionali di Tim, 70 mila euro di contributi per una manifestazione di partito».

Ma Stefano Bonet, secondo Belsito, «aveva anche rapporti con altri esponenti non leghisti, come Brancher (Forza Italia) o Ascierto (Filippo, deputato pdl, ndr)». E proprio questi due nomi sarebbero entrati a far parte del nuovo fascicolo. L'indagine già conclusa invece, ha escluso alcuni eclatanti episodi, come ad esempio la proprietà dell'imbarcazione ormeggiata in Tunisa e attribuita a Riccardo Bossi il quale, difeso dall'avvocato Vincenzo Coluccio di Torino, è riuscito a dimostrare di non avere nulla a che fare con il natante.

Infine, ieri la Corte dei Conti ha ricalcolato il danno erariale dei consiglieri lombardi della Lega e del Pdl sui rimborsi spesi, aggiungendo altri 500 mila euro al conto, già salato, di un milione: «Spese del tutto estranee al mandato consiliare».

 

 

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