
DAGOREPORT - AL GRAN CASINÒ DEL RISIKO BANCARIO, “LES JEUX SONT FAITS"? ESCE DAL TAVOLO DA GIOCO MILANO DI MEDIOBANCA, ADESSO COMANDA IL BANCO DI PALAZZO CHIGI, STARRING IL GRAN CROUPIER FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE – DAVVERO, ‘’RIEN NE VA PLUS”? MAI STARE TROPPO TRANQUILLI E CANTARE VITTORIA… IN ITALIA PUÒ SEMPRE SPUNTARE QUALCHE MALINTENZIONATO DECISO A GUASTARE LA FESTA DEI COMPAGNUCCI DELLA PARROCCHIETTA ROMANA - A PIAZZA AFFARI SI VOCIFERA SOTTO I BAFFI CHE FRA QUALCHE MESE, QUANDO I VINCITORI SI SARANNO SISTEMATI BEN BENE PER PORTARE A COMPIMENTO LA CONQUISTA DEL "FORZIERE D'ITALIA", ASSICURAZIONI GENERALI, NULLA POTRÀ VIETARE A UNA BANCA DI LANCIARE UN’OPA SU MPS, DOTATO COM’È DEL 13% DEL LEONE DI TRIESTE - A QUEL PUNTO, CHE FARÀ PALAZZO CHIGI? POTRÀ TIRARE FUORI DAL CILINDRO DI NUOVO LE GOLDEN POWER “A TUTELA DEGLI INTERESSI NAZIONALI”, COME È ACCADUTO CON L’OPS DI UNICREDIT SU BANCO BPM, CARO ALLA LEGA? – COME SONO RIUSCITI A DISINNESCARE LE AMBIZIONI DEL CEO DI MPS, LUIGINO LOVAGLIO…
Lovaglio, Nagel, Caltagirone, Milleri
DAGOREPORT
Al gran casinò del risiko bancario, “Les jeux sont faits"? Esce dal tavolo da gioco Mediobanca, la public company guidata da Alberto Nagel con l’appoggio dei grandi investitori internazionali, adesso comanda il Monte dei Paschi di Siena guidato da Luigi Lovaglio, azionista di larga maggioranza di Piazzetta Cuccia, che a sua volta possiede il 13,2% delle Generali, pacchetto azionario decisivo per espugnare il “Forziere d’Italia”.
Un ribaltone epocale per il sistema della finanza italiana: si è passati dalla Marcia su Roma di mussoliniana memoria alla Marcia su Milano del potere romano, primo inquilino di Palazzo Chigi, capitanato dal re capitolino del mattone, nonché finanziere ed editore di giornali, Francesco Gaetano Caltagirone.
La corrispondenza di amorosi sensi tra politica e sistema bancario non è di certo un accadimento inedito nel nostro vario e avariato paese (il segretario dei Ds Piero Fassino “intercettato” nel 2006 che esulta per il piano Unipol di scalare Bnl: “Allora siamo padroni di una banca?”, alle interminabili disavventure in epoca dalemiana di Mps).
Ma mai, come questa volta, l’”incesto” governo-imprenditori privati è stato squadernato in Piazza Affari in maniera esplicita fino alla sfacciataggine. Grazie anche alla sprovvedutezza del Ceo di Generali, Philippe Donnet, che se ne uscì a pochi mesi dal rinnovo del Cda annunciando l’operazione con i francesi Natixis per la gestione del risparmio delle polizze assicurative.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE MILLERI
Una mossa disgraziata perché ha permesso a Caltariccone, socio di Generali-Mps-Mediobanca, di chiamare alle armi il governo della “Nazione” (come la chiama Meloni) per una garibaldina ‘’battaglia per l’indipendenza’’ del Leone di Trieste dalle manine dei detestati francesi e, sbandierando il tricolore, dar vita a una “multinazionale a sovranità italiana che protegga il risparmio del paese” (Calta dixit).
Che sia stato determinante per la trionfale Marcia su Milano del trio Calta-Milleri-Lovaglio il sostegno dell’Armata Branca-Meloni non è una maligna indiscrezione. Anzi: a Milano prosegue da mesi l’inchiesta della Procura sull’operazione del Mef condotta dal direttore generale delle Partecipate di Stato, Marcello Sala, di mettere all’asta la quota di Mps.
luigi lovaglio il gordon gekko dei riccarelli
Una quota, passata nottetempo dal 7 al 15%, che è stata miracolosamente appannaggio di coloro che erano interessati a cavalcare Mps in marcia su Milano: Caltagirone, Milleri, Banco Bpm di Castagna e Anima sgr.
Nello stesso tempo - per la serie: non si sa mai – il Mef di Giorgetti è rimasto con un piedone dentro Mps, rimanendo azionista con l’11% (nel corso degli anni, i continui salvataggi che hanno permesso alla banca senese di ritornare in vita sono costati ai contribuenti italiani la sommetta di 7 miliardi).
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
Non basta: l’operazione dai contorni opachi e per molti aspetti anomali, finita sotto la lente dei pm milanesi, guarda il destino cinico e baro, è decollata nel novembre 2024, due mesi prima che partisse la scalata di Mps a Mediobanca.
Di più: chi ha portato avanti la vendita del pacchetto Mps è stata Banca Akros, una piccola partecipata dalla stessa Bpm, che in passato non si è mai occupata di queste “mediazioni” d’affari.
Fatto che ha fatto drizzare i capelli ai giornalisti del ‘’Financial Times’’ che hanno scodellato un articolo dall’eloquente titolo: "La vendita di Monte dei Paschi in Italia scatena l'attenzione dell'UE dopo che gli investitori globali sono rimasti in disparte".
Occorre aggiungere che alle truppe d’assalto caltagironesche di Mps è arrivato anche il rinforzo delle casse previdenziali, vigilate dallo Stato, mentre altri soci italiani, viste le circostanze, al pari di Intesa e Unicredit, hanno preferito non schierarsi contro il governo del “Qui, comando io!”.
giovambattista fazzolari - francesco gaetano caltagirone
‘’Per molti osservatori internazionali, si è trattato di un evidente conflitto di interessi, con lo Stato parte in causa’’, ha sottolineato l’economista Alessandro Penati sul “Domani”. “Il messaggio percepito è stato inequivocabile: chi vuole investire in Italia farebbe bene a passare prima da palazzo Chigi”.
Quindi, c’è poco da restare sorpresi se la Borsa continua a bocciare sonoramente l’operazione della premiata ditta Calta-Meloni-Lovaglio-Milleri-Giorgetti. Anche venerdì gli unici titoli in rosso tra le maggiori banche italiane erano Mps e Mediobanca. Da inizio anno Mps ha avuto la peggior performance (più 12,4) mentre Intesa, Unicredit, Bpm e Bper viaggiano tra il più 46% ed il 66%.
Mediobanca dopo l’acquisizione di Mps ha visto un tracollo che le ha fatto perdere oltre 4 mld. Lo stesso non si è verificato in altri casi come la Pop Sondrio che hanno mantenuto i valori dell’Ops proposta da Bper.
Gli operatori e i fondi investitori non amano per niente l’intreccio governo-imprenditori privati, pensano che questa sia un’operazione politica e di potere senza alcun contenuto industriale e finanziario. Difficile dargli torto e vediamo perché.
IL NUOVO CDA DI MEDIOBANCA BY CALTAGIRONE E MILLERI
Punto primo: assenza di un piano credibile di integrazione.
Mediobanca e Mps non potrebbero essere più diverse. La prima ben presente nella fascia alta di mercato e nel credito al consumo. La seconda presente nel mass market. Metterle insieme è un nonsenso perché i clienti di MB non sono interessati ai prodotti/servizi di Mps e viceversa.
In Mps, Lovaglio e compagnia hanno poche idee e molto confuse e la prima riunione convocata Siena in cui è stata presentata la combinazione illustrando una slide di Deloitte ha dato il senso della estrema modestia del progetto e degli interlocutori.
La cosa non stupisce visto che Luigino Lovaglio si è formato in Polonia, mercato basico dove ha avuto a che fare solo col retail ed ha uno stile di direzione molto accentratore.
Punto due: la presenza di azionisti ingombranti.
La cosa che però più preoccupa il mercato, e a questo punto anche Lovaglio, è che è ormai evidente che tutte le decisioni più importanti sono prese da Calta & Milleri.
Fabio Corsico Franco Caltagirone matteo Piantedosi
Luigino voleva fare la fusione tra le due banche e preferiva di gran lunga l’anemico Riccardo Mulone (Ubs) ad Alessandro Melzi d’Eril (Anima Sgr), con cui non ha mai avuto un buon rapporto. Voleva anche un Cda ben diverso.
Risultato: Grilli presidente, Melzi ceo ed un cda fatto di consiglieri che hanno avuto o hanno presenze nelle società del duo Calta-Milleri di profilo molto basso con zero presenza internazionale (mai amate dal romano-centrico Calta).
IL MERITO DI MELZI D’ERIL
L’aristo-bocconiano deve la sua ascesa a Ceo pro-tempore di Mediobanca, non a meriti particolari visto che Anima Sgr da quando è uscito Marco Carreri ha solo vissuto di un grigiore sconfinato con una capitalizzazione di mercato di 2 miliardi e due contratti distributivi (Bami-Bpm) che fanno l’80% della raccolta.
Melzi deve la sua promozione alla spinta del braccio destro di Calta, il vispo Fabio Corsico, che è vice presidente di Anima Sgr, grazie al voto nell’ultimo rinnovo del Cda di Matteo Del Fante, Ceo di Poste Italiane e azionista e partner storico di Anima. Uno ‘’scambio di cortesie” che è stata determinante per l’affermazione del potere romano sulla milanesissima Anima - antipasto di quanto sarebbe poi successo a Piazzetta Cuccia.
E Melzi d’Eril non poteva non far subito felice il caltagironesco Corsico quando Anima ha osteggiato in Assogestioni la presentazione della lista per Assicurazioni Generali ed ha votato con Caltariccone contro l’operazione di Nagel di sbarazzarsi del 13% del Leone di Trieste in cambio di Banca Generali.
Comportamenti senza alcun senso da un punto di vista aziendale e di reputazione visto che Anima di mestiere gestisce i soldi dei clienti. Ma nell’Italia dei Calta-Meloni gli ha reso il posto di Ceo di una Mediobanca in via di smembramento e destinata dopo 70 anni all’oblio, per poi andare a ricoprire il ruolo di responsabile del ‘’Wealth Management’’ di Mps, per la gestione dei patrimoni dei clienti più doviziosi.
ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA GAETANO CALTAGIRONE E GIOVANNI BAZOLI FOTO LA PRESSE
DALLA PADELLA NELLA BRACE
Chi ha parlato con Lovaglio Luigi da Potenza negli ultimi giorni lo ha visto seriamente preoccupato. Si è reso conto di quale errore abbia fatto nello spingere il Tesoro ad uscire per imbarcare il duplex Calta-Milleri.
Mentre il Tesoro di Giorgetti non è mai stato in grado di influenzare seriamente negli anni passati la sua gestione, a parte le continue ma marginali pressioni del presidente di Mps, Nicola Majone, i sonni di Lovaglio sono stati disturbati piuttosto dall’interventismo su nomine ed altro da parte dell’emissario di Calta, Fabio Corsico.
SEDE DI BANCO BPM A PIAZZA MEDA - MILANO
Le nomine di Grilli e Melzi d’Eril ai vertici di Mediobanca sono infatti transitate sopra e in barba alla testolina baffuta di Lovaglio e ambedue sono targate Calta-Milleri. Se Melzi vanta un rapporto consolidato con Caltariccone, da presidente del ramo europeo di Jp Morgan, Grilli ha lavorato come advisor per l’ops su Mediobanca del Monte dei Paschi. Graditissimo anche dal governo Meloni, per aver gestito con Gaetano Caputi, capo di gabinetto della premier e suo ex dipendente, la vendita della rete Tim al fondo americano Kkr.
Sottolinea Vittorio Malaguti sul “Domani”: ”Molti osservatori ricordano anche l’intervento di Grilli a luglio del 2023 in commissione Finanze del Senato, quando criticò l’uso delle liste del cda nelle società quotate italiane, allineandosi alle posizioni di Caltagirone, grande azionista di Mps che l’anno successivo avrebbe dato le carte, con il sostegno del governo Meloni, nella scalata di Siena a Mediobanca”.
FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO
Continua Malaguti: “Anche la famiglia Del Vecchio, che tramite la holding Delfin è il primo azionista del Monte dei paschi con il 17,5 per cento, ha più volte arruolato Grilli tra i suoi consulenti. Da ultimo, per esempio, nell’acquisizione da 1,5 miliardi di dollari del marchio di abbigliamento Supreme conclusa da EssilorLuxottica nell’estate dell’anno scorso”.
“Grilli è stato vicino alla nomina in Mediobanca anche nell’autunno del 2023, quando la cordata Del Vecchio-Caltagirone, già soci di rilievo di Piazzetta Cuccia, avviò una trattativa […] con l’allora ad Alberto Nagel per allestire una lista alternativa a quella del cda per il nuovo Consiglio della banca d’affari”.
Aggiunge Malaguti: “A proposito di compensi va segnalato che Melzi d’Eril ha fatto il pieno sei mesi fa, quando il manager milanese ha aderito all’opa lanciata dal Banco BPM su Anima incassando oltre 12 milioni dalla vendita di parte dei suoi titoli’’.
E continua: ‘’L’operazione è stata possibile grazie a una delibera del cda che ha accelerato, come da regolamento, la conversione in azioni delle stock option attribuite al capoazienda e ad altri dirigenti di vertice. Due mesi dopo quei titoli sono stati girati da Melzi d’Eril al Banco BPM al prezzo d’opa di 7 euro ciascuno, quotazione mai raggiunta dal titolo in Borsa”.
nicola maione mauro masi foto di bacco
Bene: come ha ingoiato il doppio rospo cucinato dai suoi compagni di viaggio, il buon Luigino Lovaglio? Consultato l’oroscopo e le carte dei tarocchi (il suo mandato scadrà ad aprile 2026), ha mollato gli ormeggi quando ha ricevuto la promessa di una riconferma a Ceo di Mps. Tra l’altro, si libererà per Grilli il posto del presidente Nicola Maione, in cda dal 2017 su indicazione del governo e già rieletto per due volte, il massimo previsto dallo statuto.
Tutto finito, scenda il sipario, ‘’Rien ne va plus”? Ah, saperlo… mai stare troppo tranquilli… può sempre spuntare, in un futuro non troppo lontano, qualche malintenzionato deciso a guastare la festa dei compagnucci della parrocchietta romana.
francesco gaetano caltagirone sbrocca report 2
A Piazza Affari infatti si vocifera sotto i baffi che fra qualche mese, quando i vincitori si saranno sistemati ben bene ai posti di comando per portare a compimento la conquista di Generali, nulla potrà vietare a una banca di lanciare un’opa sul Monte dei Paschi, dotato com’è del bottino del 13% di Generali.
A quel punto, per i geni di Palazzo Chigi sarà un po’ ostico tirare fuori dal cilindro di nuovo le Golden Power “a tutela degli interessi nazionali”, come è accaduto con l’ops di UniCredit su Banco BPM, caro alla Lega, in contrasto con la normativa europea.
Alle prossime puntate...